31 maggio 2012
Tags : Renato Mambor
Biografia di Renato Mambor
• Roma 4 dicembre 1936. Artista. «Quando faccio un quadro vorrei che finisse nell’occhio dello spettatore».
• Tra i temi della sua produzione, l’omino statistico degli anni Sessanta e l’osservatore degli anni Novanta: «Un giorno scopro l’omino statistico, bidimensionale come la tela e come la mia pittura piatta, che non è finzione ottocentesca di chiaroscuri, ma azione concreta. Dopo un periodo di crisi, mi avvicino alla terapia ghestaltica che mi ha portato a conoscere l’Uomo. E me in rapporto all’Uomo. Ad osservare la vita e a trasportarla sulla tela in elementi pittorici. Mi chiedevo chi ero. Sono un pittore, è la mia identità, la mia essenza. Nel 70 mi ero stufato di fare il pittore: gallerie fredde, cose concettuali... Un giorno comincio a frequentare il teatro Alberico. Conosco Benigni, Lucia Poli, Paola Pitagora, Leo De Bernardinis, c’era un clima caldo affettuoso. È stato uno scivolamento, una cotta che avevo dentro. E mi nasce il desiderio di mettere sotto cornice la realtà, di ‘indicarla’, di lasciarla così com’è. È una mia ossessione. Così, dopo aver costruito l’evidenziatore che segnala gli oggetti afferrandoli, costruisco una trousse di profilato metallico e fotografo dentro questa struttura Remo Remotti, cioè un uomo, non più un ‘uomo statistico’, e vado a indagare cosa c’è dentro di lui”. Schifano, Tacchi, Mochetti, Lombardo, Mambor: i protagonisti di grandi stagioni dell’arte italiana. Cosa vi accomunava? “La grinta, la voglia di vivere le giornate più belle a tutti i livelli. La mattina andavo in canoa sul fiume, il pomeriggio in piscina, la sera al mare. La vita era come un gelato da leccare fino in fondo. C’era quel desiderio pre-sessantottesco di capire il funzionamento della vita e di metterlo in pratica, ma non secondo una moda o un’ideologia. Si è spinto molto sul lavoro, usando tutti i mezzi. Poi, per questo desiderio, qualcuno ci ha anche rimesso le penne”» (Anna Lisa Martella).
• «Il pittore Renato Mambor, il Gary Cooper del Tuscolano, il John Travolta della via Flaminia. Uno che non s’è mai lavato, che si soffia il naso con le mani come i pecorai afgani, che quando va al cesso non tira lo sciacquone. Uno zozzone amatissimo dalle donne » (Remo Remotti a Stefano Lorenzetto).
• Giovanissimo e molto bello faceva il benzinaio a un distributore del Tuscolano. «Un giorno al distributore di Mambor si fermò a fare il pieno una macchina con due signori, uno di loro era Federico Fellini. Chiesero a Renato il numero di telefono per una comparsata in un film in preparazione, La dolce vita. “Sai ballare?”, gli chiese Fellini, e così ci trovammo tutti e due alle terme di Caracalla, con fantasiosi costumi di Gherardi, io in parrucca e tacchi alti, a girare una scena di festa con Mastroianni e una splendida Anita Ekberg» (Paola Pitagora).
• «Schifano trovava borghese la targa col nome Mambor sulla porta, borghesissimo il fatto che Renato tenesse quadri appesi al muro e non appoggiati per terra» (ibidem).
• «Freddi nell’arte, caldi nella vita. Nell’arte siamo riusciti tutti a trovare la giusta distanza; nella vita qualcuno di noi si è bruciato». Realizzò anche installazioni spettacolari, come i sei autobus svuotati, abitati ciascuno da un artista, per la mostra Fermata d’autobus, Roma 1996.
• Ultime mostre: a Berlino (2021), a Roma e Copenhagen (2013), a Mantova (2014), alla Biennale di Venezia (dal 7 giugno al 23 novembre 214).
• Ad aprile del 2012 ha conquistato la copertina della rivista culturale di Umberto Eco AlfaBeta2 come Artista del mese (a cura di Lauretta Colonnelli).