31 maggio 2012
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Biografia di Cesare Maldini
• Trieste 5 febbraio 1932 – Milano 3 aprile 2016. Calciatore. Difensore, con il Milan vinse quattro scudetti (1955, 1957, 1959, 1962) e una coppa dei Campioni (1963). 14 presenze in Nazionale (Mondiali del 1962 compresi). Conclusa la carriera nel Torino, divenne allenatore portando il Parma in serie B e quindi vincendo i Mondiali dell’82 da vice di Enzo Bearzot. Allenatore dell’Under 21, vinse tre titoli europei consecutivi (1992, 1994, 1996). Tecnico della Nazionale maggiore in sostituzione di Arrigo Sacchi, nel 1998 la condusse fino ai quarti della coppa del Mondo (sconfitta ai rigori nei quarti di finale contro la Francia poi campione). Tecnico del Paraguay, nel 2002 lo condusse agli ottavi (sconfitto 1-0 dalla Germania poi finalista). Una breve esperienza sulla panchina del Milan nel 2001 (con la soddisfazione di vincere un derby per 6 a 0). Finita la carriera di allenatore è stato anche opinionista sportivo per Al Jazeera.
• «Cesare insegue il pallone quando a Trieste ci sono ancora le truppe tedesche. E a 12 anni con un amico vorrebbe presentarsi a Cervignano, alla caserma della Wehrmacht, e arruolarsi, ma solo perché sono belle le divise. Lo dissuade la madre a colpi di manico di scopa. Anche perché, col buio, i partigiani battevano alla porta dei Maldini, che avevano un forno a Servola. Chiedevano viveri e qualcuno apriva sempre. Figlio unico, un padre spesso lontano: omo de mar, stipendio garantito. Cresce in un mondo di donne, studia (non troppo) da odontotecnico. Non è la sua strada (…) Maldini che alza la coppa a Wembley, indossando la maglia rossa del Benfica battuto 2-1, è il flash di una vittoria storica, la prima di un’italiana in Coppa dei Campioni. Non era un pivellino, già passata la trentina. Era il capitano, il membro più ascoltato della commissione interna, l’occhio e a volte anche la testa di Rocco. Bastava un cenno alla panchina, a segnalare che non tornavano i conti, cioè le marcature. Così a Wembley ci fu lo scambio di compiti tra Benitez e Trapattoni (da Torres a Eusebio). Le stesse cose si dicevano di Picchi con Herrera. Terzino, libero, stopper. Bel mulo, bel ragazzo fin da giovane. Ed elegante in campo, vagamente alla Beckenbauer. “Alla spada preferisce il fioretto” scrivevano i giornali. Me lo ricordo bene: gli piaceva uscire dalla linea difensiva palla al piede, testa alta, cercare il dai e vai. Se perdeva la palla, era una maldinata, cioè una frittata. Non ne fece tantissime, ma la parola restò a indicare un errore dovuto alla ricerca di stile. Molto corretto, va aggiunto: in carriera solo 5 ammonizioni e un’espulsione dopo un battibecco con Sivori. Ma Omar, volendo, poteva portare al rosso anche san Luigi Gonzaga» (Gianni Mura) [Rep 4/4/2016].
• «Il lungo viaggio di Maldini nel calcio che conta comincia nel 1953 alla Triestina, da dove l’allenatore ungherese Bela Guttmann lo porta al Milan. “Venni pagato 58 milioni, una cifra favolosa per l’epoca. Ci fu chi gridò addirittura allo scandalo. Ero un difensore polivalente. Giocavo da terzino destro, ma anche sinistro, in seguito diventai un centrale, un po’ stopper e un po’ libero. Nel Milan debuttai subito in prima squadra e non persi più il posto”» (Mario Gherarducci).
• «Maglia numero 2, che a quei tempi era la targa di ogni terzino destro, nel 1955 al suo primo anno al Milan diventa subito campione d’Italia dietro campioni già affermati come Liedholm, Schiaffino e Nordahl. Vince altri tre scudetti, ma la fama e la gloria vera arrivano quando è il numero 5, libero, capitano e leader della difesa del nuovo Milan di Nereo Rocco, triestino come lui. È il 22 maggio 1963 e il Milan è la prima squadra italiana che vince la coppa dei Campioni battendo 2-1 il Benfica campione in carica, grazie anche a una sua intuizione. “Cesare fa ti”, gli diceva sempre Rocco e allora lui, dopo il gol di Eusebio, cambia le marcature. Trapattoni si sposta su Eusebio, Benitez va su Torres e guarda caso il Milan rimonta e vince. Capace di conquistare i suoi giocatori più con le parole che con la tattica, si rivela uno straordinario scopritore di talenti. Al Parma, in serie C, lancia Ancelotti. Poi, dopo una parentesi al Milan, nel 1980 viene chiamato da Bearzot che lo vuole come suo “vice” al posto di Trevisan. Maldini prima del Mondiale in Spagna corre al fianco degli azzurri sul campo di Alassio, sdrammatizzando con le sue battute i momenti difficili nel ritiro di Pontevedra, punto di riferimento prezioso per il c.t. e per i giocatori. Un’altra esperienza vincente che esalta il suo lato umano, dopo quello tecnico. Un arricchimento che gli consente di diventare il c.t. più vittorioso con la Under 21. Campione d’Europa per tre edizioni consecutive, nel 1992-1994-1996, bravo a valorizzare i ragazzi, da Panucci a Nesta, da Totti a Vieri, da Cannavaro a Inzaghi, da Toldo a Buffon. Più giovane nella testa che nella carta d’identità, a 64 anni non trema quando improvvisamente gli viene affidata la nazionale maggiore, abbandonata da Sacchi una domenica notte appena riceve una chiamata dal Milan. E’ l’inizio di dicembre 1996 e poco più di due mesi dopo l’Italia deve giocare contro l’Inghilterra una difficile gara di qualificazione al Mondiale 1998. Dopo il pomeriggio vittorioso del 1963, ecco il secondo trionfo nel “suo” Wembley. L’Italia, che non aveva mai battuto l’Inghilterra in trasferta in una gara ufficiale, vince 1-0 con un gol di Zola» (Alberto Cerruti) [Gds 4/4/2016].
• «Personaggio perfetto per essere imitato, fece la fortuna di Teo Teocoli, più vero il falso dell’originale. Ma Cesarone non è stato solo folclore, solo “maldinate”, non è stato solo quella sintassi fantasmagorica, persino oltre il Trap. Ha rappresentato un magistero sodo, senza fronzoli, nel rispetto delle radici del calcio all’italiana. Tanta umanità e sostanza. Lui e il figlio Paolo hanno vinto più di moltissimi club messi insieme, hanno giocato dieci finali di Coppa dei Campioni, sei successi» (Maurizio Crosetti).
• «“Più che parlare della mia imitazione, vorrei ricordare la nostra amicizia, che non aveva bisogno di tante parole, nonostante la differenza d’età. Ci conoscevamo da cinquant’anni, gli volevo bene, mi voleva bene. D’estate a Milano ci trovavamo all’Idroscalo a prendere il sole e lui mi invitava spesso per un aperitivo. E poi da ragazzo gli chiedevo i biglietti per le partite, me ne avrà dati forse trecento. “Alla prossima però paghi…”, mi diceva ogni volta”. Come nacque l’idea di imitarlo? “Siamo simili anche fisicamente, quando ci incontravamo io gli rispondevo imitando la sua cadenza triestina e lui mi diceva “vai al teatrino a fare queste cose, non fare il mona”. Ma sotto sotto rideva anche lui”» (Teo Teocoli a Francesco Saverio Intorcia) [Rep 4/4/2016].
• Il 26 giugno 1962 sposò Marisa (Maria Luisa), sei figli tra cui Paolo Maldini.
• «La moglie, studentessa al Berchet, l’aveva incrociato fuori dall’Assassino, il ristorante dei milanisti. Prima tre figlie: Monica, Donatella e Valentina. Poi tre figli: Paolo, Alessandro e Piercesare. E anche lui, come suo padre Albino, spesso fuori casa, ma presente per quanto gli consentiva il lavoro. Bella famiglia di sportivi: chi basket, chi volley, chi calcio. Paolo lo conosciamo tutti, per bravura e vittorie ha superato il padre» (Gianni Mura).
• «Tante volte Cesarone, nelle lunghe trasferte in giro per il mondo a inseguire partite di pallone, mi aveva raccontato di quando, accompagnando il piccolo Paolo agli allenamenti, percepiva l’ostilità degli altri genitori convinti che quel bambino avesse trovato posto nelle giovanili rossonere soltanto perché suo figlio. Una volta aveva dovuto addirittura trattenere la moglie Marisa che intendeva farsi giustizia a modo suo. Il tempo ovviamente gli aveva restituito la felicità. Un giorno mi confidò: “Finalmente Paolo non è più il figlio di Cesare. Adesso sono io che sono diventato il papà di Paolo”» (Alberto Costa) [Cds 4/4/2016].
• Era astemio.