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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Fabrizio Macchi

• Varese 26 luglio 1970. Ciclista. Senza una gamba. Primatista dell’ora per disabili. Bronzo nell’inseguimento alla Paralimpiadi di Atene 2004. «Ho realizzato i miei sogni e ho una vita semplicemente perfetta».
• Un sospetto di aver frequentato il dottor Michele Ferrari (vedi) gli costò la partecipazione alle Paralimpiadi di Londra nel 2012 prima che il Tribunale nazionale lo assolvesse (sentenza impugnata dalla procura nazionale antidoping). La sua difesa: «Ferrari non mi ha mai seguito, lo conosco perché sua figlia ha fatto la tesi in scienze motorie su di me».
• «A 16 anni aveva già subito 17 operazioni, la diciottesima fu l’amputazione della gamba» (Gianni Mura). La prima volta in bici durò 2 minuti, «una tragedia. E 10 mesi dopo feci il primo record dell’ora». La sua storia è diventata anche uno spettacolo teatrale, Io non mi fermo.
• La sera prima dell’intervento prese un pennarello e in stampatello scrisse sull’arto malato «Da tagliare»: «Avevo letto di uno a cui avevano tagliato quello sano» (Panorama).
• Come simbolo ha scelto il fenicottero: «Perché dorme su una zampa sola, come me».
• «La carriera di Fabrizio Macchi comincia nel 1998 sul legno del velodromo milanese Vigorelli, con il primo record dell’ora. Ne stabilirà tre, arrivando a percorrere 45,870 metri spingendo un unico pedale con la sua unica gamba. In quindici stagioni raccoglierà un bronzo paralimpico, sedici medaglie ai mondiali ed europei su pista e su strada oltre a 29 titoli italiani. A 43 anni la sfida di Macchi non è ancora finita: l’Aisos (l’Associazione Italiana per lo Studio dell’Osteosarcoma) ha convinto un gruppo di grandi imprenditori (dai Pesenti della Italcementi a Giovanni Rana ai Bauli) a finanziare l’ultimo progetto di Fabrizio: la qualificazione alle Paralimpiadi di Rio. “L’osteosarcoma – spiega Macchi – è la mia malattia. Colpisce soprattutto ragazzi dai 13 ai 20 anni. Agli adolescenti nelle scuole spiego come la diagnosi preventiva può salvare molte vite. E che chi subisce una grave amputazione non deve sentirsi un disabile ma un atleta e un uomo speciale”» (Marco Bonarrigo) [Cds 3/1/2014].
• Vive con la moglie e i due figli ad Arzo, nel Canton Ticino.