31 maggio 2012
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Biografia di Emanuele Macaluso
• Caltanissetta 21 marzo 1924. Politico. Dal 1947 al 1956 segretario regionale della Cgil in Sicilia. Eletto alla Camera con il Pci nel 1963, 1968, 1972, al Senato nel 1976, 1983, 1987, 1992. Giornalista. Dall’82 all’86 fu direttore dell’Unità. Per quindici anni, fino alla chiusura nel 2010, direttore del mensile Le ragioni del socialismo. Ex editorialista del Riformista (dove si firmava Em.Ma., come nei corsivi dell’Unità), lo lasciò in polemica con il cambio della guardia al vertice del giornale nel marzo 2008: spiegò che Paolo Franchi, il direttore uscente, aveva dimostrato «grande attenzione a tutte le questioni del socialismo italiano ed europeo»; il rientrante Antonio Polito, invece, considerava «il socialismo morto e sepolto» a favore del Pd. Del Riformista è stato poi direttore, dal maggio 2011 alla chiusura del quotidiano nel marzo 2012. Ha scritto anche sul Mattino, l’Unione Sarda e La Stampa. «Sono l’unico uomo politico del Pci che non ha mai parlato con Craxi».
• «Vecchio uomo di partito che negli anni ha guadagnato grande libertà di giudizio» (La Stampa), «non un ortodosso, spesso un eretico, quasi sempre un rompiscatole pronto a dire la sua su tutto anche a costo di andare contro la linea del partito. È riformista, anzi migliorista, due aggettivi che una volta erano offensivi. Oggi sono tutti riformisti» (Claudio Sabelli Fioretti).
• «Mio padre era ferroviere. Eravamo tre fratelli e facemmo tutti l’Istituto minerario. Per conto mio studiai Legge, Storia, Letteratura. A Caltanissetta c’era un gruppo con una grande passione politica. Sciascia scrisse che Caltanissetta era l’Atene della Sicilia».
• «Capo della Cgil siciliana con Di Vittorio, nel comitato centrale del Pci con Togliatti, capo dell’organizzazione con Longo, direttore dell’Unità con Berlinguer, amico di una vita di Napolitano. Divenne comunista in seguito a una malattia (“Una notte cominciai a vomitare sangue. Mi portarono in sanatorio. Tubercolosi. Mi facevano dolorose punture di aria per immobilizzare i polmoni, nella speranza che la ferita guarisse. Quasi tutti i ragazzi che erano con me morirono. Io sognavo di arrivare a trent’anni. Il sanatorio era in fondo al paese, da lontano si vedevano i passanti con il fazzoletto premuto sulla bocca. L’unico amico che mi veniva a trovare, Gino Giandone, era comunista”) e prese la tessera del Pci nel 1941 (quando il partito era clandestino). “Fu un gesto di ribellione contro un mondo di una miseria e di un’ingiustizia medievali”» (Aldo Cazzullo) [Cds 17/3/2014].
• «Dopo la strage di Portella della Ginestra del 1947 toccò a me il primo comizio, avevo 23 anni (…) Nel 1956, in mezzo ai fatti di Ungheria, passai dalla Cgil al Pci. Mi trovai tra due fuochi, tra Giuseppe Di Vittorio e Palmiro Togliatti. Leggendo anni dopo i verbali della direzione in cui ci fu il loro durissimo scontro sull’invasione sovietica ho scoperto che nella stessa riunione Di Vittorio protestò perché ero stato spostato dal sindacato al partito. Nel ’62 entrai nella segreteria» (l’Espresso).
• «Padre nobile di un’area che cercò intese anche con pezzi della Democrazia cristiana, fino al punto da vivere un’esperienza discussa ma rimasta nella storia come il milazzismo, guarda le divisioni odierne del Pd in Sicilia e denuncia tutto il suo sgomento» (Felice Cavallaro) [Cds 11/11/2009].
• «Conoscevo Togliatti dal ’48, mi aveva mandato a chiamare la prima volta per informarsi su un’occupazione del Cantiere navale di Palermo organizzata da me (…). Nel ’56 mi fece entrare in Comitato centrale. Nel ’60 in direzione e nel ’63 in segreteria: ero il più giovane, accanto a Longo, Amendola, Pajetta, Ingrao, Alicata, Berlinguer e Natta. Mi affidarono l’organizzazione. E anche per me, cominciarono le missioni a Mosca».
• Insieme a Rino Formica, tra le persone più ascoltate da Giorgio Napolitano al Quirinale. «Conosce Napolitano da quando il futuro presidente aveva i capelli. “Lo vidi per la prima volta al fianco di Girolamo Li Causi, in Sicilia, nel 1950. Faceva il militare, era in divisa. A dire il vero era già un po’ stempiato... ”» (Aldo Cazzullo) [Cds 21/4/2013].
• Critico con la svolta che portò al Pd: «Non starò in un partito che non appartenga al socialismo europeo (non “negli ambiti”)». Però: «Non è pensabile e non è serio che forze politiche con l’uno, due, tre per cento o poco più si definiscano socialiste o comuniste. Un partito socialista in tutto il mondo è tale se ha un consenso largo di popolo». «Non ho mai aderito al Pd perché non ci credo. È una fusione a freddo di due apparati senza una base politico-culturale comune né un’idea».
• Nel 2007 ha scritto per Feltrinelli Al capolinea. Controstoria del Partito Democratico: «In Europa i partiti continuano a chiamarsi e a operare con il loro nome (socialisti, appunto) e i gruppi dirigenti cambiano in conseguenza dei mutamenti... In Italia, invece, i gruppi dirigenti rimangono sempre quelli e sopravvivono al mutare della strategia, mentre quello che cambia sono i partiti». Sempre per Feltrinelli, nel 2013, Comunisti e riformisti. Togliatti e la via italiana al socialismo.
• In Politicamente s/corretto (Dino Audino Editore 2012) ha descritto Matteo Renzi come «un classico democristiano. Parlare del nuovo segretario come di un altro Berlusconi è una sciocchezza. Renzi non ha interessi privati, è una persona rispettabile. Ma appartiene a un’era politica del tutto nuova, in cui il livello culturale è drasticamente crollato. La sinistra storica era fatta di personaggi complessi. Togliatti era un intellettuale di livello europeo, un uomo che teneva testa a Stalin; ora i politici di sinistra si giudicano da come affrontano i grillini nei talk show e anche dall’aspetto fisico. Riccardo Lombardi era capace di parlare due ore. Pippo Civati spara battute a raffica da pochi secondi l’una, ed è pure caruccio. La cultura è considerata un handicap: aver letto qualche libro per Cuperlo si è rivelato un difetto imperdonabile» [Aldo Cazzullo, cit.].
• Dal processo Andreotti a quello Ciancimino, alla trattativa Stato-mafia, sempre molto critico sulle ricostruzioni giudiziarie che ipotizzano connessioni tra mafia e politica. Sul tema ha scritto La mafia e lo Stato. L’organizzazione criminale dalla prima alla seconda Repubblica (Edizioni di storia e studi sociali, 2013).
• Grande amico di Leonardo Sciascia, conosciuto nel 1941 e descritto nel saggio Leonardo Sciascia e i comunisti (Feltrinelli 2010): «Ho scritto queste pagine perché sentivo di avere un debito con Leonardo... Il tema della giustizia è il cordone ombelicale che a lui mi ha legato per quasi settant’anni, anche nei momenti di forte dissenso».
• Due figli con Lina (per la quale finì in galera: adulterio, lei era sposata), poi vent’anni con Ninni «l’aristocratica». Ora sposato con Enza, «ma continuiamo a vivere in case separate».
• Ha chiamato i figli Antonio e Pompeo, in onore del padre e di Pompeo Colajanni.
• Visto con «l’impermeabile giallo, le polo sgargianti e il maglioncino rosso un po’ infeltrito» (Costanza Rizzacasa).
• L’Università di Catania gli ha conferito la laurea honoris causa in Storia contemporanea.
• «Vacanze in Val Fiscalina (da vent’anni nello stesso hotel quattro stelle, lo Sport a Moso di Sesto Pusteria): «Ci sono finito la prima volta nel 1950, con Pio La Torre. Lui era appena uscito dal carcere, gli avevano dato due anni per l’accusa, fasulla, di aver colpito un commissario durante le occupazioni di terre nel Corleonese. Si doveva riposare, la Cgil aveva una casa da quelle parti. Lo accompagnai e mi innamorai del posto».
• «Non bevo mai acqua, rovina i sapori» [Aldo Cazzullo, cit.].
• «Mi sveglio alle sei, faccio colazione, poi passeggio un’ora sul Lungotevere, passo dall’edicola a comprare i quotidiani, la notte mi addormento con un romanzo in mano: dormo sei ore. Non male, no?». Ai muri di casa ha due quadri di Guttuso, «insieme girammo la Sicilia quando lo candidai per il Pci al Senato».
• «Molto importante per me, negli ultimi anni, è stata la lirica, tutta la lirica. Una delle mie passioni ritrovate, vado a Parma, vado a Milano… Così come il teatro: per anni, con l’impegno politico, l’ho frequentato troppo poco…» (Il Foglio).
• Da ex senatore riceve una pensione di 9.947 euro mensili.