Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Sergio Luzzatto

• Genova 2 settembre 1963. Storico. Insegna Storia moderna all’Università di Torino.
• Laurea in Storia alla Normale di Pisa nel 1985, dottorato di ricerca alla Scuola superiore di studi storici di San Marino, sempre con il massimo dei voti e la lode. Prima di trasferirsi a Torino insegnò nelle università di Genova e Macerata. Dal 2002 al 2004 conduttore, dell’Altra storia, su La7.
• Nel 2007 ha fatto molto discutere il suo libro L’altro Cristo. Padre Pio e l’Italia del Novecento (Einaudi) col quale ha rilanciato il sospetto che il frate si sia procurato da solo le stimmate (con l’acido).

• «Ancor giovane ma già temprato studioso di tradizione ebraica» (Vittorio Messori), «ha ricostruito una biografia difficile, con la maestria di chi non si lascia attrarre né dalle sirene della agiografia assai fitta attorno al taumaturgo di San Giovanni Rotondo né dalla sirena che ispira le letture “cretiniste” della fede. Lo fa con due strumenti fondamentali. Uno, classico, è quello del buon metodo storico: uso degli archivi, analisi stringente della fonte, capacità di collegare stilemi e forme ad una storia lunga com’è quella dell’Inquisizione, della santità, del miracolo. L’altro, meno usuale, ma non meno efficace, è il ricorso alla letteratura, alla fotografia che intarsia in modo incantevole la pagina, al cinema» (Alberto Melloni).

• «Sono stato il primo storico che il Vaticano abbia autorizzato a consultare il fascicolo inquisitoriale su Padre Pio (...) Nulla di tutto questo era mai stato raccontato, e forse neppure sospettato, da centinaia di zelanti pseudo-biografi di Padre Pio. Il che non significa che io abbia ragione e loro abbiano torto. Significa solo che svolgiamo mestieri diversi. Io faccio lo storico, loro fanno gli agiografi». Ma Saverio Gaeta e Andrea Tornielli, autori diPadre Pio. L’ultimo sospetto (Piemme, 2008) lo accusarono di «millantanto credito», perché «quelle carte, nessuna esclusa, sono state esaminate, vagliate, discusse per i processi, prima di beatificazione e poi di canonizzazione».

• «Uno storico buffissimo, col complesso di superiorità da ex bambino impacciato, l’affannosa necessità di farci sapere che gli altri studiosi non hanno le patenti e i timbri e le approvazioni dell’accademia che lui invece possiede. Crede nella laurea come ci credeva mia nonna buon’anima, che però aveva la giustificazione di essere analfabeta» (Camillo Langone).

• «Oltre che un brillante e acuto storico, possiede anche molte qualità di un vero narratore. Tutti i suoi libri evidenziano spiccate capacità affabulatorie» (Marco Belpoliti).
• Collabora con il Domenica del Sole 24 Ore.
• Difese il lavoro dello storico Ariel Toaff le cui tesi sulle Pasque di sangue ebraiche erano state definite «aberranti» da alcuni rabbini prima ancora che il suo libro fosse pubblicato.

• Nel gennaio 2007 fu tra i firmatari del manifesto “Contro il negazionismo, per la libertà della ricerca storica” contro l’idea del ministro della Giustizia Clemente Mastella di colpire per legge i negatori della Shoah.

• Altre polemiche per la sua recensione, del tutto favorevole, a Pasque di sangue, il libro in cui Ariel Toaff ipotizza infanticidi rituali da parte degli ebrei, e che venne poi ritirato e rimesso in circolo dopo una revisione da parte dello stesso autore.
• Tra le altre pubblicazioni le più note sono Il corpo del duce (Einaudi, 1998) e Bonbon Robespierre (Einaudi, 2009) vincitore nel 2010 del premio letterario città di Bari per la saggistica. Da ultimo, Partigia. Una storia della Resistenza (Mondadori, 2013), saggio sulla banda dei partigiani di cui Primo Levi faceva parte prima di essere arrestato e deportato a Fossoli e poi ad Auschwitz. «Nel libro lo storico genvese racconta (tra le altre cose) come il gruppetto di cui Levi faceva parte avesse deciso di fucilare due ragazzi Fulvio Oppezzo e Luciano Zabaldano accusati di comportamenti non idonei alla lotta partigiana. Su Repubblica Gad Lerner si è chiesto quanto fosse lecita e congrua l’iniziativa di Luzzatto. Sul Corriere della Sera Paolo Mieli ha lodato il libro. Per alcuni suoi colleghi, citati sempre da Repubblica, Luzzatto scandalosamente dà un suo contributo alla demolizione della memoria della Resistenza e dissacra la figura di Levi. Per i giornali della destra, lo storico avrebbe raccontato che nessuno ha avuto le mani pulite. Brutalmente, l’oggetto della contesa è questo: se anche Levi faceva parte dei carnefici, vuol dire che il confine tra vittime e boia scompare» (Wlodek Goldkorn) [Esp, 26/4/2013].