31 maggio 2012
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Biografia di Amos Luzzatto
• Roma 3 giugno 1928. Chirurgo. Particolarmente attivo nello studio di metodi matematici applicati alla ricerca medica. Profondo conoscitore della Bibbia e della letteratura rabbinica, ex capo dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei, 1998-2006) e, dal 2008, presidente del Centro internazionale di studi Primo Levi.
• Il padre, socialista e antifascista, finì in ospedale psichiatrico. Alla sua assenza supplì il nonno materno, Dante Lattes (tra i principali esponenti della cultura ebraica italiana del secolo scorso). Il trisavolo paterno, Samuel David Luzzatto, Shadal, fu docente al Collegio rabbinico di Padova ed esponente italiano della “Wissenschaft des Judentums”. Costretto nel 1939 a emigrare con la madre e i nonni Lattes in Palestina, trascorse l’adolescenza tra Gerusalemme e Tel Aviv fino al 1946, anno in cui tornò in Italia e si iscrisse, appena diciottenne, al Pci.
• Quando fu eletto nel Consiglio dell’Ucei, nel 1986, arrivò una lettera di dissenso: in quanto militante del Pci, egli avrebbe potuto far la spia a un supposto comitato di ebrei comunisti. «Una follia! Quel comitato non esisteva affatto, c’era invece nella direzione del Pci una Commissione di lavoro per le relazioni con Israele. I miei referenti erano Giorgio Napolitano e Piero Fassino». Rappresentò le comunità ebraiche in anni di transizione assai impervi, quando l’allora premier Berlusconi definì il confino di Mussolini una vacanza di lusso. La presidenza arrivò a sorpresa, «nessuno se l’aspettava, tanto meno io». «Trovare una linea comune m’è costato sforzi bestiali, anche un infartino». Gli spettò il compito di accompagnare Gianfranco Fini nella sua visita dello Yad Vashem, a Gerusalemme. «È stata una delle scelte più laceranti, un dramma personale. La notte prima del nostro incontro non ho chiuso occhio. All’alba conclusi che, se Fini avesse riconosciuto i crimini della sua famiglia politica, il mio viaggio non sarebbe stato inutile. Così fu».
• È religioso? «Gli ortodossi non mi qualificherebbero come tale in quanto non posso essere definito un osservante dei precetti. Sono però uno che non rinuncia ai legami con la nostra storia che parte dalla cultura, dalla lingua, dalla tradizione scritta e orale, che io continuo a studiare, e qualche volta a insegnare. In Italia esiste una categoria di persone come me che ha la necessità di confrontarsi su due fronti: quello ebraico e quello politico, la cosa non è facile, però non è impossibile» (a Stefano Jesurum).
• «Ebreo di sinistra, così mi sono sempre definito. In pochi capivano cosa volesse dire, a 80 anni spero d’averglielo spiegato». Conta e racconta. Memorie di un ebreo di sinistra è il titolo dell’autobiografia pubblicata per i suoi ottant’anni (Mursia, 2008).
• Tra le varie pubblicazioni Legge di Midrash (Morcelliana, 1997), Il posto degli ebrei (Morcelliana, 2003) e il libro intervista Una vita tra ebraismo, scienza e politica (Morcelliana 2003). Ha anche pubblicato una traduzione con commento del Libro di Giobbe (1991) e del Cantico dei cantici (1997).
• Sposato, vive nella casa veneziana di Campo di Lana. Tre figli, cinque nipoti.
• «Quando vado in Israele, dopo tre giorni sogno in ebraico. E tuttavia non vedo il clima nel quale saprei ritrovarmi, tra Gerusalemme sempre più incline all’ortodossia e Tel Aviv sempre più copia degli Stati Uniti».