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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Giovanni Luperi

• La Spezia 3 gennaio 1950. Ex capo dell’Aisi, l’agenzia di informazioni e sicurezza interna, ex Sisde, ex dirigente dell’Ucigos, ufficio centrale per le investigazioni generali e per le operazioni speciali. Imputato di falso in atto pubblico, calunnia aggravata, arresto illegale e abuso d’ufficio per il blitz alla scuola Diaz di Genova (che durante il G8 del luglio 2001 ospitava i no-global). Condannato il 18 maggio 2010 dalla Corte d’Appello a 4 anni insieme a Canterini Vincenzo, Gratteri Francesco e Mortola Spartaco. La sentenza definitiva del 5 luglio 2012 confermò il verdetto. Dal gennaio 2014 è ai domiciliari (deve scontare ancora un anno). Carlo Di Bugno, legale di Luperi: «Condannare funzionari in vista, e quindi considerati come uomini di potere, non significa che giustizia è stata fatta. Anzi. Ci fu approssimazione, violenza, questo è certo. Ma non c’è traccia del dolo. Indagini fatte male e a senso unico hanno fatto perdere l’occasione di fare davvero luce su questa vicenda. Non sapremo mai come è andata alla scuola Diaz».
• «Io al vertice mi occupavo dei rapporti tra le polizie internazionali. Non di polizia giudiziaria. Quella notte ho accompagnato il prefetto Arnaldo La Barbera, appena arrivato a Genova. Per me il G8 era finito, stavo in disparte: quando è finito tutto mi hanno pure lasciato da solo, senz’auto».
• «Ero solo un osservatore, dice. Ma in un video la si vede con in mano il sacchetto delle due molotov, la regina delle prove fasulle, che un poliziotto aveva portato dentro l’istituto. “Il peso di quel sacchetto me lo porto dietro da anni. Mi sono rimaste appiccicate alle mani, le bottiglie. Sono certo di averle poi consegnate ad una funzionaria che conoscevo. Non so chi me le abbia date. Davvero, non ricordo. Comunque, questo non è importante”. E cosa è importante? “Domandatelo al vigliacco che ce le ha messe dentro. Io come potevo sapere che fosse tutto falso? Ad un certo punto un agente ha detto di aver ricevuto una coltellata da uno sconosciuto. Perché non avrei dovuto credergli?”» (Massimo Calandri).