31 maggio 2012
Tags : Simone Luerti
Biografia di Simone Luerti
• Milano 17 novembre 1964. Magistrato. Gip a Milano.
• Ex presidente dell’Anm (novembre 2007-maggio 2008), diede le dimissioni dopo che Marco Travaglio scrisse sull’Espresso di un suo incontro dell’ottobre 2006 con l’allora guardasigilli Clemente Mastella e l’imprenditore Antonio Saladino, figure chiave dell’inchiesta Why not (vedi Luigi De Magistris). Liana Milella: «La conoscenza di Luerti con Saladino influenzò il giudizio su De Magistris quando il pm fu punito dal Csm? Luerti lo esclude».
• «La buccia di banana su cui Luerti scivola è una bugia che non ha retto alla prova. In un primo articolo, sempre Marco Travaglio sollevava la questione di Comunione e Liberazione, e poi l’amicizia con Saladino, cementata in Calabria negli anni Novanta dove uno era magistrato e l’altro presidente regionale della Compagnia delle Opere, collegando il tutto alla mancata solidarietà verso De Magistris. Luerti in quell’occasione si difese goffamente dicendo che non vedeva Saladino “da almeno dieci anni”. E invece no» (Francesco Grignetti).
• Eletto coi voti della sua sola corrente, Unicost, «una forza che per dimensione ed eterogeneità ricorda la Dc degli anni Settanta» (Il Foglio), «di Luerti hanno colpito lo spirito “dialogante” con il quale ha accolto il nuovo ministro Angelino Alfano e un suo collegamento ideale con il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, il consigliere di Cassazione che oltre ad aver lavorato a Milano è stato un leader di Unicost e consigliere togato del Csm. L’asse Luerti-Caliendo avrebbe forse rafforzato troppo l’ala riformista dell’Anm» (Dino Martirano).
• Nel 2011 prosciolse gli stilisti Dolce&Gabbana e altri sei imputati dall’accusa di evasione fiscale e truffa perché, a suo giudizio, non era stato superato il confine che porta al rilievo penale e dunque al massimo si poteva trattare di elusione fiscale «Suggestione forte ma più la si guarda da vicino, da tutte le angolature, e più resta irrimediabilmente suggestione». La Cassazione confermò l’assoluzione per il reato di truffa, ma annullò il proscioglimento dalle accuse per i reati fiscali, rinviando il procedimento davanti a un nuovo Gup.
• Nel 2012 rinviò a giudizio un’organizzazione criminale che costringeva un centinaio di disabili, “comprati” in Romania e poi ridotti in schiavitù, a raccogliere l’elemosina per le strade di Milano o a dedicarsi ai furti. Reati commessi, scrive Luerti, con «totale disprezzo non solo per le più elementari regole di convivenza civile, ma anche del naturale senso di pietà e umanità». Nome dell’operazione: “Ade”, per evidenziare la condizione “infernale” a cui erano sottoposte le vittime.
• Negli ultimi anni ha concluso alcune inchieste sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia, culminate in un processo che ha portato sul banco degli imputati una trentina di imprenditori brianzoli accusati di aver versato consistenti somme di denaro ad una banca clandestina di Seveso (MB), gestita da una cosca mafiosa. La banca serviva, oltre che a riciclare i proventi di estorsioni e usura, ad esportare capitali in Svizzera e a San Marino o a reinvestirli in attività economiche sotto forma di prestiti, in modo da acquisire in maniera diretta o indiretta (appalti) il controllo di tali attività. «Il dato nuovo e preoccupante è rappresentato dal fatto che i fenomeni di compenetrazione tra mafia e impresa “storicamente” confinati nelle ben note aree geografiche dell’Italia meridionale non solo si sono estesi in Lombardia e al nord in genere (e questo è un dato risalente nel tempo), ma soprattutto vivono grazie a un intenso e disinvolto connubio tra forme evolute di associazioni mafiose e imprenditori calabresi e lombardi, pronti a fare affari illegali insieme come se niente fosse. La mafia gestisce in prima persona le operazioni finanziarie ed entra in contatto, condizionandoli, con il mondo dell’impresa e del commercio, infiltrandosi direttamente nella vita economica della società» (Simone Luerti).