31 maggio 2012
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Biografia di Luigi Lucchini
Casto (Brescia) 21 gennaio 1919 - Brescia 26 agosto 2013. Industriale. Ha guidato Confindustria, Montedison, Comit, patto di sindacato di Hdp, Rcs MediaGroup ecc. «I soldi spesi per far fallire uno sciopero sono i soldi meglio spesi».
• «Figlio di Giuseppe, fabbro del paese e di Rosina Freddi, che gestiva un’osteria, è davvero il simbolo del “self made man” lombardo. Nonostante il diploma da maestro elementare in tasca sceglie di continuare l’avventura paterna e trasforma la bottega nella Ferriera di Casto, costruendo una fortuna sul tondino, l’anima metallica del cemento armato che negli anni Sessanta copre l’Italia. Nel giro di qualche decennio è tra i grandi dell’industria italiana, con fabbriche, non solo in Italia, che sfornano laminati di acciaio pregiati. Il ruolo di industriale solido e concreto e anche quello di uomo duro con i sindacati, memorabile lo scontro in una delle sue aziende, la Eredi Gnutti, nel quale affronta dodici mesi filati di sciopero prima di spuntarla, lo porta nell’84 alla guida della Confindustria, dove resta fino all’88. La fama di falco nelle relazioni industriali lo precede sempre, ma lui sceglie uno slogan diverso: “Fermezza, non durezza”. E fermo, anche se uomo di grande equilibrio e mediazione, si dimostra anche sulla scena finanziaria dove tra gli anni Ottanta e Novanta diventa uno dei grandi protagonisti. Ma il mondo finanziario si muove a velocità vertiginosa. I debiti finanziari mettono in crisi la Lucchini, nel 2002 Enrico Bondi, su mandato delle banche creditrici, prende in mano la ristrutturazione del gruppo» (Francesco Manacorda).
• «Agli inizi degli anni Settanta Luigi Lucchini, Gino per gli amici, era soltanto un signore immensamente ricco (già allora) che abitava in provincia, a Brescia. Per trovarlo era inutile andare in giro per i salotti buoni milanesi. Nessuno lo conosceva e pochi sapevano persino della sua esistenza. Tranne il gioielliere Bulgari. Ogni tanto Gino gli telefonava e con la sua aria un po’ distratta e impastata di bresciano gli diceva: “Che cosa fa domenica?”. E, ovviamente, Bulgari rispondeva: “Ma passo da Brescia e vengo a trovarla”. Arrivava con le sue borse piene di stupendi gioielli, incassava l’assegno e se ne andava. La signora Lucchini era un po’ più felice. E Gino anche: un’altra domenica, un’altra giornata non-di-lavoro se n’era finalmente andata. A Brescia era il re del tondino, e tutti sapevano che era il più ricco di tutti. Ma se ne stava in provincia, nella sua villetta all’incrocio fra due strade (niente palazzo gentilizio, per carità). E lavorava, tondino per l’edilizia, a camion. Quanto guadagnava? Ha confessato che poteva anche arrivare a cento milioni al giorno, negli anni Settanta. “Ma non sempre, eh, solo quando passa la colombina”. Cioè? “Quando passa la fortuna”. E questo perché il tondino era legato all’edilizia. E allora c’erano dei momenti in cui i camion si vendevano all’asta davanti ai cantieri e altri in cui non li voleva nessuno. A un certo punto gli avevano rapito il figlio Giuseppe (che più tardi prenderà il suo posto in azienda). Gino aveva trattato personalmente il riscatto con i rapitori. Ed era molto soddisfatto per come erano andate le cose. Il figlio era tornato a casa e lui aveva risparmiato rispetto alle richieste iniziali. Se l’era cavata con cinque miliardi (di allora)» (Giuseppe Turani).
• Ugo Calzoni, il suo più fidato collaboratore per quasi 25 anni, e Franco Locatelli hanno raccontato la storia dell’imprenditore bresciano in Imperi senza dinastie. La straordinaria avventura imprenditoriale di Luigi Lucchini e della siderurgia bresciana (La Compagnia della Stampa 2014) «Avevo fatto un patto con Luigi Lucchini: chi di noi due fosse rimasto vivo, avrebbe scritto la storia del gruppo Lucchini. Lui è scomparso lo scorso anno e così ho tenuto fede a una promessa. Questo volume è l’esito di un lavoro di anni in cui ho cercato di rileggere quella pagina della storia scritta dalla siderurgia bresciana che dal dopoguerra in avanti ha cambiato il volto dell’Italia. (…) Riuscimmo a conquistare spazi e ruoli di prim’ordine, a fronte di un monopolio fino ad allora dominato dai grossi gruppi come la Falk. In Europa ci chiamavano “i brescianì” per disprezzarci: in pochi anni divenne sinonimo di qualità e competenza. Arrivavano da Bruxelles e di noi dicevano: “sono cresciuti in modo acrobatico, ma sono davvero bravi”. (…) Lucchini ricevette l’invito per un pranzo a casa Agnelli e partimmo come sempre in Mercedes. Poi durante il tragitto cambiammo l’auto e prendemmo una Fiat. Arrivati a Torino, Gianni Agnelli chiese a Lucchini se era disposto ad assumere l’incarico di presidente di Confindustria. Lui disse “ci sto”. Fu soprattutto questo nuovo ruolo a mettere in luce le sue qualità: forza, prudenza, rispetto delle istituzioni. Negli ultimi decenni tutto è cambiato. Nelle imprese è entrata la finanza. Le generazioni successive di queste famiglie hanno dato un altro indirizzo. Anche la società bresciana, basata tradizionalmente sui valori etici, ne ha risentito» (Ugo Calzoni a Eletta Flocchini) [Cds 2/2/2014].
• «Bergamasca d’adozione ma con sede legale ancora in via Oberdan, la Lucchini Rs, insieme alle sue filiali in Uk, Svezia, Polonia, India e Cina (in totale 400 dipendenti), non è però l’unica azienda rimasta agli eredi dell’imprenditore di Casto. È infatti complessa la galassia che ruota attorno alla Sinpar. Oltre agli interessi individuali dei tre figli (Giuseppe è consigliere di Beretta Holding e procuratore della scuderia Bms, Silvana guida la Lusigest, scatola immobiliare del gruppo, e Gabriella è presidente di Gamico, holding finanziaria al pari di Vanaco, Ausilco e Gilpar), la storica cassaforte di famiglia detiene partecipazioni industriali per 160 milioni di euro attraverso il 34% di Bicomet (ex Sideral, specializzata nel commercio di rottami metallici, 231 milioni di ricavi e mezzo milione di utile), il 42% di Mixos Miele (servizi logistici marittimi, 2,8 milioni di fatturato e 0,5 di utile) e l’88% dell’Agroittica Toscana di Piombino (allevamento di branzini, 6,2 milioni di ricavi e 774 mila euro di netto). Dal punto di vista finanziario, invece, Sinpar è presente, per un controvalore complessivo di 91 milioni di euro, in Rcs (2,06%), Mediobanca (0,4%), Ubi (0,07%), Pirelli (0,6%), Prelios (0,4%), Mittel (0,08%), Saras (0,003%) ed Ergycapital (0,007%). Business che hanno fruttato, nel 2012, un utile netto di 3,5 milioni di euro e che, certo, presentano un’architettura un bel po’ diversa da quella prima officina di Casto che, quando verso la fine della guerra Lucchini la fece vedere a un ufficiale tedesco, venne paragonata all’antro di Sigfrido» (Massimiliano Del Barba) [Cds 29/8/2013).
• «Io nemici non ne ho, ma certo Lucchini fu un avversario totale. Uno che non ha mai accettato i sindacati ed i diritti dei lavoratori. Per molti aspetti, un simbolo della classe imprenditoriale italiana. Nelle sue fabbriche, in qualche modo, ha anticipato Marchionne. Non a caso, Cesare Romiti, nel libro-intervista con Giampaolo Pansa, disse che, per la marcia dei 40 mila, si era ispirato alle scelte di Lucchini a Brescia. Uno delle cause della crisi italiana è che, in questo Paese, i Luigi Lucchini hanno più successo degli Adriano Olivetti»
(Giorgio Cremaschi a Luca Angelini) [Cds 27/8/2013].
• «Il Bill Gates dell’acciaio» (Flavio Zanonato).
• Tre figli, oltre a Giuseppe (vedi), Silvana e Gabriella.