31 maggio 2012
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Biografia di Gina Lollobrigida
• (Luigina) Subiaco (Roma) 4 luglio 1927. Attrice. Poi scultrice e fotografa. Celeberrima diva italiana degli anni Cinquanta e Sessanta, rivale di Sophia Loren, mito del nostro cinema. Tra le decine di film, ci limitiamo a ricordare: Pane amore e fantasia (1953, premiata col Nastro d’argento, è la pellicola che le guadagnò il soprannome di “Bersagliera”) e Pane amore e gelosia (1954, entrambi di Luigi Comencini), La donna più bella del mondo (Robert Z. Leonard, 1956, David di Donatello), Venere imperiale (Jean Delannoy, 1962, Nastro e David), Buonasera, signora Campbell (Melvin Frank, 1968, David). Ambasciatrice della Fao.
• «La rivalità con la Loren? L’ha creata quella che è arrivata dopo, è chiaro».
• «Il padreterno mi ha dato molti talenti. Nella mia famiglia o pazzi o artisti. Una mia zia è morta in manicomio, ma un prozio dipingeva a San Pietro e un altro, amico di Trilussa, ha riscritto la Divina Commedia in chiave comica».
• «Anche gli errori sono preziosi. Ti rendono forte come le difficoltà, i colpi bassi, le tragedie. Per esempio, la guerra. Il primo bombardamento: con io che sto alla finestra, mia madre che mi prega di allontanarmene, e gli aerei che passano e ripassano, là sopra, quasi con monotonia. C’eravamo abituati, non credevamo più, ormai, che potessero sganciar bombe. E invece accadde. Vidi la casa di fronte sbriciolarsi in un attimo. Vidi mia madre portarsi le mani agli occhi come per difendersi. E fu il caos. E, dopo il caos, la fuga. Dodici giorni per arrivare a Firenze con lo spettro della morte sempre vicino, eppoi là quasi la fame e, dopo, il ritorno, e il dover ricominciare da zero, il non aver più nulla, il vivere in sei in una stanza, l’alzarsi all’alba per andare a scuola cambiando il tram in continuazione, attraverso una città devastata, martoriata, sgomenta. Insomma, il primo choc, il primo passo verso la saggezza».
• «Il cinema per me è stato uno scherzo del destino. Studiavo all’Accademia, avevo in mente la pittura e la scultura che, infatti, ora ho ripreso, mettendoci dentro quello che ho imparato in 50 anni di recitazione. La scelta artistica era il canto, ero soprano lirico, come si sente nella Donna più bella del mondo, ma era un impegno totale. Ero giovane, carina, i registi mi fermavano per strada e io accettavo qualche particina per pagarmi gli studi. Con Silvana Mangano correvamo di qua e di là per fare le comparse a mille lire al giorno». Fu per lei che lo sceneggiatore Alessandro Continenza creò l’ispirata definizione, messa in bocca a Vittorio De Sica come un avvocato difensore trombone ma irresistibile, di “maggiorata fisica”. L’anno era il 1952, il film Altri tempi di Blasetti, per la precisione l’episodio Il processo di Frine. Masolino D’Amico: «Gli anni Cinquanta, quelli dell’inizio del boom, sono caratterizzati da linee arrotondate, automobili paffute, palazzine con pareti e balconcini bombati, gonne a palloncino, e donne dai seni che scoppiano dentro le camicette, a partire da quelli di Silvana Mangano in Riso amaro (1949). A metà strada tra la bellezza aggressiva e quasi soprannaturale della Mangano (quasi in quel solo film, però) e quella che venne dopo, della Loren, esagerata nelle dimensioni e allegra fino quasi a essere comica, la Lollobrigida offrì un modello voluttuoso ma in qualche modo raggiungibile: la classica, quieta avvenenza della donna mediterranea presente in tanta nostra pittura, una madre-sorella casta ma, come fidanzatina, anche ricca di tesori in gran parte non troppo esibiti. È la bellezza per la quale i secoli hanno elaborato il costume nazionale delle gitane andaluse, vita sottile, décolleté prorompente, gambe non lunghissime e pertanto aiutate dai tacchi e ben nascoste da sottane lunghe piene di gale. Con donne come quella Mangano e come la Loren si sogna la folle avventura, ma maggiorate domestiche tipo Lollo promettono una intera esistenza di erotismo ben calibrato. Il cinema, dove Gina reduce da un terzo posto al concorso di Miss Italia aveva esordito come generica facendo l’odalisca, le avrebbe naturalmente offerto parti di ragazza seducente o comunque desiderabile (Fanfan la Tulipe di Christian-Jacque, Le belle della notte di René Clair) e non di rado l’avrebbe calata anche in parti drammatiche (La provinciale di Soldati, La romana di Zampa). Ma il grande e definitivo successo la Lollo lo trovò quando con mossa geniale Luigi Comencini la propose nel 1953 come la popolana di Pane, amore e fantasia. Con questo film, quasi un remake di Due soldi di speranza di Castellani (stesso sceneggiatore, Luigi Margadonna), si inaugurò quello che poi sarebbe stato chiamato il Neorealismo Rosa, degradazione, per alcuni, del nobile filone autarchico di critica, denuncia e reportage sull’Italia del dopoguerra, ma per altri onesta via d’uscita dal medesimo in chiave di commedia bonaria, sorridente e soprattutto conciliante. In ogni caso il pubblico, che al Neorealismo vero e proprio non si era mai appassionato, aderì al nuovo filone con entusiasmo, e si innamorò compatto della nuova Gina che per l’occasione aveva smesso sete e trampoli per la vestarella sdrucita di Maria detta la Bersagliera, contadinella tutta pepe che esprime una vitalità indomabile anche lanciandosi in corse pazze a piedi scalzi per i campi sassosi. L’Italia contadina che si stava industrializzando e che si preparava al benessere si riconobbe subito in quel personaggio e lo adottò con un senso di liberazione da nuovo ricco che dopo aver finto di ammirare le vivande più complicate si vede offrire il salame di casa sua. Dopo quel trionfo, subito rinnovato in un seguito, la carriera di Gina fu come si sa assai illustre, e comprese episodi a Hollywood e star americane come partner (fu accanto a lei che Tyrone Power morì, sul set di Salomone e la Regina di Saba). Durò almeno un ventennio, dopodiché il talento della diva si dedicò, sempre con notevole successo, ad altre forme espressive, come la scultura e la fotografia. Per gli italiani sarebbe tuttavia rimasta, e rimarrà, come l’incarnazione di quell’ideale femminile che, per quanto meraviglioso a vedersi, non intimidisce né allontana alla stregua di tante superdonne proposte dai media. Proprio pensando a questo, anzi, quasi per sancire questo, l’antico mentore Comencini la volle nel suo indimenticato Pinocchio televisivo (1971), come la Fata dai Capelli Turchini (veramente, Collodi la chiama bambina): la mammina esemplare, ma anche, in quanto unica femmina di tutto il libro, la compagna eterna e immutabile, il vero archetipo della Donna Italiana».
• Nel 2007 raccontò a Giuseppina Manin che «Andrea Balestri, il bambino protagonista del film, era una vera peste (...) Durante un servizio fotografico si mise a fare i capricci. Io lo ripresi e lui per tutta risposta mi mollò un calcio. A quel punto reagii istintivamente, ma in un attimo mi trovai buttata a terra da suo padre, mentre il piccino, più Lucignolo che Pinocchio, mi tirava addosso le pietre. Mancò poco che non mi colpisse in testa».
• «Nella sua vita privata, in sintesi, hanno trovato posto numerosi corteggiatori (fra cui il produttore americano Howard Hughes, il chirurgo sudafricano Christian Barnard e perfino il líder máximo Fidel Castro)» (Lina Coletti).
• Nel 1949 sposò il medico mancato (poi suo agente) Milko Skofic: «Eravamo in montagna, al Terminillo, io portavo i pantaloni e pure il prete, pochi amici, ero tanto giovane». Il 28 luglio 1957 nacque il figlio Milko jr (oggi regista e produttore). Nel 1971 il divorzio.
• Nell’ottobre 2006, ospite in tv a Buona Domenica, aveva ringraziato inaspettatamente Berlusconi, «e lui sa perché». Il Cavaliere a cui aveva chiesto aiuto, spiegò poi, aveva convinto Telecinco (di Mediaset al 50,1%) a non prendere più in giro la coppia.
• Nel dicembre 2006 mandò a monte il matrimonio col quarantacinquenne imprenditore spagnolo Francisco Javier Rigau Rifols, col quale stava da 22 anni. Cerimonia già fissata per il 27 gennaio 2007 a Roma: «Il mio amore è finito grazie alla stampa. Che l’ha distrutto. Senza il minimo rispetto ha pubblicato false interviste a caccia di uno scandalo che non esisteva. Ci sono persone che si sono uccise per le calunnie di certi giornalisti. Che scrivono con una leggerezza crudele, pensando al titolo e non alle persone che distruggono. Non dovevo rendere pubblico il mio rapporto. Ma se l’ho fatto, è stato solo per il pubblico. Il mio amato pubblico che, se avessi taciuto, mi sarebbe sembrato di tradire. Pazienza, volto anche questa pagina» (a Micaela Urbano).
• All’inizio del 2013 si scopre sposata a sua insaputa con l’imprenditore spagnolo: «È una storia squallida. Mi ha fatto firmare una procura con l’inganno e mi ha portato un finto testamento in cui mi nominava erede universale». «Sospetto che durante la cerimonia di nozze, che si sarebbe svolta il 29 novembre 2010 a Barcellona, una donna abbia ricoperto le mie veci usando una procura che avevo rilasciato a Rigau per una causa civile contro un avvocato».
• «Javier e io non abbiamo mai avuto rapporti intimi. Lui era preso dall’idea della diva. Io lo ritenevo un ragazzo gentile, educato che mi poteva essere amico in un momento difficile. Ero caduta in depressione per via di un lungo contenzioso legale. Quando sei depressa pensi che qualcuno possa dare una svolta alla tua vita».
• «Sono sposato con Gina che le piaccia o no e le nozze sono state tenute dalle autorità a Barcellona. Non c’è truffa» (la replica di Javier Rigau)
• «Sono pronta a difendermi e andrò fino in fondo. Sono stanca ma di ottimo umore. A 85 anni sono ancora una bersagliera. Reagisco, non mi lascio soffocare da gente che non ha una coscienza» (ad Arianna Finos) [Rep 29/1/2013]. Nel settembre 2014 il tribunale le diede ragione, il matrimonio era falso. «Quello è un imbroglione, ma la sua carriera di mascalzone finisce con il male che ha fatto a me e, tra pochi giorni verrà fuori la prima condanna nei suoi confronti qui Italia, poi ci sarà quella spagnola. Sì, è vero, ho avuto un attimo di... spaesamento con lui, ma perché noi artisti voliamo tra le nuvole, viviamo in un altro mondo ed è facile raggirarci... Ma mi sono svegliata in tempo e assolutamente vigile» (a Emilia Costantini) [Cds 10/7/2014].
• Nel 2014 vinse anche la causa contro il suo unico figlio, Andrea Milco Skofic, che aveva chiesto al giudice tutelare la nomina di un amministratore di sostegno «in quanto temo non sia più in grado di fare da sola».
• Nel 2013 ha messo all’asta da Sotheby’s, a Ginevra, ventidue gioielli della sua collezione, ricavandone oltre tre milioni di euro.
• «De Sica ha rappresentato l’incontro critico della mia carriera. La fiducia che avevo in lui era assoluta. Insieme ci divertivamo come pazzi. Mi chiedeva di camminare in equilibrio su un filo e io glielo facevo. Mi diceva: devi piangere ma col fischio, e io piangevo col fischio. Ordinava: sali sull’asino ma volando, e io salivo volando» (da un’intervista di Laura Laurenzi).
• «Altro che divismo: studiavo, mi calavo nel personaggio. Me ne ha dato pubblicamente atto Italo Calvino, mica uno qualunque, uno degli sceneggiatori della Romana».
• Suo film preferito: «Mare matto, con Belmondo, in cui facevo la parte di una brutta da mettere paura. Anche tirchia, zitella e vergine. Come mi sono divertita. Ho potuto toccare con mano fino a che punto mi potevo trasformare».
• «L’occasione che ho sempre inseguito tra 60 film non l’ho mai avuta. A un certo punto sono invecchiata e il cinema, si sa, serve solo le giovani».
• «Non ho dato il meglio, selezionavo e rifiutavo molto. È stata una carriera senza aiuti e senza un marito produttore, complicata dal mio carattere di donna incorruttibile, che non accetta compromessi, che non paga articoli, che ha avuto il coraggio di litigare con Rizzoli, che sulle ragioni artistiche non si tira indietro».
• «Ho fatto le mie scelte, non mi andava di stringere la mano ai presidenti di Paesi come il Cile o il Sudafrica. Poi caddi in un piccolo errore presentandomi per la Dc alle Europee: credevo di poter aiutare i bambini ma avevo fatto male i conti, non è proprio un mestiere per me» (da un’intervista di Maurizio Porro). Nell’88 andò in onda su Canale 5 un remake de La romana (dal libro di Alberto Moravia) con la regia di Patroni Griffi, la Lollobrigida nella parte della madre e Francesca Dellera in quella della figlia. Durante la conferenza stampa di presentazione tra le due scoppiò una lite. Enrico Lucherini: «Molti ancora pensano che l’avessi organizzata io, ma giuro che era autentica. La tensione accumulata tra le due attrici sul set sbottò davanti ai giornalisti. Gina attaccò Francesca, che si difese con le unghie e con i denti. Successe il parapiglia, con mia grande gioia. Poi gli ascolti schizzarono alle stelle».
• Nel 2007 risultò quinta (dopo Benigni e prima di Anna Magnani) in un sondaggio della Società Dante Alighieri sugli attori che meglio rappresentano lo spirito degli italiani. Nel 2008 l’edizione americana del magazine di cinema Première la mise al 54° posto nella classifica dei divi più sexy di tutti i tempi (vedi Sophia Loren). Nel 2011 tornò al cinema per un cameo nel film di Ezio Greggio Box Office 3D – Il film dei film.