31 maggio 2012
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Biografia di Franco Loi
• Genova 21 gennaio 1930. Poeta
• Padre cagliaritano e madre di Colorno (Parma), si trasferì a Milano all’età di sette anni. Diplomatosi ragioniere, dal 1962 al 1983 fece l’impiegato all’ufficio stampa della Mondadori. La sua prima produzione poetica nacque tutta in una breve stagione, tra il settembre 1965 e l’estate 1974, quasi “sotto dettatura”: «Scrivevo versi per quattordici ore filate al giorno, mi sono sempre considerato amanuense di Qualcuno».
• L’esordio avviene nel 1973 con l’opera dialettale I cart, pubblicata dalle edizioni Trentadue di Milano. Dell’anno successivo sono le Poesie d’amore edite da Il Ponte. Nel 1975 dimostra di aver raggiunto una completa maturità espressiva con il poema Stròlegh (Einaudi), in parte già pubblicato nel 1971 sul secondo numero dell’Almanacco dello Specchio.
• Testo centrale della sua produzione poetica è L’Angel «È un libro singolare, un romanzo in versi in cui sono confluite tante suggestioni linguistiche, tanti spunti anche autobiografici. La mia idea era di raccontare la vita di un italiano medio che si muove lungo i momenti cruciali della nostra storia con la convinzione di essere un angelo. La prima parte uscì nel 1981, nel 1994 Mondadori pubblicò quella che in quel momento era la versione completa, però è un testo al quale non ho mai messo la parola “fine”. Nei miei libri successivi c’è sempre stata una sezione intitolata L’Angel, come se avessi ancora bisogno di aggiungere qualcosa» (ad Alessandro Zaccuri) [Avv 23/3/2014].
• «Loi, che esordisce nel 1971, adotta un milanese fortemente personale, una sorta di lingua franca degli immigrati di periferia, aperta a diversi influssi, specie lombardo-orientali: in questo individuatissimo “idioletto” dialettalità e popolarità tendono a una singolare simbiosi, che prescinde senza esitazioni dalla solidissima tradizione meneghina, come confermano anche le molte novità grafiche (con intenti semplificatori). Né si ferma qui l’originalità linguistica,visto che l’autore non si perita di introdurre materiali del tutto disomogenei: cultismi, latinismi, calchi da lingue straniere e altro» (Mauro Novelli) [in AA.VV., Il canto strozzato. Poesia italiana del Novecento, Interlinea edizioni 1997, pp.123-124].
• «Quand’ero bambino o ragazzo, camminavo per le strade e sentivo il milanese. Forse non avrei mai scritto in milanese, se non ci fosse stata questa simbiosi con la musica della città. C’era anche chi parlava in italiano, specialmente nel dopoguerra, ma ovunque sentivi la voce lombarda, con la sua ironia, quei toni un po’ rauchi, anche nello straparlare italiano. Una lingua parlata da gente che, come ha scritto Delio Tessa, era “più attenta ai suoni che ai significati”, una lingua che ti entrava dentro con i luoghi, con le facce delle persone, con la spinta morale che distingueva la città. Io, poi, abitavo in una zona di immigrati e tra noi si parlava italiano, ma la forma del dire e del sentire, tra noi bambini, erano già quelli del milanese» [Franco Loi, Da bambino il cielo, Garzanti 2010, p. 77].
• «Volevo parlare della gente conosciuta durante le miserie della guerra. E poi degli operai che hanno dato tanto da sperare alla città, gente straordinaria che si è sacrificata per un nuovo modo di convivere. Vero, anch’io in casa con mia moglie, a cui ho dedicato più poesie di quelle che lei pensa, parlo in italiano. Ma il milanese non è morto. Lo parlano impensabili come senegalesi e iraniani. Lo parlano all’Isola, dove addirittura ancora dicono “quando si va in città”» (a Costanza Rizzacasa) [Iog 24/9/2009].
• L’ultima raccolta di versi è Voci d’osteria (Mondadori 2007). «A torto venne agli esordi annoverato fra gli autori realisti, poiché dal poema L’angel del 1994 alle sillogi Isman del 2002 e Aquabella del 2004 Loi ha ormai scelto di riconoscersi in una visione fortemente religiosa, evangelica, francescana attraverso una forma arcaica di trascendimento e di preghiera poetica» (Franco Manzoni). «Nelle mie poesie parlo di Dio (...) Sono credente ma non vado mai in chiesa».
• Nel 2007, selezionato per la sezione Poesia, si ritirò dal premio Viareggio dopo le dimissioni di alcuni giurati: «Un premio deve essere una festa. Invece qui si ha la sensazione di un colpo di mano. Meglio non esserci» (vedi anche Rosanna Bettarini).
• Del 2014 è Il viaggio del poeta del regista Giovanni Martinelli, un’originale rivisitazione dei luoghi del romanzo in versi L’Angel, quasi una visita guidata, dove Loi è protagonista assoluto, nel ruolo di se stesso.
• Cinema e poesia «Ho cominciato tardi a scrivere versi, attorno ai trentacinque anni, ma con un atteggiamento che da allora non è mai cambiato: abbandonarmi alla parte inconscia del mio essere, evitando di rinchiudermi in scuole o sistemi. In questo la poesia è simile al sogno. A volte il senso di quelle visioni notturne ti sembra chiarissimo, altre volte c’è bisogno di una lunga riflessione per avvicinarsi a un’ombra di significato. Ma non sei mai tu che decidi che cosa sognare. C’è sempre qualcos’altro che, come direbbe Dante, ti “ditta dentro”. Ora, considerato che anche il cinema è imparentato con il sogno, potrebbe essere che un film aiuti a capire un po’ di più la poesia» (a Zaccuri cit.).
• Ha collaborato per anni al domenicale del Sole 24ore.
• Ha sempre votato a sinistra, negli ultimi anni per Bertinotti: «Uno dei pochi capaci di prendere posizioni chiare sul tema della pace» (a Dino Messina). Milanista.