31 maggio 2012
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Biografia di Giuseppe Lo Russo
• Napoli 18 dicembre 1954. Camorrista. Capo, insieme al fratello Salvatore, del clan omonimo (detto anche dei “Capitoni”), egemone a Miano, nell’area nord di Napoli, appartenente all’Alleanza di Secondigliano. Detenuto, al 41 bis, per espiazione pena di 30 anni per associazione camorristica, connesse violazioni della legge sulle armi, concorso nell’omicidio di Luigi Giglioso, capozona del rione Posillipo, ucciso il 18 settembre 1997 (sentenza definitiva il 25 maggio 2006). Il 29 gennaio 2008 è diventata definitiva anche una condanna per associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti.
• Formò il clan negli anni Settanta coi fratelli Vincenzo (morto per overdose da cocaina), e Salvatore (classe 54, arrestato il 30 agosto 2007 e poi pentito), e si schierò subito con la “Fratellanza napoletana”, nata per contrastare la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Sconfitti i cutoliani, il clan Lo Russo entrò nell’Alleanza di Secondigliano (vedi Francesco Mallardo).
• L’ex capo della Squadra Mobile di Napoli Vittorio Pisani, accusato da Salvatore di essersi fatto corrompere dal clan Russo, il 18 dicembre 2013 veniva assolto.
Calcio Il fratello Salvatore, negli anni Ottanta, si diede da fare per recuperare il pallone d’oro sottratto a Diego Armando Maradona, ma troppo tardi: «Quando chiesi la restituzione, lo avevano già sciolto» (Simone Di Meo, 9 maggio 2014).
Ultime Il clan si è guadagnato l’attenzione delle cronache il 15 aprile 2014, in occasione dell’arresto di Carlo Lo Russo, detto Lellè, figlio di Giuseppe (per il tentato omicidio di Giovanni Lista), e di Antonio Lo Russo, figlio di Salvatore, ammanettati a Nizza dai carabinieri di Napoli e dalla gendarmeria francese. Antonio era dimagrito di 25 chili rispetto al 10 aprile 2010, quando era stato fotografato a bordo campo nel corso della partita di calcio Napoli-Parma (la partita era stato oggetto di una maxi inchiesta del 2011 sul calcio-scommesse che vedeva coinvolto il Lo Russo, ma poi l’episodio fu archiviato). Condannato in primo grado a 20 anni per associazione mafiosa e stupefacenti, è noto per essere capo ultrà del Napoli, accusato da una fonte confidenziale, nel 2011, di avere condizionato l’esito. (a cura di Paola Bellone).