31 maggio 2012
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Biografia di Gavino Ledda
• Siligo (Sassari) 30 dicembre 1938. Scrittore. Famoso soprattutto per Padre padrone (1975), libro che raccontò al mondo la vita vera e terribile di un bambino-pastore che il padre strappa dalla scuola e fa tornare in montagna col gregge (i fratelli Taviani ne trassero un film premiato nel 1977 con la Palma d’oro al Festival di Cannes). Nel 2006 ha ricevuto il premio Nonino. «Io parlo, penso e sogno in sardo: Padre padrone lo tradussi mentalmente dal sardo, per me quel libro è solo una traduzione... Tutte le parole del dolore, della gioia, dell’amore, dell’astuzia, della pazienza, sono state concepite in sardo... e credo che quel libro sarà scritto davvero solo quando sarà uscito nella sua vera lingua, con traduzione a fronte».
• «Mi ero appena laureato a Roma, avevo compiuto un percorso che nessun pastore aveva fatto. La cosa aveva fatto notizia, ma io non ci pensavo, volevo solo raccontare la mia storia. Feltrinelli intuì il grande libro, Cesare Milanese cominciò a lavorare sul testo, ma io non volevo modifiche, litigai e scomparvi per un anno, mi diedi alla latitanza a Cagliari. Quando mi ritrovarono erano disposti a tutto. Dissero: faccia lei. Ma io avevo riflettuto, e accettai di tagliare alcune ripetizioni. Mio padre ed io andiamo d’accordo, l’incompatibilità fra noi è stata una caricatura dei giornali. Io sono come lui, il nostro rapporto con la pastorizia è rimasto lo stesso. Ha un carattere forte papà... ha cominciato a lavorare a sei anni, ha imparato a non chiedere niente a nessuno... Certi pastori sono principi, re... sono padroni assoluti del loro spazio e della loro vita» (a Paolo Rumiz).
• L’opera destò scalpore anche per il suo raccontare scene di iniziazione sessuale con le pecore, nell’ambiente della pastorizia sarda. «Tutta quella bestialità l’ho consumata pensando alle femmine della mia specie. Nell’ovile non si incontravano donne e così uno se le inventava. Si colmava un’assenza. Questa non era mica una deviazione sessuale. Lo è invece quella di chi, pur vivendo in una città, non riesce a reggere il confronto con una donna e fa l’amore con un animale, contento di farlo con un animale» (a Piera Serusi) [L’Unione Sarda 12/8/2008].
• Il padre Abramo è morto a 99 anni il 12 febbraio 2007. «Quando finì di leggere il libro non disse nulla per lungo tempo, poi parlò e fu lapidario: “Hai scritto la verità”» [a Serusi, cit.]. La madre (morta il 30 ottobre 2013) dichiarò nel 1996: «Se il libro l’avessi fatto io avrei scritto di peggio».
• Dal 2007 i luoghi di Padre padrone sono vincolati per il loro “altissimo valore letterario”: «È la prima volta che accade. Qui non si parla infatti di limiti derivanti da salvaguardie di natura archeologica, paesaggistica o storica. La decisione su Baddhevrùstana, questo il nome della località vicina al paese di Siligo dove il narratore è nato e cresciuto, 30 chilometri a sud di Sassari, nel cuore della Sardegna centro-settentrionale, riguarda esclusivamente il significato che questa terra continua ad avere come teatro di una narrazione conosciuta in tutto il mondo. Il provvedimento è stato adottato dalla giunta regionale di guidata da Renato Soru» (Pier Giorgio Pinna).
• «Padre padrone mi ha fatto risparmiare molti soldi dall’analista» (Michela Murgia).
• Molto attaccato al tema della natura, specialmente in rapporto alla sua terra d’origine. A proposito delle (frequenti) esondazioni in Sardegna, ha scritto: «Come si fa a pensare che l’acqua debba risalire la montagna e non andare a valle sino al mare? Per quale ragione non si tiene conto dell’esigenza di assecondare la natura quando si fanno opere per l’agricoltura, per l’architettura, per le urbanizzazioni? » (Rep 20/11/2013). Autore di Ode alla mia Madre Terra (2011).
• Tra ciò che lo ispira anche grandi scienziati come Albert Einstein o Guglielmo Marconi: «Non si ha un’idea di quanto si parlasse di questi geniali scienziati capaci di imprigionare voci e luci e lanciarle nello spazio fra i pastori delle campagne sarde, quand’ero ragazzo». (a La Provincia di Como, 9/1/2009).
• Cimentatosi anche nel cinema, ha diretto (ed interpretato nel ruolo di se’ stesso) Ybris, in concorso nel 1984 alla Mostra di Venezia. Pellicola onirica che tratta del suo ritorno nei suoi luoghi d’origine. «La nudità galleggiante e incatenata di Gavino Ledda nel suo film Ybris non è certo di quelle che provocano brividi di lussuria (…)» (Natalia Aspesi).
• È stato ospite alla prima ed unica puntata del programma di Rai Uno Ci tocca anche Vittorio Sgarbi (maggio 2011), condotto dal critico d’arte ferrarese. Il tema della puntata era “il padre”.
• Beneficiario, dal 2000, della c.d. legge Bacchelli, che concede un vitalizio (generalmente 1.000 Euro) ad artisti e sportivi illustri in stato di indigenza. Ha però raccontato di essere costretto, a causa delle procedure per ricevere l’assegno, a dover certificare ogni mese di non essere morto. «Devo presentare un “certificato di esistenza in vita”. Per di più mi mandano questa lettera il 5 maggio, il giorno della morte di Napoleone. Ma io l’Ei fu manzoniano l´indirizzo verso qualcuno diverso da me. Anzi, a 72 anni, mi aspetto di arrivare sino a 99 (…) Ho sempre considerato quanto percepisco come un premio per il mio lavoro. Lavoro che continuo e continuerò a svolgere. Certo, se avessi i soldi, avrei risposto “sono morto”» (a Pinna) [Rep 30/5/11].
• Sposatosi nel 1986 con Lorella, il suo matrimonio è durato un solo anno, sfaldatosi dopo la morte del figlio di 5 mesi (nato malato, si chiamava Abramo). «Poi non ho mai trovato la donna che volesse quello che cerco io: una famiglia vera, dei figli. Mi manca una compagna. E mi manca un figlio» [a Serusi, cit.].
• «Vive in una grande casa disordinatissima all’ingresso di Siligo, unica proprietà, assieme a un paio di ettari di terra fuori dal paese, dove ha piantato un orto botanico» [Serusi, cit.].