31 maggio 2012
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Biografia di Giusy La Ganga
• (Giuseppe) Torino 5 maggio 1948. Laureato in Scienze Politiche [Sito ufficiale]. Politico. Nel Consiglio comunale di Torino dal 2013. Deputato (Psi) nell’VIII, IX, X e XI legislatura (1979-1994).
«Avrebbe voluto nascere in India, “perché il mio cognome almeno lì mi avrebbe dato dei vantaggi: mi chiamo come il fiume sacro, che chiamano Ganga e non Gange”. Invece è nato in Italia. Padre siciliano, funzionario dello stato, mamma torinese, ha cominciato a far politica nei giovani socialisti. Fino all’ascesa con Bettino Craxi e la nomina a responsabile Enti locali del Psi. Poi, Tangentopoli, l’avviso di garanzia per ricettazione e violazione delle norme sul finanziamento dei partiti, il patteggiamento di 1 anno e 1 mese di reclusione, dopo aver risarcito mezzo miliardo di lire. Da allora, “12 anni di purgatorio”, come li definisce lui. Lontano dalla politica, e dai riflettori» (Angela Frenda).
• Nel marzo 2011 si ricandidò dopo anni di silenzio, al Consiglio comunale di Torino per Piero Fassino. Bocciato. Ci riprova nel 2013 e il 23 luglio entra nel Consiglio, tra i banchi del Pd.
• «Indagato più volte, a cominciare dallo scandalo che ruotava attorno al faccendiere Adriano Zampini. Poi, negli anni Novanta, arrivano le indagini sulle tangenti e La Ganga riceve dieci avvisi di garanzia per i casi più svariati: le tangenti per la costruzione del centro commerciale “Le Gru” a Grugliasco (To) e per l’ospedale di Asti, le bustarelle per l’assicurazione Ina-Assitalia sugli immobili della Provincia, le mazzette da aziende del Gruppo Fiat, dall’Ansaldo, dai Grandi Motori Trieste. La Ganga ne esce spesso patteggiando. Pure nel gennaio 1994, per la vicenda di Asti, patteggia un anno e otto mesi, più mezzo miliardo di lire di risarcimenti. In quell’occasione scrive una lettera al giudice: “Confermo la decisione di ritornare alle mie private occupazioni, lasciando dopo tanti anni la vita pubblica. Tale mia impegnativa decisione deriva dalla convinzione che si è aperta una nuova stagione politica ed altri dovranno esserne i protagonisti”. E ancora dichiara: “Mi assumo la responsabilità dei finanziamenti illeciti ricevuti e per coerenza non posso più continuare a fare il politico”. Ma le vicende giudiziarie non terminano qui. Il 13 giugno 1995 finisce in carcere per qualche ora, giusto il tempo di ammettere l’accusa di ricettazione fatta dall’allora pm Vittorio Corsi: aveva ricevuto 60 milioni di lire da un compagno di partito, proveniente di una tangente. In quell’anno si definiva ormai “pensionato” ma ora ricomincia dal consiglio comunale» (Andrea di Giambartolomei) [Fat 23/7/2013].