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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Paolo Prodi

• Scandiano (Reggio Emilia) 3 ottobre 1932. Storico. Insegna Storia moderna e Filosofia all’Università di Bologna. Tra i fondatori del Mulino, membro dell’Accademia nazionale dei Lincei e, fino al 2012, presidente della Giunta storica nazionale (che cura la bibliografia storica italiana e coordina l’attività dei quattro Istituti storici nazionali). Fratello di Romano.
• «Storico di valore, per un quarto di secolo alla guida dell’Istituto italo-germanico di Trento, insignito nel 2002 del premio Arturo Carlo Jemolo per la migliore opera italiana di storia del diritto e di diritto canonico» (Francesco Alberti).
• «Da anni i suoi editoriali sull’Unità mandano in fibrillazione giornali, esegeti della coalizione e magari pure il Professore. Un po’ il discolo di famiglia. Anche se, considerate le opere e i titoli accademici, tra i due è Paolo che potrebbe più propriamente fregiarsi del titolo di Professore per antonomasia: docente di Storia moderna a Bologna, accademico dei Lincei, uno dei massimi studiosi al mondo in tema di storia del diritto e della Chiesa. Con un bel caratterino, tutto sommato. Appena ottenuta la cattedra, nel 1969, visto il clima negli atenei pubblicò sul Giorno una inserzione che recitava: “Professore universitario deluso cerca occupazione”. Successe il finimondo, “il solito barone!”, finché Giovanni, il fratello più vecchio e saggio, “spiegò la faccenda all’Avvenire d’Italia: non avete capito niente, scrisse, questo qui voleva solo provocare”» (Gian Guido Vecchi).
• «Paolo è effettivamente un emerito storico della Chiesa e del Concilio Vaticano II. Bizzarro e sparagnino, quando insegnava alla Normale di Pisa, abitando a Bologna, faceva una lezione il lunedì alle 21, appena sceso dal treno, dormiva da un fratello che a Pisa viveva, faceva l’alba il martedì alle 7, riprendeva la tradotta delle 8.30 e riappariva la settimana successiva. Gli allievi, oggi sui 55, hanno ancora le occhiaie. Paolo, che è il più radicale dei Prodi, fu responsabile della Dc per la cultura ai tempi di De Mita. Ma piantò il partito, considerandolo mafioso, e passò alla Rete di Leoluca Orlando, diventandone deputato» (Giancarlo Perna). «L’unica volta che intervenni, 30 secondi, fu per dire che mi dissociavo dal mio gruppo e avrei votato la Finanziaria di Ciampi».
• «Era lui, il politico designato della grande famiglia di Reggio Emilia. Sette anni maggiore del fratello Romano, ancora bambino, Paolo aveva invece l’età giusta, nei primi anni del dopoguerra, per appassionarsi dell’‘onorevole di Dio’, il suo conterraneo Giuseppe Dossetti, e cercare di calcarne le orme. Ma si fermò all’impatto con una Chiesa “rimasta alla Controriforma”, e decise: «Il potere, è prudente studiarlo prima di praticarlo”. Paolo Prodi è il più ‘tedesco’ dei nostri storici. Per rigore, per scelta del campo di studio (il diritto e le istituzioni), per vicinanza intellettuale, amicizie, frequentazioni, maestri, come Hubert Jedin. I tedeschi lo hanno ricambiato assegnandogli nel 2007 il premio Von Humboldt, il Nobel germanico. Allievo di Delio Cantimori, ha dedicato la sua vita di studioso all’esplorazione del confine crepuscolare fra sovranità e sacro, dal potere temporale dei papi alla pratica del giuramento fino al recente studio sul tabù del furto come istituzione economica del mercato capitalistico» (Michele Smargiassi) [Rep 4/10/2012].
• «Il fisico del Bertoldo ce l’ha: compatto e ben piantato, la risata larga e pronta, dissimula a meraviglia erudizione e sapienza salvo poi inchiodarti soavemente alla tua ignoranza e approssimazione (…) Praticamente non c’è un suo scritto che non cominci sgombrando il campo da generalizzazioni e calibrando le parole. Se c’è una cosa che detesta è la semplificazione» (Marco Burini), [Foglio 4/10/2012].
• «L’unico consiglio che diedi a Romano, il nome di un ministro per l’università, non andò a buon fine... Invece io penso che un’esperienza ravvicinata con la politica faccia bene allo storico. Anche io ho avuto la mia, abbastanza fulminea (fu deputato della Rete nel ’92, ma lasciò dopo pochi mesi per dissensi politici con Leoluca Orlando, ndr), non rimpiango di averlo fatto. Come non rimpiango di esser stato nel ’72 il primo rettore di Trento, volevo farne un’università italo-germanica, ma erano anni caldi, anche se io presi al massimo qualche calcio... Chi non ha avuto un assaggio del potere non può scrivere di storia, chi si dedica solo alle carte non capisce la storia (…). Essere cattolico, anche nel senso più banale di far parte di una comunità, di una chiesa, credo però mi abbia dato soprattutto questo grande vantaggio, preservarmi dalle ideologie, in particolare il marxismo e il crocianesimo. Mi fa ridere chi mi ha classificato fra i catto-comunisti, io che nel ’48 attaccavo i manifesti contro il Pci...».
• «Centoventisei i giorni da parlamentare, 3.108 euro la pensione mensile maturata» (Mario Giordano).
• Schierato per Pier Luigi Bersani alle primarie del centrosinistra del 2012.
• Una stanzetta con vista sull’antico carcere di San Giovanni in Monte il suo studio all’Università di Bologna. gira con uno zainetto di jeans invece della borsa. «Con le borse da professore mi veniva il mal di schiena» (ibidem).
• Nel 2000 ha pubblicato Storia della giustizia (Il Mulino), nel 2008 il libro Lessico per un’Italia civile (Diabasis). Nel 2009, insieme a Guido Rossi, ha scritto il saggio Settimo non rubare, furto e mercato nella storia dell’Occidente, nel 2012 Storia moderna o genesi della modernità?, nel 2013 Cristianesimo e potere e Profezia vs. utopia, tutti editi dal Mulino.