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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Paolo Portoghesi

• Roma 2 novembre 1931. Architetto. Tra le sue opere più famose: Casa Baldi a Roma, l’Istituto tecnico industriale de L’Aquila, la Corte Reale di Amman (Giordania), l’Aeroporto internazionale di Khartoum (Sudan), il complesso Moschea-Centro culturale islamico di Roma.
• Laurea all’Università di Roma nel 1957, dall’anno successivo cominciò a esercitare la libera professione nel campo della progettazione edilizia urbanistica. Dal 1962 al 1966 docente di Storia della critica presso la facoltà di Architettura all’Università La Sapienza di Roma, dal 1967 al 1979 professore di Storia dell’architettura al Politecnico di Milano. Poi di nuovo alla Sapienza come professore di Storia dell’architettura, di Progettazione urbana, di Geoarchitettura. Ha pubblicato numerosi saggi, in particolare sull’architettura rinascimentale e barocca, sul Liberty e sull’architettura contemporanea. Dall’80 all’83 diresse la sezione Architettura della Biennale di Venezia.
• «Bambino, andando da casa a scuola, mi fermavo estasiato davanti alle opere di Francesco Borromini. Alla fine di via Monterone, dove sono nato, c’è la cupola di Sant’Ivo. Via della Chiesa Nuova, dove abitavano i miei nonni, è proprio alle spalle dell’Oratorio dei Filippini. Quando seppi che entrambi questi edifici erano del Borromini, l’architetto svizzero-italiano diventò il mio idolo e il mio modello».
• «Tra i progetti di Portoghesi non si considerino i più altisonanti e famosi, ma per esempio quello del complesso residenziale di Tarquinia: edifici abitativi per gli impiegati dell’Enel. Pur nella serializzazione degli elementi, e anche da parte di chi non comparta quel modo di disegnare l’architettura, non può non riconoscersi una particolare dignità. La successione di grandi archi, il colonnato in basso, il loggiato superiore, sono elementi che lo stesso Palladio avrebbe potuto apprezzare: ma interpretati con gusto moderno appartengono totalmente all’oggi. E conferiscono alle abitazioni un che di aulicità, un’importanza inconsueta, una forte caratterizzazione. Il raccordo con la storia evita quel che spesso si lamenta dell’edilizia contemporanea: l’affondare nell’anonimato. E scansa anche il difetto opposto: l’eccesso esibizionistico. Resta un fascino che supera il tempo e che per questo, in un certo senso, sacralizza il luogo: poiché lo rende a una dimensione inconsueta, tutta sua. Non a caso Portoghesi ha concluso la sua esperienza alla Biennale veneziana con una coraggiosa mostra sulle architetture sacre delle tre religioni monoteistiche. Non a caso, oltre che della grande moschea romana, egli è l’autore di una chiesa a Terni nella cui copertura a forma di stella si ravvisa non solo una potente carica simbolica, ma anche un’eco del linguaggio barocco» (Leonardo Servadio).
• Il suo studio è «una torre in tufo che spicca nella campagna viterbese con le sue guglie dalle punte arrotondate e il ponte levatoio. Sembra una rocca medievale. Ma guai a definirla torre d’avorio. “Tutt’altro, mi sono trasferito qui a Calcata nel 2000, in occasione dell’Anno santo, perché sentivo l’esigenza di fuggire dalla vita caotica di una metropoli come Roma e volevo sentirmi più vicino alla natura. Riscoprire il tempo e il silenzio necessario per guardarmi dentro e poter capire meglio anche la realtà che mi circonda”. Così, quando non è in viaggio per lavoro, si ritira qui a osservare piante, fiori e altre forme della natura. Le sue vere muse ispiratrici. Come l’alveare avvolto in una campana di vetro, che troneggia vicino alle pareti tappezzate di titoli e riconoscimenti guadagnati nel corso della carriera. “È una costruzione perfetta. Potrebbe essere un fantastico e funzionalissimo grattacielo”. Del resto, tutti i suoi progetti sono un continuo richiamo ai volumi arcuati e tondeggianti della terra. Basti pensare alla sua opera più famosa, la Moschea di Roma. “Nel disegnare le colonne mi sono ispirato proprio ai tronchi delle palme”, ricorda. Questo è il progetto, insieme al prospetto del Teatro di Catanzaro, di cui va più fiero. “Ho cominciato a interessarmi di architettura islamica solo su suggerimento di alcuni studenti palestinesi che seguivano le mie lezioni all’università di Roma. È stata una bellissima scoperta, per me cresciuto nella cultura cattolica. Poi nella metà degli anni Settanta ho partecipato al concorso per la realizzazione della Moschea di Roma e l’ho vinto. All’epoca ricevetti pure delle minacce di morte, probabilmente da gruppi di estrema destra. Eppure io ho sempre pensato che una moschea nella capitale della cristianità fosse un grande simbolo di modernità, testimoniasse il rifiuto dei fondamentalismi e rappresentasse un’esortazione alla comprensione reciproca tra fedi religiose”. Portoghesi è affascinato dalle religioni. “Sono una risposta alla richiesta di senso dell’uomo. Io amo le religioni, soprattutto cristianesimo, ebraismo e islam, ma non sono un praticante. Preferisco non subire le limitazioni della fede e mantenere i miei dubbi”. Nel 68 si è ritrovato a insegnare e a fare il preside al Politecnico di Milano. “Sono stati anni di grande vivacità intellettuale. Non li rinnego, io ero uno dei professori più giovani e dialogavo con il movimento studentesco. Alla fine fui pure sospeso per questo”. Poi ci sono stati i viaggi in giro per il mondo a progettare edifici, teatri e chiese. E quando non progetta, a cosa si dedica? “Curo il mio giardino, qui a Calcata. Ho una varietà infinita di piante e un centinaio di esemplari di uccelli”. E gli oggetti dai quali non si potrebbe mai separare? “La libreria di Otto Wagner e la collezione dei compassi di Ernesto Basile. Dei pezzi unici”» (Flavia Gamberale).
• Politica: nel 2013 appoggiò la rielezione di Gianni Alemanno come sindaco di Roma. Sempre per Alemanno progettò (a titolo gratuito) la risistemazione di piazza San Silvestro, nel centro della città.
• Sposato con Giovanna Massobrio, conosciuta nel 1971 all’Hermes di Milano, «una moglie straordinaria che lo ha circondato di cigni, struzzi, pavoni, pony, onagri, galli, galline. Forse, anche zebre, elefanti e leoni. Giovanna veglia su Paolo come un vulcano attivo incombe su un lago placido e sommerso. Non ho mai visto un uomo più felicemente in balia di una donna più generosa e frenetica. Una coppia che sarebbe male assortita se non fosse così bene assortita» (Roberto Gervaso).