31 maggio 2012
Tags : Michele Placido
Biografia di Michele Placido
• Ascoli Satriano (Foggia) 19 maggio 1946. Attore. Regista. Ex direttore artistico del Teatro Tor Bella Monaca, a Roma. Più di recente visto in tv in Trilussa – Storia d’amore e di poesia, Volare – La grande storia di Domenico Modugno (interpretava Vittorio De Sica), Aldo Moro – Il Presidente e ne L’ultimo padrino (era Bernardo Provenzano), al cinema in Razzabastarda (Gassman, 2013), Itaker – Vietato agli italiani (Trupia, 2012), Viva l’Italia (Bruno, 2012), Amici miei – Come tutto ebbe inizio (Parenti, 2011), Manuale d’amore 3 (Veronesi, 2011) ecc., a teatro, per la prima volta con Giorgio Albertazzi, nel Satyricon (regia di Renato Giordano). «Il mio punto di partenza è nell’essere attore, poi sono anche diventato regista ma è un po’ quello che succede ai calciatori quando passano in panchina a fare gli allenatori».
• Famosissimo commissario Cattani de La piovra tv, Nastro d’argento come miglior attore per Pizza connection (Damiano Damiani, 1985) e Marcia trionfale (Marco Bellocchio, 1976), ha diretto tra l’altro Un eroe borghese (1995), Del perduto amore (1998), Un viaggio chiamato amore (2002), Ovunque sei (2004), Romanzo criminale (2005, David di Donatello per la sceneggiatura, Nastro per la regia), Il grande sogno (2009), Vallanzasca – Gli angeli del male (2010, Nastro a Kim Rossi Stuart come miglior attore protagonista e ai Negramaro per la colonna sonora).
• «Attore, regista, “artigiano della parola” come lui stesso si definisce. Una carriera intensa e libera da steccati, segnata dalla capacità di rischiare e soprattutto “dalla voglia di capire e di ricercare la verità”. Non capita a molti artisti italiani, infatti, di essere al tempo stesso eroi popolari di immense platee televisive (il commissario Cattani della Piovra o il più recente Padre Pio) e attori prediletti di maestri come Marco Bellocchio; di recitare Shakespeare e Pirandello insieme con la commedia all’italiana nelle sue più varie sfumature, dal comico al grottesco; di essere registi di film d’impegno civile (Un eroe borghese sulla storia vera dell’avvocato Giorgio Ambrosoli) e di storie al femminile raccontate con rara sensibilità (Le amiche del cuore, Del perduto amore, Un viaggio chiamato amore). Più che fare discorsi autoriali, preferisce raccontarsi come “uomo del Sud, cresciuto in una situazione familiare abbastanza felice, appassionato dello stare a tavola, del bere e del mangiare bene”. Allievo dell’Accademia nazionale d’arte drammatica e debuttante nel 1969 nell’Orlando furioso diretto da Luca Ronconi, racconta un passato senza traumi che lo ha reso quello che è oggi: il collegio di preti che l’hanno educato con passione, preoccupandosi “di farmi progredire sul piano dello studio più che su quello della spiritualità”; la caserma di Pubblica sicurezza dove, mentre si preparava a diventare poliziotto, scoprì il piacere della lettura: “È nella biblioteca della caserma che ho trovato per la prima volta i libri di Sartre e di Pavese”; l’incontro magico con il mondo del cinema, e poi la tv» (Fulvia Caprara).
• «Nasciamo tutti con la voglia di travolgere il mondo. E allora orge, spinelli, occupazione delle piazze. Non fui da meno, a dodici anni ero già scatenato, mi piaceva sbirciare sotto le gonne delle signore. E da ragazzo manifestavo per le strade con i miei coetanei» (da un’intervista di Leonetta Bentivoglio).
• «A quattordici anni, al mio paese, ero iscritto alla Giovane Italia perché i fascisti erano gli unici che facevano attività politica tra i ragazzi. Poi, facendo il poliziotto, mi sono ideologizzato a sinistra: ho fatto il poliziotto perché volevo venire a Roma, era l’unico modo».
• «Quasi tre anni in divisa, per rassicurare un padre geometra, che non gli avrebbe mai permesso di fare l’attore. Nelle ore libere, a preparare l’esame all’Accademia di arte drammatica. Tema del saggio, Le mani sporche di Sartre. Placido arriva mezzo vestito da agente e mezzo da attore alternativo, la commissione ride, nonostante la scena tragica che il candidato sta recitando, ma alla fine lo promuove. “Venivo da una famiglia semplice, di origine lucana. Otto figli, mamma casalinga, la Dc era il partito di riferimento. Abitavamo davanti alla cattedrale e al seminario, aprivi la finestra e ti beccavi un funerale o un matrimonio, papà è stato anche presidente dell’Azione cattolica, poi lasciò la politica, molto deluso, e morì a 54 anni”. Nella capitale, alla vigilia del Sessantotto, il giovane attore passa in un attimo “dal manganello alla contestazione contro i miei colleghi poliziotti. Saltai la barricata in pieno quando si trattò di occupare la scuola di teatro dove ero finalmente approdato”» (da un’intervista di Barbara Palombelli).
• «Pagavano bene e con centomila lire a posa io e i miei amici mangiavamo al ristorante per settimane. Ci dicevamo allegri: “Andiamo a fare una marchetta per il cinema” e recitavamo senza farci troppi scrupoli in film di tutti i generi. Io pensavo al teatro. Avevo esordito con Ronconi nel ’69 ne L’Orlando furioso e il set mi sembrava un diversivo. Un passaggio di tempo tra una tournée e l’altra. Prima di accettare chiedevo sempre chi fosse l’attrice. Baciare Ornella Muti o la Antonelli era molto più importante della trama» (a Malcom Pagani e Fabrizio Corallo) [Fat 4/5/2014].
• «Il primo documentario, Pummarò, lo girai quasi per caso. Ero a Capalbio, vidi dei ragazzi africani che raccoglievano i pomodori. Mi fermai a parlare con uno di loro, mi spiegò che con due mesi in Italia riusciva a pagarsi l’università in Bulgaria. La storia piaceva a Valsecchi, che la raccontò a Claudio Martelli: ci aiutò, portammo il film a Cannes ed ebbe un grande successo».
• «Anche La piovra fu un puro caso. In Rai mi avevano bocciato: “Non ha il fisico, ha la voce stridula, non funziona, nessuno crederà che sia un vero poliziotto”. Il regista, Damiano Damiani, mi venne a cercare e mi convinse mentre recitavo con Strehler ne La tempesta. Il successo fu immediato. Non potevo andare neanche più a fare benzina. In teatro, i miei colleghi che snobbavano la televisione erano sconvolti. Eravamo in scena con Metti una sera a cena di Patroni Griffi. Un cast della Madonna: Florinda Bolkan, Bentivoglio, Remo Girone che poi, a partire da La piovra 2, ebbe un ruolo importante nella serie. Ogni sera, all’applauso finale, quando facevo capolino in teatro si scatenava l’ovazione. (…) A me poi La piovra ha salvato letteralmente la pelle. Stavamo girando Afghan Breakdown in Tagikistan. Una notte Dushanbe, la capitale, si ritrovò in piena guerra civile. I musulmani si erano ribellati al comunismo e in città si era scatenato l’inferno. Venimmo svegliati all’improvviso ed evacuati in tutta fretta verso l’aeroporto con i carri armati. C’erano spari, vittime e scontri a fuoco. A un certo punto per la tensione e per il caldo mi sentii svenire e chiesi urlando di affacciarmi dal blindato. Eravamo in una piazza piena di gente, appena mi videro apparire dall’alto, i manifestanti si fermarono e iniziarono i cori: “Cattania! Cattania!”. Un delirio nel delirio. (…) Nei lunghi mesi di preparazione in Tagikistan avevo fraternizzato con i “cattivi”, diviso pranzo e cena con i rivoltosi, frequentato le tantissime comparse musulmane del film che poi in gran numero, seppi in seguito, si arruolarono con i talebani. Furono loro a darci il nullaosta per fuggire. Provai un fottuto terrore quella notte, lo giuro sui miei figli» [Pagani & Corallo, cit.].
• «Io sono contro una sinistra un po’ snob che scansa il cinema popolare. Quando Antonioni andò a Cannes, i giornali lo incensarono. Pietro Germi fece notare: guardate che a Cannes ci vado anch’io. Non se lo filò nessuno. E poi indovini chi vinse la Palma d’oro e pure un Oscar?».
• «Non bisogna sottovalutare la funzione sociale della televisione, è meglio presidiarla con intelligenza piuttosto che abbandonare il terreno».
• Nel 2008 ha fatto recitare a San Luca, nella Locride, 120 bambini «anche figli di latitanti o di boss inghiottiti nella faida» (Attilio Bolzoni), dopo aver trasformato in teatro una vecchia aula di scuola. L’idea è nata all’indomani della strage della ’ndrangheta in Germania, il 15 agosto 2007: «Subito dopo il massacro di Duisburg ho visto in tivù le facce di quei ragazzi di San Luca, loro che fissavano le telecamere e che sembravano come bestie in un recinto. Come se appartenessero a un altro mondo. Ma non li vedevo colpevoli, li vedevo vittime. L’emozione è durata per un po’ , ho capito che doveva trasformarsi in qualcosa e così ho deciso di andare laggiù». Prese contatti con il parroco e l’ex sindaco, mandò in Aspromonte due suoi attori di Tor Bella Monaca, che organizzarono i corsi, trovò i finanziamenti. In estate lo spettacolo: Neruda e Shakespeare.
• Cinque figli: Violante (1976), Michelangelo (1990), Brenno (1991) dall’ex moglie Simonetta Stefanelli, Inigo (1988) da Virginie Alexander, Gabriele (2006) da Federica Vincenti, 36 anni più giovane di lui, sposata nel 2012: «Vuoi mettere una coppia di sessantenni e avere vicino una ventenne? Bisogna godere della giovinezza».
• Di sinistra, nel 2008 ebbe un duro scontro con Raffaele Lombardo, il candidato del Pdl che poi sarebbe stato eletto presidente della Regione Sicilia, durante una puntata di Tetris (il surreality condotto su La7 da Luca Telese). Tutto nacque dalla sua frase: «Per cinque anni non dovremmo candidare alle elezioni politiche uomini del Sud. Hanno dato e danno quotidianamente uno spettacolo indecente di mafiosità, malaffare e incapacità».
• Ogni 7 agosto torna in Puglia per preparare con la madre la conserva di pomodoro.
• Luca Argentero, protagonista de Il grande sogno: «Ero sul set. Dico due parole, lui [Michele Placido] arriva, legge il testo, lo straccia e improvvisa un comizio con le vene del collo che gli scoppiano e la voce roca, la troupe che si commuove. Poi scende dal palco e dice: “Ecco, una cosa così”» (a Luca Telese) [Fir 11/2010].
• «Me lo dicono spesso: “Perché non scrivi un libro? Che ti ci vuole?”. Ho una sola certezza. Non succederà mai».