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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Piero Pizzi Cannella

• Rocca di Papa (Roma) 20 novembre 1955. Pittore.
• «Vorrei essere considerato un pittore sanamente reazionario».
• Appartiene al gruppo d’artisti romani (oltre a lui Nunzio, Tirelli, Dessì, Ceccobelli, Gallo ed altri ancora) che fecero i loro esordi tra fine anni Settanta e primi Ottanta,  e si riunirono in una sorta di gruppo che prese nome dall’indirizzo del loro studio, in via degli Ausoni, San Lorenzo, Roma. Poi hanno preso strade diverse. «Mi piace essere considerato un pittore non surrealista, non metafisico, non concettuale, non espressionista, e neanche impressionista, non voglio essere nulla di tutto questo, voglio fare il pittore, la pittura non è una lingua morta, sto ancora cercando quella virgola che cercavo 30 anni fa, da aggiungere alla storia della pittura». Dipinge su grandi quadri a fondo scuro oggetti baluginanti che sembrano apparizioni: ventagli, vestiti vuoti, lampadari, goioielli, tratteggiati in bianco e oro, con bagliori di luce che ricordano Rembrandt. «Mio padre aveva per la pittura una passione amatoriale, maneggiava tubetti di colore, piccole tele, così ho scoperto l’arte fin da piccolissimo», e aggiunge: «La mia è una famiglia popolare, ho fatto una scuola tecnica, poi mi sono iscritto a Filosofia e insieme all’ Accademia, ma non ne ho finita nessuna. Leggevo Nietzsche e Dostoevskij, mi appassionavo per i maestri della pittura, i grandi del Seicento, ma anche i moderni, e andavo a sentire le lezioni di Cesare Brandi e quelle di Filiberto Menna all’università».
• «Inizi difficili: a 17 o 18 anni, per campare, faceva piccole copie di quadri, Caravaggio, Poussin, Vélazquez, o quadri più grandi ripresi da paesaggisti di fine Ottocento. Dopo vengono mestieri diversi, bookmaker delle corse di cavalli, giocatore di biliardo quasi professionista, il tutto per comprare colori e tele. Poi comincia la storia: due mostre a La Stanza, siamo nel 1977, spazio espositivo autogestito dagli artisti: lì lo vedono i critici romani ma sarà Achille Bonito Oliva, dice Pizzi Cannella, a capire nel 1984 “il lavoro di sottrazione che facevo sulla tela per arrivare come a un nucleo centrale, sospeso nella memoria”. Ma adesso, a fine anni Settanta, la ricerca dell’ artista è ancora quella concettuale ma ormai portata quasi al limite. “L’ ultima mostra a La Stanza era un profilo di un uomo, un autoritratto immaginario, allora riprendo la matita e ricomincio a disegnare”. Il processo è lungo, a un certo punto Pizzi Cannella si ritira in un casale fuori Roma, sta lì dal 1980 al 1982, e riscopre la pittura, i colori, fino a che sceglie, nel 1982, le terre, i bruni, i neri, una tavolozza che, da allora, non ha più abbandonato» (Carlo Arturo Quintavalle). (a cura di Lauretta Colonnelli).