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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Giuseppe Pisanu

• Ittiri (Sassari) 2 gennaio 1937. Politico. Eletto alla Camera nel 1972, 1975, 1979, 1983, 1987, 1994, 1996, 2001, al Senato nel 2006 e 2008 (Dc, Forza Italia, Pdl). Sottosegretario al Tesoro nei governi Forlani, Spadolini I e II, Fanfani V (1980-1983), alla Difesa nel Craxi, Fanfani VI, Goria, De Mita (1986-1989). Prima ministro per l’Attuazione del programma e poi ministro dell’Interno (dal 3 luglio 2002 in sostituzione del dimissionario Claudio Scajola) nel Berlusconi II e III (2001-2006). Presidente della Fondazione Medidea.

• «Viene dalla terra, da una famiglia di agricoltori lontana dalle dinastie intellettuali della città come i Segni, i Berlinguer, i Siglienti, i Cossiga, più o meno peraltro imparentati. Non ha mai avuto il complesso delle origini, anzi le ha rivendicate, si è laureato in Agraria, del resto, e dalla sardità come isolanità ricava aneddotica: “Mio padre ci ha messo vent’anni ad ammettere che il parmigiano è buono quanto il formaggio sardo» (Alessandra Sardoni). Iniziò la carriera nella pubblica amministrazione come funzionario di enti locali.

• «Arrivò a Montecitorio nel 1972; però i giornalisti lo scoprirono l’estate di tre anni dopo quando Benigno Zaccagnini, eletto a sorpresa segretario dc (per prestidigitazione morotea, in realtà) se lo portò nella stanza a fianco alla sua, a piazza del Gesù, come capo della segreteria politica. Pare di ricordare fosse un antro un po’ buio, con un eccesso di stucchi, dove comunque egli imparò presto quel rude mestiere che sta fra il centralinista telefonico, il ciambellano di palazzo e l’uomo che fa le nomine. La nuova segreteria era abbastanza sparata sulla linea del confronto, s’intende con il Pci. Lui stesso si confrontava assai con i comunisti. Decisamente troppo secondo i parametri berlusconiani, di allora e di oggi. Ma non è mai stato l’orizzonte politico il dato saliente del personaggio. Già più interessante è che, grazie anche a lui, la segreteria Zaccagnini si sganciò rapidamente dalla tutela di Aldo Moro, che in un afoso Consiglio nazionale l’aveva appunto tirata fuori dal cilindro. Già nei primi mesi del 1976 Moro, che aveva certamente doti di preveggenza, si riferiva agli uomini intorno a Zaccagnini con l’espressione: “Quelli lì”. In seguito quelle stesse persone divennero – non s’è mai capito bene se per la fantasia onomastica di Forlani o per quella ancora più geniale di Montanelli – “la Banda dei quattro”, oppure “la cricca di Shanghai”. Al congresso del Preambolo, 1980, la Banda dei quattro venne sconfitta e dispersa. Pisanu andò al governo. Sottosegretario di peso. Al Tesoro. E qui per forza di cose e di memoria occorre serenamente ricordare che nel gennaio dell’83 quella esperienza si concluse malissimo, prima con una serie di accuse e infine con delle dimissioni. In un cupo svolazzare di memoriali per via dei rapporti con Flavio Carboni, si disse che fece più del dovuto per salvare Roberto Calvi, anche garantendo ai risparmiatori in sede parlamentare che tutto era ok, pochi giorni prima che Calvi tagliasse la corda. Di quella stagione restano un centinaio di citazioni negli indici degli atti della Commissione P2. Comunque lui rimise il mandato sull’onda dello scandalo del Banco Ambrosiano. Poi però – la Dc era pur sempre la Dc – venne si può dire perdonato, fino a tornare al governo, sempre in qualità di sottosegretario, con Fanfani e con Goria. Nel 1992, si legge nella autobiografia sulla Navicella, “in contrasto con l’onorevole De Mita non è stato candidato”. Stava in realtà per incominciare l’avventura berlusconiana» (Filippo Ceccarelli).

• «Quando il Cavaliere fondò il partito, nel 1994, Pisanu ebbe l’intuito di puntare sul cavallo giusto. E la fortuna di approfittare degli scivoloni altrui. Era vice-capogruppo di Forza Italia alla Camera, quando la vicenda Ariosto mise fuori gioco Vittorio Dotti (ne prese il posto). Ed era malinconico ministro per l’Attuazione del programma, praticamente un Ufo, allorché Claudio Scajola definì Marco Biagi “rompicoglioni”, e fu defenestrato dal ministero dell’Interno» (Ugo Magri).
• «Quando fu ministro dell’Interno dal 2002 al 2006, si comportò come un Buddha super partes. Fece il possibile per distinguersi dal predecessore Claudio Scajola e farsi benvolere dall’opposizione. Creò la consulta islamica e la cooptò al Viminale. La sinistra apprezzò. Al punto che, vinte le elezioni del 2006, l’Unione per bocca del suo filosofo, Massimo Cacciari, lo candidò alla presidenza del Senato. Non se ne fece nulla, ma l’attestato resta» (Giancarlo Perna).
• Da ministro dell’Interno gestì il contestato scrutinio delle elezioni politiche 2006. «La sera dello spoglio delle schede, si presentò a Berlusconi a notte fonda, annunciandogli la vittoria. Due ore dopo il Cavaliere apprese di aver perso per 24 mila voti» (Marcello Sorgi).

• Restò fuori da ogni incarico di governo all’indomani delle elezioni del 2008. Criticò i primi passi del nuovo governo sul problema dell’immigrazione clandestina, definì aberrante colpire le prostitute e non i clienti (il ministro Maroni voleva stilare un elenco di soggetti pericolosi per la sicurezza e inserirvi le prostitute). «Dove stia andando Pisanu ancora nessuno lo sa, ma certo la sofferenza rispetto al Pdl è ormai sotto gli occhi di tutti» (Francesco Bei).
• Durante la XVI legislatura fu presidente della Commissione parlamentare antimafia. Si ricorda una sua relazione in cui certificava «la tesi dell’intreccio fra politica e apparati (naturalmente deviati) dietro le stragi di mafia del 1992-93 e quella della “democrazia in pericolo”. Ci sono “tre verità che si giustappongono senza mai fondersi: quella giudiziaria, quella politica, quella storica”, disse. Il concetto piacque, la relazione fu apprezzata» (Alessandra Sardoni) [Fog 6/11/2010].
• È forse il presidente che più si è avvicinato al modello Violante, giocando di sponda con i magistrati e anticipando alcune testimonianze poi valorizzate dalla procura di Palermo» (Massimo Bordin) [Fog 26/10/2013].
• Dal 2010 iniziò sempre più platealmente a smarcarsi dalle posizioni di Berlusconi. I giornali inserivano sempre il suo nome nelle liste dei dissidenti in procinto di abbandonare il Pdl ed egli stesso promosse (nell’aprile 2012) anche un appello in cui chiedeva di andare «oltre il Pdl». Tuttavia non lasciò il partito se non alla fine della legislatura, quando annunciò che alle elezioni politiche del 2013 avrebbe sostenuto la coalizione di Mario Monti (nella quale però non venne candidato).

• Nel luglio 2008 ha istituito la Fondazione Medidea: «Si occupa di politiche per il Mezzogiorno e di problemi dell’area del Mediterraneo».
• «C’è stato un tempo in cui Gheddafi voleva trattare solo con Pisanu, allora ministro dell’Interno. E in cui Pisanu coglieva nelle analisi di Gheddafi sulle tre grandi religioni monoteiste accenti non troppo lontani da quelli di La Pira, nientemeno» (Goffredo Buccini) [Cds 22/2/2011].

• Nel 2006 fu sfiorato dallo scandalo Moggi in seguito a una telefonata in cui aveva perorato la causa della Torres («non ho nulla da nascondere: qualcuno vuole mettermi nel tritacarne»).

• Sposato con Anna Maria Salvatici. Tre figli: Gigi, Angelo (che si occupano anch’essi di politica) e Gianmario (manager di Accenture, consulenze direzionali).
• «Quando non parla di politica è un conversatore brillante, dai molti interessi. Sembra oltretutto che ami l’idea del viaggio: ha raccontato che il suo libro preferito è l’Ulisse di Joyce visto che l’eroe è un viaggiatore sia pure dentro Dublino» (Alessandra Sardoni).