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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Savino Pezzotta

• Bergamo 25 dicembre 1943. Politico. Nel 2008 eletto al Senato con l’Udc. Sindacalista. Ex segretario della Cisl (dicembre 2000 -aprile 2006).
Vita «Barba francescana, una passione per l’orto, radici profondamente cattoliche, com’è profondo il Nord bergamasco da dove proviene, ha una storia che bordeggia costantemente a sinistra. In fabbrica a 15 anni, operaio tessile, si inzuppa di quel misto di cultura operaia, contadina e integralismo cattolico che lo porterà, come è accaduto in molti altri casi, a militare nelle file più oltranziste della sinistra e a scegliere, durante l’autunno caldo, di avvicinarsi a Livio Labor e all’Mpl. Un fatto tragico aveva segnato la sua vita più di qualsiasi altro: suo padre rifiutò di giurare per la Repubblica di Salò, fu deportato e morì in campo di concentramento, Savino non ebbe neppure il tempo di conoscerlo» (Roberto Petrini).
• «Terminate le elementari, a 10 anni aiuta i nonni nei campi, a 12 è apprendista in nero al tornio di un’officina meccanica che sforna viti per l’industria elettronica del boom economico. A 15 la sospirata assunzione nell’azienda tessile Reggiani (“un salto enorme per il figlio di un muratore, la fame, almeno dalle nostre parti, si sentiva ancora”), ma anche Guerra e pace letto in parrocchia, il corso sul protestantesimo, le lezioni “stile Barbiana” su Platone e Aristotele di don Merisio, le passioni culturali da autodidatta, fino alla licenza media presa a trent’anni, “gomito a gomito con i ragazzini che ridevano”» (Giacomo Galeazzi).
• «Mia madre era molto credente e molto rigida, l’ultima esponente di una sorta di giansenismo orobico, mi ha educato a un cristianesimo non bigotto».
• «Quella di Pezzotta è stata una vera leadership, segnata da strappi e cambi di linea anche coraggiosi: prima la firma del contestato Patto per l’Italia (nel 2002), poi la critica feroce al governo Berlusconi per aver tradito quell’intesa e aver portato ad un progressivo impoverimento di quelli che da sindacalista cattolico chiama i “ceti popolari”. È stato Pezzotta a prendere atto della fine dell’unità sindacale, che era stata al centro dell’asse strategico di D’Antoni, e a sposare l’idea dell’“unità competitiva” coniata dal sociologo prodiano Bruno Manghi. Ha sollevato l’esistenza di una vera “questione sindacale” alludendo in particolare alla debolezza di Cgil, Cisl e Uil nella stagione del centrodestra» (Roberto Mania).
• «Ha lasciato la guida della Cisl in anticipo per “evitare una rottura”. E con un comportamento senza precedenti non ha citato, nemmeno solo per gli auguri di rito, né il suo successore, Raffaele Bonanni, né il nuovo segretario aggiunto, Pier Paolo Baretta. Un ticket che Pezzotta ha subìto e sul quale “non ho nulla da aggiungere”, ha detto gelando la platea. Poi, finito il discorso, è scivolato via senza aspettare l’elezione del successore per non stringergli la mano. Nessuna ipocrisia (...) Un segretario che il siciliano Sergio D’Antoni aveva pensato come di transizione. Che a un certo punto ha provato a emanciparsi dal blocco di potere fondato su Sud e pubblico impiego, blocco di potere che governa la Cisl da almeno un ventennio. Ma non ce l’ha fatta» (Enrico Marro).
• Portavoce del Family Day (12 maggio 2007). È stato tra i fondatori della Rosa Bianca (di cui è stato presidente), formazione cattolica creata subito dopo lo scioglimento delle Camere da transfughi dell’Udc (Bruno Tabacci, Mario Baccini) con l’ambizione di essere un quarto polo in grado di superare il 4 per cento dei consensi alle elezioni. Dopo estenuanti trattative si presentarono alle politiche dell’aprile 2008 con l’Udc di Casini. In maggio la prima rottura: Baccini votò la fiducia al governo Berlusconi e si dimise da segretario della Rosa Bianca, Tabacci fu nominato al suo posto, Pezzotta confermato presidente.
• «Vogliamo costruire nel medio periodo un grande partito di centro, per dare risposte a quegli italiani che non potranno essere soddisfatti dalla politica né del Pd né del Pdl».
• Nel 2010 candidato per l’Unione di Centro alla Regione Lombardia.
• Continua a occuparsi di questioni sociali e di cooperazione internazionale attraverso l’associazione “Educatori senza frontiere”, fondata da don Mazzi.
• Presidente del Consiglio italiano per i rifugiati.
• Nel 2006 nominato da Papa Benedetto XVI membro del Pontificio Consiglio giustizia e pace.
• Sposato con Renata Barbetta, insegnante in pensione: «Parliamo di tutto. Senza questa comunanza non so se sarei riuscito a fare il sindacalista: è un lavoro che assorbe, porta via tempo. Le donne dei sindacalisti sono molto importanti» (a Enrica Brocardo). Due figli, Emanuel e Giuditta.
• Detto “l’orso bergamasco”.
Frasi «Ricordo l’angoscia di quando sai che per salvare un’azienda alcuni devono pagarne il prezzo. Conservo le sensazioni di un’assemblea alla Cassera: 600 ragazze alle quali spiegare che solo in 200 sarebbero potute rimanere... E mentre parli guardi quegli occhi e ti immagini le speranze di chi si doveva sposare, le madri che con quel salario tiravano avanti la baracca...» (a Francesco Riccardi).
Il Family Day All’incirca un milione di persone (200-240 mila secondo le stime della Questura) si ritrovarono il 12 maggio 2007 in piazza San Giovanni, a Roma, in una grande manifestazione per una volta non organizzata da partiti o sindacati e il cui senso profondo era l’opposizione ai Dico, ai Pac e a qualunque legge riconoscesse coppie di fatto etero ed omosessuali (su questo vedi Rosy Bindi e Barbara Pollastrini). «Famiglie, famiglie e ancora famiglie. Mamme, papà e bambini nei passeggini, a tracolla, in braccio, presi per mano. “Tutti i bambini fanno ooh...”, è Povia che canta, il vincitore di Sanremo 2006, il menestrello che piace ai preti e alle suore (...) “Un milione e mezzo di persone oggi sono passate in questa piazza”, grida al microfono Savino Pezzotta, l’ex leader cislino, ora portavoce di questa sorta di movimento dei movimenti del rinato orgoglio cristiano (...) Niente bandiere di partito, solo un mare di palloncini colorati che, all’altezza della Scala Santa, reggono su in alto una scritta bianca enorme: “Dico Mai”. È questo, il vero slogan della manifestazione» (...) Poi è lo stesso Pezzotta a mandare il messaggio preciso: “Il Parlamento non introduca la legge sui Dico. Questo non vuol dire, però, non avere a cuore i problemi delle coppie di fatto. Perché questa non è una piazza guelfa, ma una piazza che ama l’Italia”» (Fabrizio Caccia). La battaglia sui Dico, ovvero sull’intenzione del governo Prodi di legalizzare forme di famiglia diverse da quella centrata sul matrimonio (la sigla Dico sta per “Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi”), aprì anche attraverso quella manifestazione qualche ferita all’interno del centrosinistra: dal disagio dei cattolici della Margherita (presente il ministro Beppe Fioroni, assente la collega Rosy Bindi, autrice con Barbara Pollastrini del disegno di legge) al malessere che accompagnò la nascita del Partito democratico, con il matrimonio tra laici e cattolici al primo vero banco di prova. Il centrodestra si presentò compatto all’appuntamento (c’erano, sia pure sotto il palco, tutti i leader: Berlusconi, Fini, Casini e poi la Lega, Letizia Moratti e Roberto Formigoni, il sindaco di Roma Alemanno e la moglie Isabella Rauti, prima lasciata e poi risposata). Del governo, accanto a Fioroni, solo Clemente Mastella. La manifestazione fu anche l’occasione per rivendicare appartenenze e marcare confini (poco distante, a piazza Navona, la Rosa nel Pugno celebrò nelle stesse ore, con molta meno partecipazione e con toni anticlericali, il “Coraggio laico”). «Più che espressione di un “partito di Ratzinger”», tuttavia, la piazza sembrò evocare «la rete anonima e antimediatica delle parrocchie: un Paese “periferico” rispetto ai riflettori dell’attualità ufficiale, ma assai meno virtuale» (Massimo Franco). «Contrariamente a quanto per lo più si pensa, la gerarchia cattolica non ha promosso questo evento, anche se non l’ha subìto. Piuttosto l’ha pilotato e supportato, per farne un segno del radicamento della famiglia nella società italiana» (Franco Garelli).
• L’iter del disegno di legge, varato dal Consiglio dei ministri nel febbraio 2007, subì rinvii, il testo modifiche in commissione Giustizia, ma non se ne fece poi più nulla a causa della caduta del Prodi II.