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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Giampiero Pesenti

• Milano 5 maggio 1931. Industriale. Presidente di Italcementi spa. Presidente della holding Italmobiliare. Dal 2010 è nel consiglio di amministrazione della Fondazione Italia Cina. Ex presidente del patto di sindacato di Rcs MediaGroup. Padre di Carlo (vedi). «La famiglia Pesenti sempre e ininterrottamente, dalla fine dell’Ottocento, presidia ed esprime il top management al vertice del gruppo, che a sua volta dal 1887 ha, sempre e ininterrottamente (guerre mondiali comprese), distribuito il dividendo ai soci. Non credo che lo abbiano fatto molti altri in Europa e nel resto del mondo».
• All’inizio ci fu la carta: «Quella che usciva dalla cartiera di Alzano, a due passi da Bergamo: carta da pacchi, niente a che vedere con i giornali – quelli verranno dopo – seguita con amore da un piccolo imprenditore poco più che artigiano, Antonio, il capostipite dei Pesenti, le radici saldamente ancorate nel passato contadino della famiglia ma la testa già proiettata nel futuro imprenditoriale. Muore giovane, Antonio, e lascia una famiglia numerosa. Comincia così la storia dei Pesenti, che oggi guidano un gruppo che fattura sei miliardi di euro, produce oltre 70 milioni di tonnellate di cemento l’anno in 22 Paesi distribuiti su quattro continenti. Ma che da decenni sono tra i protagonisti della finanza italiana, con posizioni importanti in Mediobanca, dove siedono nel patto di sindacato tra i soci industriali, in Rcs, nella Mittel, in UniCredit dove Carlo Pesenti è consigliere di amministrazione. Quando i Pesenti muovono i primi passi, la situazione è quella dell’Italia di metà Ottocento, non ancora unita, solo con le prime avvisaglie di un’industria che prende forma spesso trainata da gruppi stranieri, francesi, tedeschi, che nell’Italia ancora vergine vedono sbocchi importanti. Succede anche per il cemento che, a quel tempo, dalle parti di Bergamo, futura roccaforte cementiera dei Pesenti, nessuno conosceva: ci pensarono i francesi ad aprire una fabbrica di calce. E fu lì che, come dire, il destino dei Pesenti cambiò. Lasciata la cartiera, nel 1864 a Calzo prende forma – con Augusto, figlio di Antonio – il primo nucleo della futura Italcementi. Il nome è un programma, Società bergamasca per la fabbricazione del cemento e della calce indraulica, che solo sessant’anni dopo, alla vigilia della Marcia su Roma, prese il nome di Italcementi, più conciso, più italico. E qui entra in scena Carlo, il Pesenti che fece grande – anche se alla fine rischiò di azzerarlo – il gruppo. Gli anni di Carlo “primo” sono gli anni del primo e del secondo boom del cemento, gli anni delle prime grandi infrastrutture dell’Italia che voleva il suo “posto al sole” e che, dopo la guerra, doveva ricostruire. L’Italcementi è lì, tra i big, cresce, si rafforza, moltiplica gli utili. Carlo, uomo tutto d’un pezzo, infaticabile lavoratore, zero (o quasi) ferie, nessuna concessione mondana, inflessibile amministratore (“Sono le piccole spese – diceva – che ti mandano in malora”), cattolico fervente (ogni giorno, prima del lavoro, la messa) sfrutta i grandi profitti del cemento e li investe. Diversifica. Compra banche perché le banche servono, diceva, banche a Bergamo e banche a Milano (l’Ibi). Compra assicurazioni, la Ras, una delle maggiori che già allora cercava di tener testa alle Generali. Compra giornali, come Il Tempo di Roma. E a un certo punto compra anche la Lancia. Uomo tutto d’un pezzo, Carlo Pesenti, geloso delle sue prerogative di uomo d’industria e di finanza, deciso in tempi in cui la trasparenza era termine sconosciuto nella finanza. Memorabili le sue assemblee che si aprivano e chiudevano (nonostante si trattasse di società quotate) in un lampo senza mai soddisfare le (poche) domande di qualche sprovveduto azionista di minoranza. Solitario cavaliere dell’imprenditoria italiana del dopoguerra. Odiato e amato. Accentratore infaticabile, incapace di delegare. Tant’è che quando morì, nel 1984, molti immaginarono il diluvio: gli succedette il figlio Giampiero che a cinquant’anni era stato tenuto fuori da tutto. In realtà, grazie anche all’alleanza con la Mediobanca di Enrico Cuccia – con un legame che resiste tuttora, con la presenza della famiglia tra i grandi soci – Giampiero fu l’uomo che salvò – allora – il gruppo sommerso da una montagna di debiti: senza clamori cedette il cedibile, le banche, la Ras, e tenne ferma la barra sul cemento. È un protagonista della “finanza cattolica”, grande amico di Giovanni Bazoli – siedono insieme nel consiglio della finanziaria bresciana Mittel – ma in ottimi rapporti anche con Alessandro Profumo. Si deve a lui, al taciturno Giampiero, amante del basso profilo, poco spazio all’immagine, poche interviste, zero presenzialismo, la seconda vita del gruppo nel cemento: l’espansione all’estero, le acquisizioni. Il grande passo avviene nel 92 con l’acquisizione di Ciments Français. Italcementi diviene una multinazionale, con le presenze odierne nell’Europa dell’Est, in Egitto, in Kuwait, in Cina. Nel 97 l’acquisto della Calcestruzzi dalla Compart. Fuori dal cemento ancora i giornali» (Francesco Spini – Armando Zeni).
• Nel 2004 ha ricevuto la Laurea honoris causa in Ingegneria gestionale dall’Università di Bergamo. Dal 2006 è in costruzione ItcLab (11 mila metri quadri disegnati dall’architetto Richard Meier), il nuovo centro di ricerca e innovazione all’interno del parco scientifico Kilometro Rosso a Bergamo. Investe nella sostenibilità: la sua è l’unica società italiana nel settore dei materiali da costruzione ad essere stata ammessa, nel 2007, nel Dow Jones Sustainability World Index, indice borsistico mondiale di valutazione della responsabilità sociale delle imprese. Il New York Times segnalò il Tx Active, cemento mangia-smog, come il prodotto italiano più innovativo del 2007.
• Nel 2008 indagato dalla Procura di Roma per presunta evasione fiscale (figurava tra coloro che avrebbero depositi a Vaduz, in Liechtenstein). Nel 2014 coinvolto nel filone di indagine su Ubi-Leasing, controllata di Ubi-Banca, e i suoi ex dirigenti Giampiero Bertoli, Alessandro Maggi e Guido Cominotti, ai quali sono contestati i reati di truffa e riciclaggio in una compravendita anomala di beni di lusso (Tgcom24 14/5/2014).
• È sposato con Franca Natta (figlia del Nobel per la Chimica Giulio Natta), tre figli.