31 maggio 2012
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Biografia di Lea Pericoli
• Milano 22 marzo 1935. Ex tennista.
• «È stata fra le pioniere delle telecroniste sportive, come seconda voce, tecnica, prima alla Tv Svizzera, poi a Telemontecarlo, quindi a La7 e a Sky. Come tennista ha dominato per vent’anni in campo nazionale soprattutto grazie alla sua straordinaria grinta, aggiudicandosi addirittura 27 titoli italiani fra singolare, doppio e doppio misto, e stabilendo quindi un record imbattibile. Ma ha brillato anche in campo internazionale, soprattutto nei tornei del Grand Slam, sull’erba di Wimbledon, dove ha raggiunto tre volte gli ottavi di finale. È rimasta soprattutto famosa per le azzardate tenute di gioco e i pizzi che spuntavano dal gonnellino» (Enrica Speroni) [Gds 25/2/2005].
• «Mio padre stato il primo civile a entrare ad Addis Abeba. Aprì una ditta di importazioni e diventammo ricchi ma scoppiò la guerra, arrivarono gli inglesi e lo fecero prigioniero. Doveva finire in India ma ai tempi delle stragi di Graziani papà aveva salvato tante persone, tra cui il cameriere personale dell’Imperatore. Il Negus lo graziò e lui fece di nuovo fortuna, per poi perdere di nuovo tutto. Più volte».
• «Ha solo un paio d’anni quando si ritrova ad Addis Abeba, poi a Nairobi, all’Asmara e, più avanti, in Svizzera per terminare gli studi. Anche il primo grande amore non tarda a mostrarsi: “Cominciò dopo la guerra – ha raccontato lei – tornavamo indietro dall’Asmara, dove eravamo sfollati e mio padre ci portò ad Addis Abeba. Nel giardino della grande villa in cui andammo vidi per la prima volta un campo da tennis. Avevo nove anni. Il tennis mi folgorò subito. È un gioco bellissimo in cui si uniscono la forza, la tecnica, l’intelligenza e il coraggio”. E la storia di Lea Pericoli si mischia e si confonde con quella del tennis. Lei che era la grazia in persona sarà presto ambasciatrice di uno sport destinato a diventare sempre più popolare. Nel 1955 vince il primo titolo italiano nel doppio femminile e nel misto. Nel 1957 conquista la Coppa Duncan a Montecarlo e nel 1958 il titolo nazionale nel singolo. Ne seguiranno molti altri e il bilancio sarà di dieci titoli nel singolo, undici nel doppio e sei nel doppio misto. Tiri, smorzate, pallonetti. La classe, la caparbietà, la resistenza. Un sorriso che conquista subito e lo sguardo attento e curioso. Con Lea Pericoli cambia anche il modo di scendere in campo: le gonnelline corte, i top aderenti e scollati, un tocco di frivolezza, i merletti più maliziosi. Alcuni di quegli abiti sono oggi esposti al Victoria and Albert Museum di Londra. Nel 1972 è eletta Lady Milano. Poi la carriera che si avvia al tramonto e un’altra, quella di giornalista, che parte immediatamente. La chiama Indro Montanelli al Giornale, poi la Tv Svizzera, Telemontecarlo, la Rai. Lea Pericoli non si ferma mai. Vincerà anche una delle battaglie più difficili della vita sconfiggendo il male più terribile. E non perderà occasione per stare al fianco delle donne costrette a entrare nello stesso tunnel. “Il mio amore per il tennis non ha confini – ha confessato – è stata una vera, smisurata, emozionante passione”» (Franco Tettamanti) [Cds 9/12/2008].
• «Noi del tennis, e non solo noi, siamo stati tutti innamorati della Lea. In un paese cattolico come il nostro, è difficile sfuggire a un’immagine femminile che idealizziamo, sia quella che non oso dire, sia la mamma, sia la moglie. Insomma, l’amore (…) Oltre a me, era innamoratissimo di sua figlia il famoso coach australiano Dinny Pails, allenatore della nazionale italiana. Confuso com’era, il poveruomo cercò, come certi mariti anziani, di spingere la giovane a dei mutamenti che imitassero il suo stile, e fu questa la principale ragione per la quale la Lea fu una campionessa meno fulgida di quanto avrebbe potuto. Lea ha infatti vinto molto, ma forse meno di quanto le avrebbe consentito quel fisico da mannequin, come allora si chiamavano le top model. Dopo averle dedicato qualche dozzina di ore di una vita di spettatore riscattata solo dalla sua presenza, le ho chiesto quale dei suoi match ricordasse con più emozione, oltre alle prime partite milanesi, il titolo junior italiano del 1952, il tempo in cui si divideva tra San Siro, incapace di dimenticare il suo cavallino d’Africa, e tanto disinvolta in groppa che qualcuno provò ad offrirle la possibilità di una gara, contro autentici fantini. Forse il primo successo internazionale a Crans Montana? Forse gli ottavi di finale al Roland Garros, a soli vent’anni, che equivalevano a sedici delle attuali contemporanee, prodotte e ipersviluppate in laboratori tennistici? Non poteva dimenticare, certo, i successi su tre Number One mondiali quali Ann Haydon, Virginia Wade, e l’inventrice del femminismo tennistico, Billie Jean King. Ma anche le cinque finali romane insieme a Silvana Lazzarino, e, sempre con quella che battezzai Minnie, i tre consecutivi titoli a Montecarlo, sua città adottiva, e la supercoppa d’argento offerta da un gentiluomo dal nome indimenticabile, Lord Highlife» (Gianni Clerici) [Rep 16/3/2015].
• «Mi piacerebbe giocare in coppia con papa Francesco, contro la mia amica Lea Pericoli» il sogno di Nicola Pietrangeli. Su di lui lei ha scritto la biografia C’era una volta il tennis (Rizzoli, 2007).
• «Io ho vinto 27 titoli italiani, ma pensa a Pietrangeli: 4 finali del Roland Garros e 2 vittorie. Un altro mondo. Bello, però. Eravamo poveracci che giravano e si divertivano un sacco. Tra un match e l’altro giocavamo a poker per levarci due lire. Accettavamo gli inviti belli, io adoravo il Cairo. «Con Nicola siamo diventati amici dopo, a forza di leccarci le ferite a vicenda. Un grande talento ma poca volontà, l’avesse avuta sarebbe stato il più grande, ma lui ripete che si è divertito tanto lo stesso. Un po’ come Adriano» (a Roberto Perrone) [Cds 16/3/2015].
• «Potrei essere una donna infelice, ho avuto tante storie e ora vivo sola. Però ho tanti amici e la mia esistenza è stata ricca perché ne ho apprezzato ogni minuto. E poi gioco a golf. Rincorro sempre una pallina. Nell’altra vita dovevo essere un cane».
• «Mi chiedi perché non l’ho sposata? Me lo sono chiesto anch’io, più di una volta. Ma eravamo sempre tutti e due così occupati…» (Nicola Pietrangeli a Gianni Clerici) [Rep 16/3/2015].
• Nel 1971 s’ammalò di cancro: fatto all’epoca inconsueto, decise di rendere nota la sua malattia e, spinta da Umberto Veronesi, di far campagna per la prevenzione. Guarita, nel 1973 vinse nuovamente il titolo italiano.
• «Nel 2013 ho avuto un altro intervento e non l’ho detto quasi a nessuno. Ora c’è un bel legame con Marco Alloisio dell’Humanitas, che mi ha operata e con lui ci impegniamo per i bambini».
• Una villetta a schiera comprata dall’ex tennista Paolo Canè, divenuto immobiliarista [Luca Bottura, Cds 2/2/2009].
• Oggi veste Missoni.