Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Antonio Pennacchi

• Latina 10 settembre 1950. Scrittore. Premio Strega 2010 con Canale Mussolini (Mondadori). «Bello o brutto che sia, questo è il libro per cui sono venuto al mondo. Fin da bambino ho sempre saputo di dover fermare questa storia e raccontarla prima che svanisse. Nient’altro. Solo questo libro».
• Ex operaio («30 anni di fabbrica e 20 di esposizioni all’amianto»), laureato in Lettere dopo i 40 anni. «Iscritto al Msi e poi espulso nel 1968, approdato a Servire il Popolo, al Psi, alla Cgil, alla Uil, al Pci e poi di nuovo alla Cgil, ed espulso anche da lì» (Francesco Erbani).
• Il suo romanzo d’esordio, Mammut, ricevette 55 rifiuti da 33 editori (lo spediva anche più di una volta dopo averne cambiato il titolo o il nome dell’autore), prima di essere pubblicato da Donzelli nel 1994. Con lo stesso editore pubblicò anche Palude (1995) e Una nuvola rossa (1998). Nel 2007 con Mio fratello è figlio unico Daniele Luchetti portò sullo schermo il suo romanzo Il fasciocomunista (Mondadori, 2003). Accio è lui, si disse del personaggio interpretato da Elio Germano, ma lui non è d’accordo: «L’hanno scritto senza mai farmi una telefonata» (la sceneggiatura è stata firmata, oltre che dal regista, da Stefano Rulli e Sandro Petraglia). Nello stesso anno l’attore Clemente Pernarella interpretò a teatro il monologo L’autobus di Stalin, tratto dal libro omonimo (Vallecchi, 2005). Da ultimo ha pubblicato il romanzo di ambientazione fantastica Storia di Karel (Bompiani, 2013), un omaggio agli scrittori di fantascienza. «È una scommessa che mi porto da ragazzo, quando divoravo i libri della collana Urania. E poi Ray Bradbury. Intendiamoci: a me interessa questa fantascienza, non quella dei mostri metallici alla Robocop» (a Francesco Erbani) [Rep 18/12/2013].
• S’ammala dopo ogni libro che scrive: «È il mio tributo alla letteratura. Dopo Mammut ho fatto due ernie del disco. Subito dopo Palude ci fu un primo infarto. Immediatamente dopo la prima stesura de Il fasciocomunista giunse il secondo infarto e mi misero tre by pass. Poi mi ruppi una vertebra. Ero terrorizzato all’idea che con Canale Mussolini mi accadesse qualcos’altro. Avevo paura di non riuscire a finirlo. E quando l’ho concluso, ho detto: beh, e adesso che è finito, che campo a fare?» (ad Antonio Gnoli) [Rep 21/1/2011].
• Da quando ha tolto la tuta da operaio, indossa sempre la cravatta, anche se non esce di casa. L’ha messa la prima volta a quarant’anni suonati per fare gli esami all’università. «Se sono un buon padre, un buon marito e soprattutto un buon nonno è grazie alla fabbrica. Mi ha aiutato a superare la mia famiglia d’origine e a cercare la comunità, la solidarietà, l’amicizia. Mi ha accompagnato nel costruire la mia di famiglia. In fabbrica ho imparato tutto» (a Malcom Pagani) [Fat 2/2/2014].
• Alle elezioni comunali del 2011 a Latina si schierò a supporto della lista locale di Futuro e Libertà, ponendo come condizione il sostegno di quest’ultima al candidato del centrosinistra in funzione anti-berlusconiana. Il progetto venne però bloccato dal partito di Gianfranco Fini. La lista si presentò comunque con il nome “Pennacchi per Latina - Futuro e Libertà” correndo da sola con un proprio candidato sindaco e raccogliendo meno dell’1% dei voti.
• Si sente oggi più comunista che fascio. «Tra la dittatura della borghesia e quella del popolo, io preferisco la dittatura proletaria. Io sono uno scrittore della classe operaia» (a Barbara Romano) [Lib 6/2/2011].
• «Stimo Silvia Avallone, ma quelli che sento più vicini sono Paolo Nori e Antonio Pascale. Sono autentici. Sinceri. Non fanno sconti al lettore. Non consolano. “Questo è così”, altrimenti vaffanculo. Più che autofiction fanno auto-fission che in francese non è solo autofinzione, ma autofissione, tentativo di dissezionarsi, quasi fusione nucleare (…) Manzoni, Beppe Fenoglio, il più grande scrittore del ‘900, e Flaiano. Tempo di uccidere rimane un libro enorme. Peccato che poi lo stronzo si sia messo a fare cinema. Doveva scrivere romanzi. Il meglio della sua produzione l’ha rubato Fellini che si pavoneggiava sostenendo che i suoi film fossero senza sceneggiatura. Ma vai a fare in culo! 8 e 1/2 è l’autobiografia di Flaiano» (a Pagani cit.).
• Fratello di Gianni (1945-2009), ex Servire il popolo, giornalista prima della Stampa e poi del Giornale, e di Laura (Latina 9 luglio 1948), economista che fu sottosegretario al Tesoro nel Prodi I e nel D’Alema I (1996-1999), poi membro della direzione nazionale del Pd. «Tutti i miei fratelli erano di sinistra. Io ero il ribelle. Mi chiamavano Antoniaccio».
• «Mia madre diceva che parlo a vanvera. Mia moglie che sono un incontinente verbale».
• «Canale Mussolini in parte l’ho scritto sotto dettatura dei miei morti. Di mio padre e mia madre, della gente che ho conosciuto e che non c’è più. Loro sono come i penati dell’antichità. Le loro voci mi arrivano dentro e a volte mi fanno piangere» (a Gnoli, cit.)
• Sposato, due figli.
• Tifoso del Latina e della Roma, non va allo stadio da tantissimo tempo. «Non ce la faccio neppure a guardare le partite, mi danno ansia. Da giovane andavo sull’autostrada per tirare i sassi a quelli del Frosinone, quando era il giorno della partita. Ero un teppista, mica un bravo ragazzo» (a Luca De Carolis) [Fat 18/6/2013].
• Con i soldi dello Strega si è comprato una Fiat Croma fuori produzione.
• «Ho avuto un solo grande, infantile e bellissimo: diventare campione mondiale di boxe nella categoria dei massimi».