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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Eraldo Pecci

• San Giovanni in Marignano (Cesena e Forlì) 12 aprile 1955. Ex calciatore. Centrocampista, col Torino vinse lo scudetto del 1976, giocò in A anche con Bologna, Fiorentina, Napoli. Sei presenze in Nazionale. Poi commentatore tv. «Come diceva Camus, scrittore e portiere: ho girato e visto tanto, ma tutto quello che so lo devo al calcio».
• «Nel Torino giocavo come playmaker classico. E giocavo bene, diciamolo pure: al punto che Bearzot mi aveva fatto esordire in Nazionale a vent’anni» (a Marino Bartoletti).
• «Adesso che non gioco più a pallone sa che sport faccio? Il “Gluking”... Non sa cos’è? Si va sulla spiaggia di Riccione, anche se io sono cattolichino, cioè nativo di Cattolica, si tirano i sassi sull’acqua del mare e vince chi sente più volte il suono “gluk”. Vinco sempre, gioco da solo...» (a Massimiliano Castellani) [Avv 6/12/2013].
• Appassionato di scrittura, nel 2013 è uscito il suo primo libro, Il Toro non può perdere. La magica stagione ’75-’76 (Rizzoli): «Era il Toro dei gemelli del gol, Paolo Pulici e Ciccio Graziani (“Ciccio che ancora oggi dice ‘l’albitro’ e noi ridiamo come asini”), del carismatico mister Gigi Radice che batteva la mano sul cuore dei granata prima che scendessero in campo e che alzava gli occhi in segno di resa, quando il giovane Eraldo lo informava di “non riuscire a dormire nel ritiro a Como, perché sopra c’è Chiasso”. Un calcio più allegro e romantico, con tanto di “poeta del gol”, Claudio Sala. E lì in mezzo a recuperare palloni e a mettere un po’ d’ordine, il piccolo-grande Pecci, detto “barattolo”, ma per lo scriba massimo del fòlber, Gianni Brera, affettuosamente: “Il mio fratello grasso”» [Castellani, cit.].
• «Un gol di Maradona viene subito dopo una bella poesia».
• «Lui, ventenne, appena arrivato dal Bologna con qualche nostalgia iniziale, figlio di comunisti nella città della Fiat, infuriato col “compagno” Sollier perché il Perugia aveva battuto il Toro operaio facendo il gioco dei padroni. Il racconto di un’impresa forse irripetibile e dei suoi umili compagni di strada. L’autista “Barba” che dorme con un pitone. La tifosa “Bagna Cauda” che s’affaccia al balcone al passaggio del pullman.
• Il magazziniere Brunetto che fa i traslochi con un furgone intestato a Gianni Agnelli. In quel Torino, Pecci arriva che è militare. Bersagliere. Il capitano una volta gli chiede il favore di entrare in campo portando il cappello con la piuma. Va in ritiro con la squadra dopo aver scoperto la fidanzata con un altro. “Ero al Toro da due ore e già avevo le corna”. Perché Pecci le cose le racconta così» (Angelo Carotenuto) [Rep 24/4/2013].
• «Fuori dal campo ero un casinaro».
• «Un affabulatore meraviglioso venuto su nei bar della Romagna dove lavorava da ragazzino prima di spiccare il volo sui campi di calcio» (Pierangelo Sapegno).