Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Filippo Pappalardi

• Gravina (Bari) 28 settembre 1966. Camionista. Padre di Francesco (Gravina 3 ottobre 1992) e Salvatore (Altamura 24 agosto 1994), i due bambini scomparsi il 5 giugno 2006 e ritrovati morti il 25 febbraio 2008 in fondo a un pozzo a poche centinaia di metri da casa, sepolti nella cisterna di una masseria diroccata nel centro di Gravina. Secondo l’ipotesi più probabile, i bambini caddero per l’improvviso cedimento della balaustra di protezione di una caditoia da un’altezza di circa 14 metri.
• Filippo Pappalardi e Rosa Carlucci si sposarono nell’89 per lasciarsi nel 1997 dopo otto anni di incomprensioni e litigi. Fulvio Milone: «In tribunale la causa di separazione fu lunga e dolorosa. Rosa accusava il marito di maltrattare lei e i figli: oltre Ciccio e Tore, anche la primogenita, F. Lui contraccambiava dicendo che Rosa non sapeva educare i bambini, era assente e “moralmente inadeguata” alla gestione della casa». Nel 2001 il Tribunale affidò i bambini al padre, la moglie non essendo più in grado di mantenerli. Ciccio e Tore andarono a stare col padre e la sua nuova compagna, Maria Ricupero, due figli da un matrimonio precedente, un’altra figlia da Pappalardi.
• Accusato da un bambino che diceva di averlo visto con i figli poco prima della scomparsa, sospettato per alcune intercettazioni in gravinese stretto in cui secondo l’accusa diceva alla compagna «non lo dire a nessuno dove stanno i bambini. Come è vero Iddio, mi uccido» (trascrizione della difesa: «Se fanno del male ai bambini, mai sia, mi uccido!»), il Pappalardi fu arrestato il 27 novembre 2007 con le accuse di sequestro di persona, duplice omicidio aggravato e occultamento di cadavere. Ai domiciliari dall’11 marzo 2008, in libertà definitiva dal successivo 4 aprile, la Cassazione ha stabilito che l’ordinanza di custodia cautelare della Procura di Bari fu illegittima.
• «A Gravina di Puglia c’è un buco ancora più profondo del pozzo che ha inghiottito Francesco e Salvatore Pappalardi. Si apre la sera del 5 giugno del 2006, quando i due ragazzini sono scomparsi, e si chiude almeno 24 ore dopo: è il buco delle ricerche. In questo periodo, come hanno dimostrato le autopsie, c’era ancora la possibilità di salvare i due bambini. Ciccio è morto dopo 4-5 ore dalla caduta. Tore avrebbe resistito dalle 24 alle 36 ore. In quei minuti decisivi, fuori dal pozzo, le indagini non hanno funzionato. Gli investigatori erano convinti che si trattasse di un allontanamento dovuto a una bega familiare, una storia di figli contesi tra madre e padre. Aspettavano che uno dei due genitori li tirasse fuori. E così non sono andati nemmeno dove il padre dei due bambini aveva indicato loro di guardare. Una circostanza che, alla luce dell’ordinanza di scarcerazione dell’uomo, diventa inquietante. Nella notte della scomparsa Filippo Pappalardi racconta infatti agli agenti del commissariato di Gravina di aver saputo dalla mamma di uno degli amichetti che Ciccio e Tore la sera di quel 5 giugno, all’incirca alle 20, erano in via Ianora, nei pressi del municipio. La prima volta lo racconta informalmente. E poi, per due volte il 7 e l’8 giugno, lo confermerà anche a verbale. Non viene creduto: “Un chiaro tentativo di depistaggio”, scriverà poi il gip nel novembre 2007, ordinandone l’arresto per omicidio. Probabilmente non era così: da via Ianora a via Consolazione, dove si trova il rudere che ha custodito per 20 mesi i corpi, c’è una distanza come quella tra una porta e l’altra in un campo di pallone. Il rudere, come raccontano gli abitanti della zona, era un abituale ritrovo di gioco per i ragazzini del paese» (Giuliano Foschini).
• Di nuovo in manette nel giugno del 2013 per contrabbando di carburanti: con altre 73 persone viene accusato di aver sottratto dalla raffineria Eni di Taranto e rivenduto in nero, tramite distributori e depositi compiacenti, ingenti quantità di gasolio destinato alle navi.