Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Antonio Papalia

• Platì (Reggio Calabria) 26 marzo 1954. ’Ndranghetista, a capo, insieme ai fratelli Domenico e Rocco, della omonima cosca, operante a Platì e in Lombardia. In carcere dal 19 settembre 1992, al 41 bis dal 9 giugno 1998, detenuto a Cuneo, in espiazione della pena dell’ergastolo per associazione mafiosa, omicidio, narcotraffico, rapina, armi (ma anche tentato furto), delitti commessi tra il 1973 e il 1992.
• Prima di finire in carcere era ritenuto il capo della ’ndrangheta al Nord. Secondo il pentito Francesco Fonte è tra i sette ’ndranghetisti che ricoprono il grado (nel gergo ’ndranghetista “dote”) di “associazione” (nella gerarchia della ’ndrangheta superiore perfino al grado di “vangelo”).
• Roccaforti della cosca i comuni di Corsico e Buccinasco, nell’hinterland milanese, attività predilette estorsione e narcotraffico. «Se capitava una ditta che arrivava da fuori perché aveva vinto un appalto, o pagava la tangente oppure saltavano per aria a colpi di dinamite i messi di lavoro» (il pentito Saverio Morabito nel processo milanese “Count Down - Wall Street”). L’eroina veniva importata dalla Turchia, socio d’affari Francesco Sergi, anche lui originario di Platì, che nell’86 affittò (dal padre della sua figlioccia) un cascinale nel bergamasco, a Rota Magna, per raffinare la droga (ci lavoravano due francesi, pagati 20 milioni di lire per ogni chilo prodotto). L’idea della raffineria era venuta a Roberto Pannunzi, calabrese, che si diceva in grado di smerciare l’eroina negli Usa (fu arrestato in Colombia nel 94) (Mario Guarino).
• Il 27 aprile 2006 fu condannato in via definitiva per aver fatto ammazzare – e poi bruciato - un cognato, Antonio Pacileo (il 15 giugno 89, in località boschiva nei pressi di Varallo Pombia, Novara), perché si era dimenticato di pagare una partita di droga a un suo affiliato.
• Secondo il pentito Saverio Morabito i Papalia si davano da fare nel milanese anche a sostenere candidati elettorali, di corrente socialista, «per accaparrarsi ogni sorta di vantaggio». Un altro pentito rivelò, tra l’altro, alla direzione nazionale Antimafia (memoriale pubblicato sull’Espresso il 9 giugno 2006), che nel 92, in una riunione tra boss nel ristorante “Pierrot”, in zona Ripamonti, a Milano, Antonio Papalia si offrì di presentare il sindaco socialista di Milano Paolo Pillitteri, «con cui aveva già concluso affari», a due ’ndranghetisti di San Luca, Stefano Romeo e Giuseppe Giorgi: «Grazie ai buoni uffici di Pillitteri, la famiglia di San Luca ha perfezionato l’acquisto di un bar in Galleria Vittorio Emanuele, che poi è stato sequestrato proprio perché comprato con soldi sporchi, quello di un altro bar in via Fabio Filzi e di altri locali dei quali ho sentito parlare ma che non ho seguito direttamente» (il suggerimento di rivolgersi al Pillitteri sarebbe stato dato dall’allora ministro degli Esteri Gianni De Michelis, socialista anche lui).
• Tra i motivi a fondamento dell’applicazione a suo carico del regime del carcere duro, «l’insidiosissima attività di depistaggio processuale da lui gestita dal carcere negli anni 1995-1996 attraverso falsi pentiti da lui appositamente istruiti, neutralizzata soltanto grazie alle inoppugnabili rivelazioni di collaboratori di giustizia non coinvolti nel piano organizzato dall’attuale ricorrente» (Cass. 18 ottobre 2005).
• In Buccinasco gli furono sequestrati una villa, in via Fratelli Rosselli (aveva una vasca da bagno grande come una piscina, fu poi assegnata alla Croce Rossa), e il bar “Trevi” (ha ancora la serranda chiusa). Peraltro risulta ammesso al gratuito patrocinio in un procedimento penale del 2002 davanti alla Corte di Assise di Monza (il difensore è ancora in attesa della liquidazione). (a cura di Paola Bellone).