31 maggio 2012
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Biografia di Marco Pannella
• (Giacinto) Teramo 2 maggio 1930 – Roma 19 maggio 2016. Politico. Radicale. «Amo troppo la vita, per avere paura della morte».
Vita • Laurea in Giurisprudenza all’Università di Urbino nel 1953, fece carriera nella sezione giovanile del Partito Liberale e attorno alle pagine del Mondo di Mario Pannunzio. Si unì alla corrente di sinistra del partito quando nel 1956 se ne andò per fondare il Partito Radicale, di cui divenne per la prima volta segretario nel 1963, portando avanti una linea politica apertamente anticlericale e antimilitarista e guidando il partito in numerose battaglie per il riconoscimento dei diritti civili e politici, a cominciare dagli anni ’70, dal referendum sul divorzio (1974) all’aborto. È stato a lungo parlamentare, dal 1976 al 1992. Tra l’altro, anche presidente della XIII circoscrizione del Comune di Roma (Ostia), consigliere comunale a Trieste, Catania, Napoli, Teramo, Roma e l’Aquila, oltre che consigliere regionale del Lazio e dell’Abruzzo. Il miglior risultato di una lista a lui riconducibile risale alle elezioni europee del 1999, quando la Lista Bonino ottenne l’8,4 per cento, tra lo stupore generale. Dal 2000 in poi, i risultati elettorali divennero progressivamente meno esaltanti, fino alle percentuali da prefisso telefonico degli ultimi anni. L’ultimo incarico ufficiale nel 2004, quando era stato eletto al Parlamento Europeo con la Lista Bonino.
• Tra le candidature dei suoi Radicali, indimenticata quella della pornostar Ilona Staller, in arte Cicciolina, eletta deputata nel 1987 con 20mila preferenze, seconda solo allo stesso Pannella. Tre anni prima viene eletto eurodeputato con i Radicali Enzo Tortora, prima condannato per fatti di droga e poi assolto con formula piena. Nel 1983 era stato eletto alla Camera Toni Negri, ex leader di Autonomia operaia, con 13mila preferenze. Nel 1979 Pannella era riuscito a portare a Montecitorio Leonardo Sciascia, che vi sarebbe rimasto, come deputato radicale, fino al 1983.
• Pannella si era anche concentrato a lungo su temi più marginali, cercando di farli entrare nel dibattito pubblico: la responsabilità civile dei magistrati, l’indipendenza del Tibet, la lotta alla caccia, l’esperanto. Aveva sostenuto tutte queste cause con la sua abile e particolare oratoria e con le tecniche della disobbedienza civile: lunghi scioperi della fame e della sete, comizi interminabili, manifestazioni pubbliche.
• «Il primo digiuno fu “contro la guerra d’Algeria, sugli Champs-Elysées, insieme con un anarchico francese. Credo fosse il 1961”. La prima volta in Italia fu nel 1968, per il ritiro dei sovietici da Praga; ma allora Pannella si riservava 140 calorie al giorno, per proseguire senza danni cerebrali; di fronte c’erano Breznev e una lunga attesa. Pannella fu anche direttore di Lotta continua, giornale che sosteneva una rivoluzione molto diversa da quella che aveva in mente lui, “ma lo firmavo ugualmente, come ho fatto con altri 36 periodici”. Si trattava di protestare contro la legge – unico voto contrario, Umberto Terracini – che imponeva a qualsiasi testata un direttore iscritto all’albo dei giornalisti. “L’ho fatto anche per i fogli di Brandirali e per quelli dei fascisti. Con Spadaccia e Bandinelli abbiamo diretto giornali a centinaia”. Digiuni, qualcuno in meno. Intervistato da Pier Paolo Pasolini, Pannella si disse pronto a testimoniare il proprio dolore posando nudo. Farà invece sfilare dodici compagni di sacrificio al teatro Flaiano, introducendoli con citazioni di Isaia e di se stesso: “Come ci siamo fatti ricchi della nostra povertà, così ci facciamo forti di questo nostro magrore, di questi nostri corpi...”. Nel 1977 digiunò nella Spagna della Transizione, contro la leva obbligatoria. Poi si batté per la democrazia televisiva. Goffredo Parise gli scrisse che non valeva la pena morire per la tv. Pannella rispose che “la tv è il vero artefice della storia degli italiani”» (Aldo Cazzullo).
• Nel 1995 si fece arrestare, insieme ad altri esponenti radicali, per spaccio di droga. Davanti alle telecamere opportunamente convocate, per dare il più ampio risalto possibile alla sua campagna per la liberalizzazione delle droghe leggere. Nello stesso anno, nel corso della trasmissione televisiva L’Italia in diretta di Alda D’Eusanio, si presentò in studio per regalare hashish.
• Rapporti personali parecchio complicati con vari esponenti dei radicali, aveva litigato pubblicamente più volte con Emma Bonino, da ultimo e violentemente nel luglio 2015.
• «Ho sentito che guadagna duemila euro, niente vitalizi. Come mai? “Io mi sono sempre dimesso da parlamentare per fare entrare i compagni. Allora il risultato qual è: che quello che subentrava si rifaceva all’intera legislatura, mentre io ero dimissionario e non scattava la legislatura. Per cui io adesso guadagno 2.350 euro. Non ho vitalizio, ho la pensione”» (Anna Tarquini).
• Ha convissuto per tantissimi anni con la ginecologa Mirella Parachini: «“Dopo decenni di convivenza abbiamo capito che eravamo seduti in questa relazione. E poiché abbiamo stessi interessi e impegni, abbiamo deciso di mantenere un ottimo rapporto ma molto autonomo” Vero che ha ancora le chiavi di casa sua? “Certo che le ha ancora, anche perché è sua la casa in cui abito” (a Barbara Romano).
• In una intervista in occasione dei suoi 80 anni, confessò di avere avuto 400 amori. «Ho avuto anche tre o quattro uomini», ammise. Poi, nel febbraio 2015 un’altra confessione: «Ho avuto un figlio, forse due».
• L’ultimo suo intervento pubblico, nel gennaio 2016, fu a un convegno sul rispetto dei diritti umani in Iran della Ong Nessuno tocchi Caino, legata ai Radicali.
• Negli ultimi due anni di vita ha combattuto con un tumore a un polmone che ha poi colpito anche il fegato. Ha parlato apertamente della sua malattia e, impossibilitato a muoversi, ha trascorso gli ultimi tre mesi nella sua casa di via della Panetteria, al centro di Roma, accogliendo amici e avversari politici. È morto nella clinica romana Santa Maria della Mercede.
• «È stato così sfrontato da mostrarsi nel maggio del 2014 alla trattoria sotto casa, dopo il primo ciclo di radioterapia, con un gran piatto di spaghetti e una birra. Non ha interrotto la sua attività politica neppure per un giorno. Negli ultimi 100, però, è stato straziante vederlo appassire, giorno dopo giorno, ma anche inevitabile per un amico di sempre. Ad un affetto reciproco tanto profondo, non poteva che corrispondere la volontà di provare a confortarlo in ogni modo fino alla fine. Marco Pannella ha combattuto per tre mesi la sua ultima battaglia, con la grinta di un leone ferito, che ruggiva, mostrava muscoli e denti. Ma lo ha fatto anche con la tenerezza di chi, sempre più debole ed appannato, abbracciava e si faceva abbracciare, lanciava baci, sorrideva e provava, come poteva, ad interagire. A tratti con lucidità, più spesso in modo disordinato» (Clemente Mimun).
Critica • «Seguace di Ernesto Rossi ed esponente della minoritaria ma nobile tradizione del laicismo democratico italiano (tradizione non comunista di autentici riformatori, nemici del capitalismo arraffone e arruffone, come dei “boiardi di Stato”); artefice, con una pattuglia di valorosi altri di memorabili battaglie per la “svaticanizzazione” della società italiana; paladino di libertà civili come l’obiezione di coscienza al servizio militare, il divorzio, l’aborto e l’“erba”; nel corso degli anni la sua azione si è andata caratterizzando più che per gli obiettivi per i metodi. La disubbidienza civile, il sit in pacifico, il rifiuto conclamato di qualsivoglia forma di violenza, sottolineato dal reiterato richiamo a Gandhi» (Angelo D’Orsi).
• «Europeo, capace di richiamarsi fraternamente ad Altiero Spinelli. Americano, come le riforme politico-elettorali che ha sempre sostenuto. Fautore del maggioritario a turno unico, a dispetto dell’essere il signore di un partitino. Corteggiato a destra e cercato a sinistra. Trasgressivo e trasgressore, come nelle battaglie antiproibizioniste a base di spinelli, questa volta con la minuscola. Trasgressore o tutore, plagiario, eversore o garante, Marco Pannella è un’autobiografia della nazione politica. Ma c’è un legame fra l’uomo delle battaglie per i diritti civili negli anni Settanta, e l’ultrasettantenne che promuove il “Satyagraha” gandhiano e non violento, ricorrendo allo sciopero della fame e della sete. Leader senza esercito, Pannella è in grado di reinventarsi a ogni stagione. Alle elezioni politiche del 1994, prima prova del maggioritario, era riuscito a farsi concedere qualche seggio da Silvio Berlusconi, ma protestando accanitamente contro chiunque sostenesse che aveva stretto un accordo con il Polo. Nel 1999, alle elezioni europee, gli era riuscito il trionfo mediatico di Emma Bonino, che aveva ottenuto più consensi dei prodiani, ma scontentando immediatamente l’elettorato che credeva di essersi espresso per il volto nuovo della fanciulla Bonino e aveva visto riapparire il ghigno del vecchio vampiro» (Edmondo Berselli).
• «Il punto di partenza è l’eccezionale padronanza delle tecniche di comunicazione, pari solo a quella di Berlusconi, anche se forse addirittura più acrobatica perché in genere Pannella non ha soldi, né mezzi, né tutto sommato gli interessano, né mai gli è entrato nulla in tasca. Ai quattrini, d’altra parte, supplisce con una spiccata intelligenza del momento: s’inserisce negli interstizi del calendario, approfitta del vuoto di ferragosto, coglie l’aspetto religioso della Pasqua, acchiappa l’atmosfera del Natale e ci dà dentro, da consumato rabdomante politico-sentimentale. O forse, più semplicemente, da giornalista. Del genere polemistico, o meglio provocatorio, o meglio ancora da sperimentato costruttore di scandali. Sia come sia, nessuno più di lui ha capito quanto è scoperto e cruciale, nella democrazia televisiva, il rapporto tra emozioni e istituzioni. Da questo punto di vista i digiuni, anche brevi e simbolici, sono un serial e un sequel perfetti. Pannella ha scoperto i reality quando gli autori del Grande Fratello o dell’Isola dei famosi avevano i pannolini. Chi lo conosce bene (Massimo Teodori, Pannella. Un eretico liberale nella crisi della Repubblica, Marsilio 1996) è arrivato a sostenere che gli scioperi della fame e della sete hanno (anche) l’effetto di provocare complessi di colpa e indurre alla solidarietà proprio quei politici – la categoria si è ben estesa negli ultimi anni – che sono più abituati a utilizzare la cosa pubblica a proprio vantaggio. Il sostegno alla battaglia radicale, quindi, diventa una compensazione, una riparazione, un obbligo morale. Eppure, dopo tutto, il leader radicale mette in gioco e spesso in pericolo il suo corpo. Anche questo accade oggi di rado, nonostante i corpi stiano guadagnandosi una sempre maggiore centralità. Di nuovo: proponendosi fisicamente come mezzo e come messaggio, riattivando in sé il circuito virtuoso tra parola e azione, politica e comunicazione, per primo Pannella ha ristabilito un rapporto diretto tra leader e masse, determinazione individuale e consenso diffuso. Tutto questo all’interno di una metodologia, ormai quasi codificata nella vita di via Torre Argentina, che prevede il sistematico coinvolgimento di senatori a vita, emeriti presidenti della Consulta, parlamentari di prestigio, premi Nobel, opinion maker, artisti, operatori del settore prescelto, sacerdoti. Socci ha parlato di un “esercito di complemento”. Esisterebbe, cioè, anzi senz’altro esiste un nucleo di supporter disposti ad assecondare l’iniziativa radicale. Nel passato remoto questa militanza informale si è vista sul divorzio, o nella campagna contro lo sterminio per fame. Ma la questione è che questi soggetti che di volta in volta aiutano o sostengono Pannella cambiano, a seconda delle campagne. Quel che conta, semmai, almeno per lui, è che sul piano strategico i risultati vadano indubitabilmente nella direzione da lui stabilita» (Filippo Ceccarelli).
• «Come Crono con i suoi figli, ha divorato i suoi pupilli e periodicamente diserbato il partito da volti incongruenti con la logica del dominio assoluto e incontrastato. Mauro Mellini, Francesco Rutelli, e poi Spadaccia, Negri, Calderisi, Vigevano. Via via coccolati, amati, svezzati e poi però rifiutati, in qualche caso dimenticati, in altri derisi o combattuti. Così, ad ogni successo politico è seguita la repentina dissoluzione delle fortune appena conquistate. Ma non è mai mancata la voglia disperata di mostrare di saper riprendere la partita in zona Cesarini e tentare, come negli sport estremi, di dimostrare che l’ultima e più spericolata prova non è in realtà mai la definitiva. Così, ha scelto di compiere il di più che serviva per essere straordinario, nel senso letterale. E dare scandalo, nel senso letterale» (Antonello Caporale).
• «Conosci l’Okavango? È il fiume più bello del mondo. Ma non sfocia nel mare. Finisce nel deserto. Pannella è l’Okavango della politica. Era l’unico grande leader di un’area laicosocialista che rappresentava il 20 per cento del Paese nel momento in cui crollava il regime. Poteva fare un salto gigantesco. Mi hanno raccontato la sua trattativa nel 1996 con Berlusconi. Berlusconi diceva: “Vanno bene 20 deputati per voi? No? 30? No? 40? Ma quanti ne vuoi?”. Non ne voleva nessuno. Voleva soldi. Per Radio Radicale. Perché il Grande Profeta ha bisogno di un megafono, non di deputati. Berlusconi di un’azienda personale ha fatto un partito. Pannella di un partito ha fatto un’azienda personale» (Giovanni Negri a Claudio Sabelli Fioretti).
• «Luciana Castellina, nei giorni del suo avvicinamento a Berlusconi, lo definì “il peggio del peggio. Un voltagabbana nato. Il peggior prodotto dell’Ancien Régime”. Massimo D’Alema lo bollò come “un guitto, un caso doloroso: beve whisky la mattina”. Lui faceva spallucce: “Sul piano personale credo che a sinistra mi vogliano addirittura bene. Mi impiccherebbero con amore”» (Gian Antonio Stella).
• «Più e più volte hanno dato per finito Pannella. Ma lui, che pure non va mai al cinema, ha risposto un giorno: “Avete presente il finale di Luci della ribalta, quando Calvero dice: ‘Non vi preoccupate, sono morto tante volte’? Ecco, io mi limito a dire che tante volte sono stato proclamato morto”. L’esempio filmico calza a pennello. Nessuno ha intuito prima di Pannella (che si è imbavagliato e travestito da clown, Babbo Natale, gangster e miliziano croato) il dominio delle scene, degli spettacoli e delle rappresentazioni televisive» (La Stampa).
• «E tutti lo chiamavano signor Hood, ma il suo vero nome era Spina di pesce» (dalla canzone di Francesco De Gregori Signor Hood, dedicata a Pannella).
• Nel 2012 esce un pamphlet feroce sull’epopea radicale, scritto dall’ex tesoriere Danilo Quinto ed edito da una casa editrice cattolica (Fede & Cultura). «Tutti dovrebbero sapere chi è davvero Marco Pannella: ecco perché il libro di Danilo Quinto, meriterebbe un editing energico (…). Le pagine più gustose sono quelle in cui si parla del Padrone, dell’Orco, del Serpente, ossia di Giacinto Pannella detto Marco (…). Non ho evocato a caso il rettile di biblica memoria: a farlo è stato per primo, un monaco dell’abbazia di Montecassino. Poco prima di morire quasi centenario, don Luigi De Sario disse a Quinto: “Se ne avrà la forza, schiacci quel signore. Il diavolo va schiacciato, senza alcuna pietà”. Pannella Padre & Padrone di un partito gestito da mezzo secolo con modalità nordcoreane. Altro che partito-azienda com’era Forza Italia, altro che partito famiglia com’era l’Italia dei Valori... Questi, in confronto, sono fulgidi esempi di democrazia interna. Da servo di Pannella a figlio libero di Dio (il libro di Quinto - ndr) descrive un partito-satrapia (…), “Un luogo dove i rapporti privati si dovevano consumare solo all’interno, in una situazione claustrofobica, delirante, di promiscuità sessuale. Una famiglia allargata dove con disinvoltura si lasciava il proprio partner per accasarsi con quello o quella della porta accanto, magari più in carriera in quel momento. Un luogo dove il massimo della gratificazione era salutare Pannella baciandolo sulle labbra e dove Pannella si presentava in riunione, mano nella mano, con l’ultimo dei suoi fidanzati ventenni e lo imponeva come futuro dirigente o futuro parlamentare” (…). Con Pannella bisogna fare come fece Gaetano Quagliariello, oggi senatore Pdl e nei primi Anni Ottanta, peccato di gioventù, vicesegretario radicale: “Quando decisi di dimettermi, Pannella mi invitò a casa sua, per parlarmi. Salii le scale e la porta era aperta, ma non c’era nessuno. Udii una voce. La segui. Pannella era nella vasca da bagno, nudo. In quel momento era in digiuno, che si protraeva da molti giorni. ‘Vedi in che stato sono?’ mi disse quasi piangendo. ‘E tu vorresti dimetterti proprio ora e lasciarmi solo così? Non capisci il dolore che mi dai?’». Quagliariello non disse nulla e se ne andò senza voltarsi, lasciandolo nudo nel suo brodo» (Camillo Langone) [Lib 15/8/2012].
Frasi • «Se so che ho una cosa grave e so che esiste, non mi preoccupo, me ne occupo».
• «Sono abruzzese, molto abruzzese. Una razza di lupi, di orsi. Però abbiamo anche il mare. Dove sono nato a Teramo, credo sia esattamente fra il Gran Sasso, la punta del Gran Sasso e il mare, Giulianova».
• «Ma io sono un cornuto divorzista, un assassino abortista, un infame traditore della patria con gli obiettori, un drogato, un perverso pasoliniano, un mezzo-ebreo mezzo-fascista, un liberalborghese esibizionista, un nonviolento impotente. Faccio politica sui marciapiedi».
• «Io amo gli obiettori, i fuori-legge del matrimonio, i capelloni sottoproletari amfetaminizzati, i cecoslovacchi della primavera, i nonviolenti, i libertari, i veri credenti, le femministe, gli omosessuali, i borghesi come me, la gente con il suo intelligente qualunquismo e la sua triste disperazione».
• «Credo alla parola che si ascolta e che si dice, ai racconti che ci si fa in cucina, a letto, per le strade, al lavoro, quando si vuol essere onesti ed esser davvero capiti, più che ai saggi o alle invettive, ai testi più o meno sacri e alle ideologie».
• «Noi siamo diventati radicali perché ritenevamo di avere delle insuperabili solitudini e diversità rispetto alla gente, e quindi una sete alternativa profonda, più dura, più “radicale” di altri».
• «Non credo nelle ideologie chiuse, da scartare e usare come un pacco che si ritira nell’ufficio postale. L’ideologia te la fai tu, con quello che ti capita, anche a caso. Io posso essermela fatta anche sul catechismo che mi facevano imparare a scuola, e che per forza di cose poneva dei problemi, per forza di cose io ero portato a contestare».
• «La Lucania è come la Libia. Ricca di petrolio e povertà».
• «Gli israeliani sono gli unici che nel Medio Oriente pratichino la democrazia e rispettino in condizioni di normalità le libertà civili. Io non vorrò mai consegnare i palestinesi all’Olp, così come abbiano consegnato i cambogiani a Pol Pot e i vietnamiti agli eredi di Ho Chi-Minh».
• «Credo sopra ogni altra cosa al dialogo, e non solo a quello “spirituale”: alle carezze, agli amplessi, alla conoscenza, come a fatti non necessariamente d’evasione o individualistici – e tanto più “privati” mi appaiono, tanto più pubblici e politici, quali sono, m’ingegno che siano riconosciuti… Non credo al potere, e ripudio perfino la fantasia se minaccia d’occuparlo… Non credo al fucile: ci sono troppe splendide cose che potremmo/potremo fare anche con il “nemico”, per pensare a eliminarlo».
• «A noi la storia importa molto. Nella storia incontri tutti, mentre nel presente incontri solo chi ti pare e se sei al potere solo chi ti fa comodo».
• «Quando digiuno, prendo tre cappuccini al giorno oppure un pacchetto di patatine. Se non bevo, trecento grammi di ciliegie o di susine. Quando non digiuno le mie porzioni sono abbondanti. Mai meno di 250 grammi di pasta. Vogliono metterci paura su tutto: paura di mangiare, di fumare, di scopare. Il corpo, invece, più viene sollecitato e più si rafforza. Se ti moderi ti indebolisci e ti ammali più facilmente».
• «Qualcuno mi ha chiesto quale sarebbe il primo provvedimento che prenderei se fossi eletto democraticamente “presidente”. Ebbene il primo provvedimento che prenderei sarebbe quello di dimettermi, perché se il paese mi eleggesse democraticamente vorrebbe dire che non ha più bisogno di me».
• «Amo speranze antiche, come la donna e l’uomo; ideali politici vecchi quanto il secolo dei lumi, la rivoluzione borghese, i canti anarchici e il pensiero della Destra storica».
• «Sono contro ogni bomba, ogni esercito, ogni fucile, ogni ragione di rafforzamento, anche solo contingente, dello Stato di qualsiasi tipo; contro ogni sacrificio, morte o assassinio, soprattutto se “rivoluzionario”».
• «Il pacifismo è la peste del nuovo secolo. Una volta si veniva chiamati a sfilare in nome della Patria, ora in nome della Pace. Sono in buona fede, per la carità, ma lo erano anche i Figli della Lupa».
Vizi • Diceva di aver fumato «per una vita» 100 sigarette Celtic al giorno e, negli ultimi anni, di essere passato a 60 sigari toscanelli. «Sono toscanelli alla grappa. Ho cominciato quando Bruxelles ha messo il divieto alle Celtic, le mie sigarette preferite. Ne ho fumate 100 al giorno per una vita. Poi stop. E ora fumo questi, aspirandoli. Proprio perché non voglio morire continuo a fumare! Se dovessi smettere ci resterei secco. Non voglio suicidarmi. Il fumo in tutti questi anni ha impedito al mio corpo di ammalarsi» (a Gianluca Roselli, nell’agosto 2014).