31 maggio 2012
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Biografia di Adriano Panatta
• Roma 9 luglio 1950. Ex tennista. Nel 1976 vinse gli Internazionali d’Italia, il Roland Garros e la coppa Davis. «Solo un pazzo può pensare di diventare un grande campione. E io lo fui per qualche anno».
• Figlio di Ascenzio, custode dei campi del Tennis Club Parioli.
• «È nato dentro il campo dei Parioli, limitrofo alle baracche di pasoliniana memoria, abbattute nel 1960 per far posto al villaggio olimpico. Era frequentato dalla meglio gioventù romana, guidata da Nicola Pietrangeli. Il tempo di allenarsi qualche anno usando la racchetta con il manico tagliato che gli aveva preparato il padre, la rete disegnata sul muro dietro casa e Adriano faceva cambiare epoca al tennis italiano, batteva giovanissimo Pietrangeli e apriva le porte dei tennis club ai ragazzi del popolo» (Malcom Pagani).
• Nel 1976 a Roma salvò al primo turno undici matchpoint contro l’australiano Warwick. «Poi batte Zugarelli, Franulovic, rischia contro Solomon – che si ritira mentre stava vincendo, infuriato per una chiamata del giudice di linea – supera Newcombe in semifinale e trionfa in finale contro l’argentino Vilas, dopo un primo set di confusione, in una domenica piena di sole. La frangia ribelle, le magliette Fila aderenti al torso atletico, Panatta diventa un’icona nazional-popolare. È il primo tennista italiano vincente e teletrasmesso, il tennis conosce una frustata di popolarità. Alle elezioni di fine giugno il Pci supera il 34 per cento, e Panatta, che da giovane si presentava a Formia con Il Manifesto sotto il braccio per far arrabbiare Belardinelli, ex maestro del Duce, vince anche a Parigi, sempre da predestinato. Al primo turno salva di nuovo un matchpoint contro il ceko Pavel Hutka. Vince con Kuki, con Hrebec, di nuovo con Franulovic. Nei quarti batte l’imbattibile Borg, in semifinale Eddie Dibbs. Il giorno della finale si accorge di non avere più le sue amate scarpette Superga (gliene recapiteranno un paio nuovo, grazie alla collaborazione di un capitano dell’Alitalia, cinque minuti prima del match), e sua moglie Rosaria gli schiaccia la mano sinistra nella portiera. Ma lui, impunito e fortunato, negli spogliatoi chiama davanti allo specchio il suo avversario, Harold Solomon, “lo gnomo maledetto”. “Guardati, Solly – gli dice indicando le due immagini diseguali – lo specchio non sbaglia mai. Basso come sei, come credi di battermi?”. E perde, infatti, Solomon, in quattro set, contro un Panatta splendido e stremato. È un torneo dello Slam, quello che ha vinto Adriano, uno di quelli che valgono, che restano. In patria, telecatechizzati da Guido Oddo, i racchettari aumentano, si moltiplicano. A Wimbledon, Newcombe accoglie il neo-Immortale con un sorriso baffuto: “Benvenuto nel club, ragazzo, era ora”. In agosto Adriano tocca il numero 4 delle classifiche mondiali, dopo aver aiutato l’Italia a passare i quarti di coppa Davis con l’Inghilterra: nessun italiano nell’era moderna era arrivato così in alto, nessuno dopo di lui ci arriverà. A settembre l’Italia vince anche le semifinali di Davis, contro l’Australia a Roma. È finale, ma con un problema: bisogna giocarla a Santiago, contro il Cile, qualificatosi perché l’Urss ha rifiutato di battersi contro la squadra che rappresenta il Paese del dittatore Pinochet. L’occasione di vincere l’Insalatiera è unica» (Stefano Semeraro).
• Anche in Italia la discussione se andare o non andare fu molto accesa, dato che una parte non indifferente dell’opinione pubblica avrebbe voluto, disertando la finale, ribadire la condanna per il regime di Pinochet. La decisione di andare fu presa dal presidente del Coni, Giulio Onesti. L’Italia (Panatta, Barazzutti, Bertolucci, Zugarelli, capitano non giocatore Nicola Pietrangeli) vinse 4 a 1.
• Sulla finale del Roland Garros Mimmo Calopresti ha girato il film-documentario La maglietta rossa, con Panatta protagonista.
• «Sono in pace, non ho mai ragionato per accumulo di gloria, per sedermi sui titoli. Non ho più nemmeno i trofei, persi in qualche trasloco, ho preferito provare, esistere, curiosare. Non ho lottato contro il mio talento, gli ho concesso pause, ne ho rispettato le pigrizie che erano fame di altro. L’attimo mi è sempre andato bene, sessanta secondi di felicità sono un lampo di eternità soddisfacente. La magia non può durare, io l’ho avuta, me la sono fatta bastare. Ricordo la tristezza che provai dopo aver vinto Parigi: tutto qui? Ti senti vuoto, freddo, depresso. L’agonismo chiede molto al tuo corpo, ti fa oltrepassare il limite, esci fuori da te, poi rientrarci è un problema (…) Il professionismo esasperato non è per me. Non parliamo del divismo. Trovo insopportabili i giocatori che girano con baby-sitter e guardie del corpo. Io ero gestito dal gruppo di Mc Cormack e non sopportavo i lacci: dovevo dire dove andavo, chi vedevo, come e quando. Un’intrusione nella mia vita privata. Così per tornare libero m’inventai che ero ricco di famiglia e che mi sarei ritirato nel mio castello in Toscana» (a Emanuela Audisio) [Rep 14/8/2013]
• Di famiglia socialista, era soprannominato il Cristo dei Parioli «per la sua aria sofferta e stremata in campo» (Emanuela Audisio).
• Già consigliere comunale a Roma (1997-2001) e assessore allo Sport della Provincia (2008), nel 2008 tentò invano di farsi rieleggere al Comune (col Pd). Sul campo con molti politici, ha raccontato di una partita a tennis del 1999 contro Massimo D’Alema, allora presidente del Consiglio: «Lo facevo andare da una parte all’altra del campo incrociando i colpi, come diciamo noi gli facevo fare il “tergicristallo”. Lui non si fermava mai. Incredibile per uno che non fa sport da professionista».
• Socio del circolo Canottieri Aniene.
• «Tifo Roma, ma nello stesso tempo non tifo contro la Lazio».
• Nel 2004 vinse il titolo mondiale di motonautica Powerboat PI.
• Dopo una storia con Loredana Bertè, il 15 marzo 1975 sposò Rosaria Luconi. Tre figli: Niccolò (1975), Alessandro (1979), Rubina (1980).
• «Dopo trentacinque anni, sono ancora innamorato di mia moglie Rosaria. Il giorno che l’ho vista, mi sono detto: ”Basta, questa me la sposo, fine dei discorsi”. Il classico colpo di fulmine. Mi vedo bene invecchiare insieme a lei»
• Più dritti che rovesci il titolo della sua autobiografia (Rizzoli, 2009).
• Tennista (azzurro di coppa Davis) anche il fratello Claudio (Roma 2 febbraio 1960).