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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Lanfranco Pace

• Fagnano Alto (L’Aquila) 1 gennaio 1947. Giornalista. Scrive sul Foglio. Per anni giornalista di Libération. «Dovremmo coltivare l’autoassoluzione, l’indulgenza verso noi stessi come diritto inalienabile alla sopravvivenza».
• Nel 2008 ha condotto per alcuni mesi la trasmissione Otto e mezzo (La7) al posto di Giuliano Ferrara candidato alle politiche, prima ne curava la scheda introduttiva, detta “Il punto”.
• Un libro nel 2007: Nicolas Sarkozy. L’ultimo gollista (Boroli Editore).
• Laurea in Ingegneria, negli anni Settanta dirigente di Potere operaio (nel 1990 una condanna definitiva a quattro anni per «associazione sovversiva»): «Erano un terzetto. Piperno, Scalzone e Pace. Legati dalla militanza in Potere operaio e in Autonomia operaia. Legati anche dalla considerazione dei giudici che li sospettarono di appartenenza alle Brigate rosse e li ritennero responsabili, come minimo, di associazione sovversiva e banda armata. Legati dalla comune latitanza in Francia. Di aver fatto parte delle Br Pace continua a negarlo. Anche se racconta di esserci andato molto vicino. Ma mentre molti dei suoi ex compagni di militanza, Bruno Seghetti, Valerio Morucci, Alvaro Lojacono, Adriana Faranda, Barbara Balzarani, Germano Maccari, scivolarono nella china della banda armata, lui no. La clandestinità non faceva per lui. Lui amava la notte, il poker, la vita» (Claudio Sabelli Fioretti).
• Uomo della trattativa (fallita) tra i socialisti di Craxi e le Brigate Rosse durante il sequestro Moro (1978): «Mi spiegarono che volevano smarcarsi dalla linea della fermezza del Pci e della Dc. Io cercai i contatti con Adriana Faranda e Valerio Morucci (i due “postini” del commando che teneva prigioniero Moro, ndr). E riuscii a raggiungerli (...) Vidi Adriana Faranda sette od otto volte. Ci voleva tempo, insinuare il dubbio, convincere, fare pressioni, rispondere alle obiezioni».
• «Tentare la mediazione tra socialisti e Brigate rosse durante il sequestro Moro è stato fatale».
• Dei suoi anni da latitante a Parigi: «La prima volta ci arrivai nel ’79, ma venni estradato, e così tornai due anni più tardi, nell’aprile del 1981 (...) Me ne stavo al quartiere Latino. Sono stati anni tragici e però anche piacevoli, perché la vita a Parigi ha una qualità alta, e noi la sera uscivamo e andavamo in cinema stupendi, in librerie fornitissime, visitavamo mostre strepitose. Facevamo cose che in Italia non eravamo abituati a fare e naturalmente non ci negavamo il calcio. Con il torneo internazionale dei rifugiati, dove noi abbiamo anche vinto abbastanza, finché poi non siamo rimasti soli, sul campo. Perché, anno dopo anno, tutti, dai cileni agli argentini, tutti se ne erano potuti tornare a casa, tutti tranne noi (...) Quando tornai io, in Italia, rimasi stordito. Non c’erano più le facce d’un tempo e non c’era più un sacco di altra roba, a cominciare dalla grande questione comunista. Trovai, invece, un Paese ricchissimo, e Bmw e Mercedes fiammanti, e scarpe firmate».
• «Adesso non credo più alla rivoluzione. Ma non ho nulla delle idee reazionarie classiche».
• Fama di ritardatario, di duro (trattò ruvidamente Guia Soncini), di gran pokerista. A proposito di Texas Hold’em: «È questa la metafora crudele dell’ultimo sogno che l’America offre al mondo e il mondo avidamente accoglie, che sta dilagando nelle case, nei circoli e nei club spuntati come funghi, che sta regalando una seconda insperata giovinezza ai casinò al viale del tramonto. È il sogno che tiene milioni di persone inchiodate al computer, di giorno, di notte, donne e uomini, ricchi e no, ragazzi delle periferie urbane dalle strane capigliature e imprenditori di successo, gente anonima e glorie vecchie e nuove dello sport» [Fog 5/12/2009].
• Una figlia dalla giornalista dell’Espresso Stefania Rossini (Monteleone d’Orvieto, Terni, 9 marzo 1944), una dalla giornalista del Tg3 Giovanna Botteri (vedi).
• Milanista.