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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Moni Ovadia

• (Salomone) Plovdiv (Bulgaria) 16 aprile 1946. Attore. Saltimbanco. Nel 2007 in teatro con La bella utopia, Es iz Amerike! (“Cosa ci vuoi fare, è l’America” sul ruolo degli ebrei negli Usa), Le storie del signor Keuner di Brecht con Roberto Andò. Concerto con Isabelle Huppert al Mittelfest 2007 (di cui è stato direttore dal 2003 al 2008), dove ha cantato la Marsigliese. In libreria con Lavoratori di tutto il mondo, ridete (Einaudi 2007). Voce narrante - con Fo e Lella Costa - di Zero, film sull’11 settembre. «Preferisco la definizione di teatrante. Qualcuno che attraverso il teatro, che è un piccolo sacrario laico dell’essere umano, compie un percorso attraverso le emozioni e le strutture del sentimento». Del 2013 è il progetto Benvenuti nel ghetto, un album musicale portato in scena in compagnia degli Stormy Six. Si tratta della rievocazione del primo episodio di resistenza armata contro i nazisti, la rivolta degli ebrei del ghetto di Varsavia, i “subumani senza onore”, che in inferiorità militare e in totale isolamento tra l’aprile e il maggio del 1943 si ribellarono alla loro condizione di vittime designate della persecuzione razzista e del genocidio.
• Famiglia ebraica, secondo di due fratelli, trasferitosi a Milano si laureò in Scienze politiche. Nell’84 iniziò a collaborare con personaggi come Pier’Alli, Tadeusz Kantor, Franco Parenti. Nell’87 con Mara Cantoni creò Dalla sabbia - Dal tempo, primo esempio di teatro musicale. Nel 1990 fondò la Theater Orchestra. Nel 1993 si impose al grande pubblico con Oylem Goylem.
• «Artista, ebreo della diaspora, cantore della cultura yiddish, ma anche cronista, scrittore, musicista, teologo, aedo» (Rita Sala), «difficilmente etichettabile, amato dal pubblico per l’appassionato recupero della tradizione popolare ebraica dell’Europa dell’Est e della musica kletzmer. Barba folta e capelli bianchi, zuccotto in testa, la figura possente e l’espressione serafica di chi ne ha viste di cotte e di crude» (Paola Zonca).
• «Io ho vinto una mia piccola sfida: riempire i teatri con spettacoli ispirati alla cultura yiddish. Sulla carta io dovevo recitare per sedie quasi vuote e un pubblico ultrasettantenne e invece ho avuto fiducia e sono stato ricambiato. Una cultura di anima e di esilio è universale, anche se appartiene a un piccolo popolo. Nei miei spettacoli uso sovente l’yiddish, il russo, il polacco, molti si lamentano ma poi tornano a vedermi».
• Nell’estate del 2010 è stato vittima «Di un tentativo di truffa alla Totò e Peppino». E’ il giugno del 2010 quando riceve una telefonata da uno sconosciuto che gli chiede diecimila euro per non pubblicare delle foto che lo ritraggono in atteggiamenti intimi con la moglie. Pur sorpreso dalla minaccia, l’attore replica che lui nella sua intimità fa quello che vuole. Scopre in seguito che dal suo ufficio di Milano è scomparsa una scheda di memoria che conteneva anche quelle fotografie. Il “teatrino” prosegue per due mesi, durante i quali le voci dei ricattatori vengono registrate e, alla fine, identificate: ad architettare l’estorsione furono tre collaboratori del suo staff.
• In seguito all’esternazione berlusconiana nel Giorno della Memoria dei “figli che dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler”, nel 2013 ha abbandonato la Comunità ebraica di Milano, da lui accusata di essere troppo accondiscendente con il governo Netanyahu «Non voglio più stare in un posto che si chiama comunità ebraica ma è l’ufficio propaganda di un governo. Sono contro quelli che vogliono “israelianizzare” l’ebraismo. Ho deciso di lasciare» (a Sivia Truzzi) [Fat 5/11/2013].
• «Ovadia è un caso di “emiplegia intellettuale”, come lo definì Jorge Semprún, qualcosa di più della malafede. Ovadia si è fatto portavoce e bandiera di un umore anti israeliano profondo. Un sentimento mascherato bene: nella kippà che indossa, nella capacità magnetica sul pubblico, nella dimensione affabulatoria, nel maquillage antifascista e umanitarista. E’ un uomo di pace, Ovadia, che crede che l’uomo sia un progetto etico (per questo la sua rubrica sull’Unità si chiamava “Mala Tempora”, per questo si accompagna ai corifei del dottor Gino Strada). La vocazione dell’avventura sionista non è mai stata unanime all’interno dell’ebraismo. Ma i modelli che Ovadia offre servono solo a esaltare la campagna di delegittimazione contro Israele. (…) Ovadia non rinnega l’ebraismo, lo celebra come qualcosa che ha a che fare esclusivamente con la tolleranza, con l’esilio. Sono gli “ebrei migliori”, distinti dalla massa di israeliani, possessori di una saggezza cosmopolita, liberale, umanistica, quindi davvero ebraica. Più loro attaccano altri ebrei, più dimostrano di non esserlo più. Nulla dalle parole di Ovadia lascia trapelare orgoglio per come la costruzione del monoteismo giudaico abbia partorito democrazia e diritti umani in occidente. (…) Nell’eloquio di Ovadia non c’è alcuna traccia di generosità verso un paese che respira fra la vita e la morte restando una grandissima democrazia» (Giulio Meotti) [Fog 9/11/2013].
• Membro della Costituente del Pd (all’occorrenza in piazza con la sinistra radicale). Alle elezioni politiche del 2013 dichiarò di aver votato per Rivoluzione Civile, la lista capeggiata da Antonio Ingoia. Alle europee 2014 si è candidato per L’Altra Europa per Tsipras. Eletto, ha rinunciato al seggio a favore del giornalista Curzio Maltese.
• Nel 2007 l’Università di Pavia gli ha conferito la laurea ad honorem in Lettere.
• Vive in Liguria.
• Il suo cane si chiama Gandhi. Si dichiara agnostico.