31 maggio 2012
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Biografia di Achille Occhetto
• Torino 3 marzo 1936. Politico. «Nel giro di poche ore sono passato dal tutto al niente. Per descrivere la mia vicenda uso l’immagine di un altoforno che va a pieno regime e poi – improvvisamente – viene spento».
• Membro del Comitato centrale del Pci dal X Congresso (1960), nel 1976 fu eletto per la prima volta alla Camera (rieletto nel 1979, 1983, 1987, 1992, 1994, 1996, eletto al Senato nel 2001). Dal 1979 membro della segreteria nazionale, profittando di una malattia di Alessandro Natta e facendo conto sull’appoggio di D’Alema il 21 luglio 1988 divenne segretario. Finito il comunismo in Urss, crollati i regimi filosovietici dell’Europa orientale (Ceausescu ecc.), il 12 novembre 1989, durante una celebrazione di partigiani alla Bolognina, lanciò la “Svolta” conclusasi (in un bagno di lacrime del segretario) con la chiusura del Pci e la fondazione del Partito democratico della sinistra (Rimini 3 febbraio 1991). Dimissioni nel 1994 dopo la sconfitta alle Europee (era sopravvissuto a quella delle Politiche – che aveva aperto la strada al primo governo Berlusconi – nonostante lo slogan, risultato poi infelicissimo, dell’alleanza della sinistra come «gioiosa macchina da guerra»).
• «Calvino, Cesare Pavese che mi correggeva i compiti. Casa mia era la sede della sinistra cristiana. L’ambiente era quello dell’Einaudi, un mito, la sinistra moderna, nuova, non solo comunista. Quando feci la svolta della Bolognina pensavo proprio a quei tempi, quando a casa mia arrivavano i partigiani cattolici, quelli comunisti, quelli socialisti e quelli del Partito d’azione. Stavano insieme. Liceo classico a Milano, dove ci eravamo trasferiti. Studi disordinati e discontinui. Meglio l’università, Filosofia alla Statale. Politica attiva? Nella Fgci. Diventai uno dei leader nazionali degli universitari italiani. Feci l’alleanza con i radicali per impedire a Craxi di diventare presidente dell’Unuri».
• «Io mi dichiaravo convinto togliattiano. Togliattiano di sinistra. Ma politicamente mi sentivo vicino ad Ingrao. Non ho mai capito perché Ingrao non abbia aiutato la svolta, sia pure da sinistra» (da un’intervista di Claudio Sabelli Fioretti).
• Nel 2004 si presentò alle europee insieme con Di Pietro (lista Italia dei Valori-Società civile), ma l’esperimento non andò bene: presero il 2,1 per cento dei voti e seggi solo per i due capilista. Occhetto rinunciò per Giulietto Chiesa e credette di poter rientrare quando Di Pietro dovette lasciare il Parlamento europeo per fare il ministro nel Prodi II: ma una lunga querelle con Beniamino Donnici, primo dei non eletti dell’Idv (e fortemente sostenuto nella sua battaglia dallo stesso Di Pietro) lo ha costretto alla fine a rinunciare al seggio (14 novembre 2007). Un mese dopo ha aderito al movimento di Fabio Mussi, Sinistra democratica, nel dicembre 2009 a Sel: «Fiancheggio. Partecipo alle riunioni, ma senza diritto di voto. Un saggio che dice la sua» (a Paola Zanuttini).
• Inventore dello staff, «una segreteria personale di amici fidati a cui dare in appalto il partito. È stato il primo segretario a sbaciucchiarsi in pubblico (bacio tra lui e la sua terza moglie Aureliana Alberici, foto di Elisabetta Catalano pubblicata con grande scandalo dal Venerdì di Repubblica alla fine dell’89 – ndr); il primo a dimettersi dopo una batosta elettorale; l’unico ad essere giudicato matterello, “sì un po’ pazzo”, nelle furibonde polemiche seguite alla sua estromissione da Botteghe oscure» (Antonello Caporale).
• È stato il primo a ricorrere al governo ombra, che Veltroni ha riesumato nella XVI Legislatura: ne formò uno nel 1989, quando andò in crisi il governo De Mita e si formò l’Andreotti VI (Napolitano agli Esteri, Visco alle Finanze, Giovanni Berlinguer alla Sanità). L’esperimento durò fino alle elezioni del 92.
• «Massimo D’Alema raccontò di lui che “a furia di svolte e svoltine nel nostro partito non si capisce più un cazzo”. “Se penso a chi mi succedette”, si vendicò più tardi Occhetto, “passerò alla storia come uno che ha tenuto la barra dritta”» (Francesco Verderami).
• Non frequenta più Capalbio.
• Alle primarie del Pd del dicembre 2013 dichiarò di aver scelto Pippo Civati: «Per tenere a sinistra Renzi, ma anche per smentire Flaiano: non è vero che proprio tutti gli italiani vanno sul carro dei vincitori».
• «Ci troviamo di fronte a una società profondamente cambiata, liquida, che non si forma più intorno a famiglia, fabbrica e chiesa. Non mi spaventa il cambiamento delle forme della politica ma l’abbassamento dei contenuti. Le piazze di Berlinguer e anche le mie erano molto grandi, maggiori di quelle che ho visto in televisione, ma Berlinguer faceva delle grandi lezioni al popolo che lo ascoltava in silenzio. Lo stesso si può dire di Aldo Moro. Di certi pensieri lunghi, ecco sì ho una certa nostalgia» (a Goffredo De Marchis) [Rep 25/5/2014].
• Nel 2013 ha pubblicato per Editori Internazionali Riuniti La gioiosa macchina da guerra. Veleni, sogni e speranze della sinistra.
• Tre matrimoni. Dalla seconda moglie, di origine Somala l’attrice Elisa Kadigia Bove, negli anni settanta ha avuto Malcom, studente, appassionato di barche e di cinema e Massimiliano che al momento cura il sito internet del padre. La terza è l’ex senatrice Aureliana Alberici sposa nel 1987 dopo sette anni di convivenza.
• Dal 1976 al 2006 riceve 5.860 euro netti al mese. Per un totale di 632.937 euro già percepiti contro i 371.736 versati, con una differenza, finora, di 261.201 euro. «E cosa dovrei fare? Sono anche pronto a restituirli, ma vi assumete voi la responsabilità del fatto che finirei in povertà. Il mio assegno è di 5mila euro. Ma è la mia unica fonte di reddito. Con questo mantengo anche i miei due figli che sono disoccupati, perché non ho mai approfittato del mio ruolo per trovare loro un posto. Per cosa volete mettermi alla gogna? È tutto secondo la legge. Comunque, scriva: se si decide di togliere il vitalizio, sia io, sia mia moglie ci conformeremo a questa decisione» [Calessi, Lib 19/5/2015].