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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Tullio Kezich

• Trieste 17 settembre 1928 – Roma 18 agosto 2009. È stato un critico cinematografico, anche per il Corriere della Sera, un commediografo e sceneggiatore e, in ultimo, uno dei più accreditati biografi di Fellini. Come sceneggiatore, vinse il Nastro d’argento per Venga a prendere il caffè da noi (Lattuada, 1970) e La leggenda del santo bevitore (Olmi, 1988). «Dagli undici ai dodici anni, andavo quotidianamente al cinema, scrivevo recensioni per conto mio e le facevo perfino rilegare in volume. Le stesse cose che faccio oggi».
• Prima recensione professionale il 2 agosto del 1946 per Radio Trieste. Nel 1950 cominciò a scrivere su Sipario, la più importante rivista di teatro in circolazione, che nel 1952 lo promosse critico. Impegnato anche con altre riviste (Rassegna del film, Cinema nuovo, di cui poi diventò redattore capo, Settimo giorno, per cui fece il critico teatrale ecc.), lavorò nel cinema come segretario di produzione per Cuori senza frontiere di Zampa (1950), fu «simpatizzante e interprete» ne Il posto di Ermanno Olmi (1961), scrisse il diario di lavorazione de La dolce vita di Fellini (1960). Produttore con la 22 dicembre (socio e direttore artistico) produsse Una storia milanese di Eriprando Visconti (1962), I basilischi della Wertmüller (1963) , I fidanzati di Olmi (1963) ecc. Per la Rai produsse nel 1969 San Michele aveva un gallo dei Taviani, nel 1973 La rosa rossa e nel 1980 La giacca verde, entrambi di Franco Giraldi, oltre alla miniserie Sandokan di Sergio Sollima (1976). Divenuto direttore di Sipario, negli anni Settanta allargò le sue collaborazioni giornalistiche a Panorama e la Repubblica (quando, nel 1989, la lasciò per il Corriere, provocò un’epocale sfuriata di Eugenio Scalfari).
• Una cinquantina di spettacoli teatrali (autore, traduttore, adattatore), tra questi La coscienza di Zeno di Svevo, lavoro che fece da base per le trasposizioni televisive interpretate da Alberto Lionello (1966) e Johnny Dorelli (1988). Nel 2008 Il romanzo di Ferrara, omaggio a Giorgio Bassani (produzione Artisti Associati, regia di Piero Maccarinelli, con 15 giovani attori diplomati all’Accademia Silvio D’Amico e al Centro sperimentale).
• «È da sempre acceso difensore del cinema italiano. Da Nanni Moretti, a Gianni Amelio, da Roberto Benigni a Francesca Archibugi, fedele a se stesso, ha sempre sostenuto i colori della squadra Nazionale. È la versione colta di Vincenzo Mollica» (Pietrangelo Buttafuoco).
• «Se fossi stato davvero quel gran difensore del cinema italiano di cui si parlò in un recente passato perché tanti registi nostrani mi avrebbero tolto il saluto?».
• «Era tanto di quel tempo che avevamo eletto Tullio Kezich nostro arbitro estetico in materia di cinema, che le sue performances di specialista non avrebbero dovuto più sorprenderci. E invece, ogni qualvolta io, e chissà quanti altri lettori, scorgevamo la sua firma sotto un articolo, correvamo a leggerlo, in cerca – quasi – di una riprova: e mai ce ne pentivamo. Ora, alla notizia della sua scomparsa il primo giudizio che viene in mente per riassumerne il talento è, insieme, superfluo e inevitabile. Tullio era un critico di cinema (e di spettacolo in genere), ma, insieme, assai di più. Il primo a saperlo era lui» (Nello Ajello).
• Tra i suoi libri il romanzo Il campeggio di Duttogliano (1959, ristampato nel 2001 da Sellerio).
• «La cosa di cui va più orgoglioso, tra i tanti premi e riconoscimenti ricevuti, è la mostra sul libro dei sogni dell’amatissimo Fellini (la biografia più autorevole sul regista di è naturalmente sua)» (Paolo Mereghetti).
• Due matrimoni, il secondo con la collega Alessandra Levantesi.
• Per sua volontà la sua morte non fu seguita da alcun funerale. La salma fu cremata.