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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Jovanotti

• (Lorenzo Cherubini) Roma 27 settembre 1966. Cantante. Autore. «Ho iniziato venticinque anni fa con i bambini. Uscivano da Cristina D’Avena e incontravano me».
Vita Nonno fascista che dirigeva l’ospedale di Cortona: «Dopo lo vennero a prendere e lo restituirono che era un altro. E mio padre, bambino, non l’ha mai dimenticato». Terzo di quattro fratelli («Dormivano insieme, la colazione la si faceva tutti insieme, a tavola per cena ci si sedeva in sei. Bello, eh, ma affollato»), padre dipendente del Vaticano: «Una volta il parroco poteva farti entrare nei gendarmi del Vaticano in sostituzione del servizio militare. A lui successe così, poi è rimasto come impiegato. Per 45 anni: i Papi passavano, lui era sempre lì».
• «Era un factotum, da bambino avevo accesso dappertutto, una volta mi sono affacciato dalla finestra del Papa».
• Aveva una passione per le Girelle Motta: «Non voglio fare l’orfanello, ma in casa nostra merendine alla moda non ce n’erano. Mio padre aveva la tessera per comprare all’ingrosso in Vaticano, il posto dove si rifornivano i conventi».
• «La musica l’ho scoperta con il rap, prima in radio passavo dance e musica italiana, ma confesso che non m’interessava più di tanto. Mi piaceva parlare al microfono, il filtro tra me e gli ascoltatori che mi permetteva di superare la timidezza. Poi ascoltai Rapper’s Delight della Sugarhill Gang e Renegades of funk di Afrika Bambaataa: quella musica parlava proprio a me, mi fece male ma nel senso buono. Fu un’illuminazione, mi accorsi di essere al mondo. La musica mi diede un’identità».
• «All’inizio la musica non era una priorità, ma con il rap le cose erano cambiate radicalmente. “Ho cominciato a risparmiare per comprare i dischi d’importazione. Magari i Levi’s li compravo falsi alla bancarella, ma i dischi non potevano mancarmi”. Jovanotti passava giornate intere alla radio: “Una notte mi sono svegliato perché mia madre mi stava controllando le braccia, pensava che mi drogassi”. Poi l’incontro con Claudio Cecchetto che lo strappò alla Rai: a Lorenzo avevano chiesto di condurre Discoring ma Cecchetto lo convinse, tenendolo nove ore al telefono, ad andare a Radio Deejay e a incidere un disco. Dopo cinque mesi Jovanotti era primo in classifica. Cecchetto lo proteggeva: “Molti lo vedevano come il mio burattinaio ma lui mi lasciava libero di fare, anche se aveva alzato un muro protettivo intorno a me”. Il successo è enorme, Jovanotti vive come su una nuvola: “Ho scoperto di poter essere antipatico a qualcuno solo durante il servizio militare. Fu quello il mio primo passo fuori dal mondo protetto”. Finito il militare scrive Gente della notte: il cantante di Ragazzo fortunato e Ciao mamma non c’era più» (Carlo Moretti).
• «La svolta è del 1991, anno della Tribù che balla: “50 percento contenuto e 50 percento movimento”, questo il credo a cui Jovanotti si riconsegnò. Non solo: Cherubini si unì a musicisti rari (il bassista Saturnino Celani, il chitarrista Michele Centonze) e, abiurando quel culto compiaciuto dell’ignoranza caro ai figli degli Ottanta, si costruì un retroterra istintivo, pacificamente globalizzato e spensieratamente pacifista» (La Stampa).
• Nel 2008 grande successo con l’album Safari. Per il testo del singolo Fango ricevette il premio Mogol: «Se qualcuno mi avesse detto vent’anni fa che Mogol mi avrebbe dato un premio per un testo, avrei pensato che sarebbe stato come andare sulla Luna a piedi. E pensare che l’unica materia in cui sono stato rimandato è stata italiano. Questo premio per me ha l’importanza di un Oscar, di un Nobel».
• Superospite al Festival di Sanremo 2008, violò la par condicio raccontando della volta che andò con Silvio Berlusconi nei bagni di San Siro («Alla fine non si lavò le mani»).
• Nel 2010 si è aggiudicato il David di Donatello con la colonna sonora Baciami ancora, dell’omonimo film di Gabriele Muccino.
• Alle fine del 2010 è uscito Ora il suo diciottesimo album, dedicato alla madre morta durante la lavorazione del disco: «L’ho fatto insieme a lei, facendo avanti e indietro tra studio e ospedale, perciò ho sentito l’esigenza di un disco che mi facesse prima di tutto ballare, trovare entusiasmi».
• Il suo spettacolo Lorenzo Live – Ora in Tour 2011-2012, portato in giro per l’Italia, s’interruppe a Trieste, quando morì un operaio che stava montando il palcoscenico.
• A settembre 2013 è andato in onda su RaiUno In questa notte fantastica #lorenzoneglistadi, film del tour intrapreso tra giugno e luglio dello stesso anno.
• Ha scritto il libro Il grande Boh! (Feltrinelli, 2000). Per i suoi primi quarant’anni ha pubblicato il libro fotografico Quarantology. 1966-2006 (a cura di Franco Zanetti, Rizzoli, 2006) «Io ho sempre adorato l’immagine, mia e degli altri. Tant’è vero che le foto in cui non appaio sono mie, scattate quasi sempre in bianco e nero con una Leica. Ho fatto un libro fotografico perché sono in assoluto l’artista che si è fatto fotografare di più. Lo volevo bello ricco ed elegante come quelli della moda. Perché Dior, Armani sì e io no? E forse c’è anche la presunzione di pensare che raccontare la storia di questo ragazzo che si chiama Jovanotti, sia anche la maniera di raccontare un pezzo di storia d’Italia» (a Mario Luzzatto Fegiz).
• Nel 2010 ha pubblicato Viva tutto! (Add Editore), scritto insieme al filosofo Franco Bolelli e nel 2013 Gratitude (Einaudi).
• Il 6 settembre 2008 a Cortona ha sposato Francesca Valiani, sua compagna da una quindicina d’anni (si conoscono da quando erano bambini). Hanno una figlia (Teresa, 13 dicembre 1998), passarono un periodo di crisi nel 2002 quando Francesca fu fotografata con il giornalista Giuseppe Cruciani (vedi) alle Baleari: «Alla fine abbiamo capito che non può esistere una grande storia d’amore senza un tradimento».
• «Vive a Cortona, con una moglie dolcemente autorevole, una figlia che disegna benissimo, tre cagnolini che si contendono la stessa palla e quattro gatti spalmati sopra le mensole come dei Buddha» (Massimo Gramellini) [Sta. 1/9/2013].
• Dice di non aver mai lavato i piatti «seriamente»: «Mia moglie è la mia casa. La Francesca è una donna col tetto. Mentre io sono scoperchiato» (a Imma Vitelli) [Vty 22/5/2013].
• Ha perso il fratello Umberto, 45 anni, morto il 22 ottobre 2007 col cineoperatore Bruno Bianchella in un incidente aereo durante un volo di collaudo sulle campagne dell’Agro Pontino, fra Nettuno e Latina («Era una persona speciale che mi ha insegnato tutto. Lo ricorderò in tutte le mie canzoni»).
• « Se vado in un posto dove non mi conoscono e mi chiedono di cantare qualcosa, io canto Bella. La prima canzone da fidanzato di mia moglie. Le cose vengono meglio se le fai con la voglia di fare un regalo a qualcuno».
• Il suo rituale preconcerto: «Sono in piedi nel retropalco, dietro un velo nero. In cuffia contano da 1 a 4. Al 2 mi muovo in avanti, al 4 sono sul palco e non ho tempo di emozionarmi: ho delle cose da fare, come un pilota d’aereo. Altrimenti la sensazione di quella folla è talmente bella che andrei fuori controllo: mi spoglierei nudo, tirerei dei petardi. Poi osservo il panorama. Cerco di guardare le facce. E quando saluto l’ultima fila, guardo veramente l’ultima fila».
Religione «Ogni tanto mi capita di avere fede, ma dura poco. L’ho detto ad alcune suore. Mi hanno risposto: dura poco anche per noi, poi per fortuna ritorna».
• «Se mi piace questo Papa? Come fa a non piacermi uno che dice: ci vuole gioia e coraggio! Mi copia…».
• «Voglio bene a tutti i pontefici, ma per motivi allegramente familiari e non teologici. Sono stati i datori di lavoro del mio babbo, hanno dato da mangiare ai suoi quattro figli, e oggi gli pagano la pensione».
Politica Simpatizzante del Pd (il suo brano Mi fido di te aprì tutti gli appuntamenti della campagna elettorale 2008), Veltroni gli chiese di entrare nella Costituente («ma le cose le deve fare chi le sa fare. A me piace che la politica sia un mestiere»). Grande fan di Barack Obama, dal palco di Sanremo 2008 dichiarò: «Un grande segno di cambiamento, dovremmo votarlo anche in Italia».
«Adesso ci serve Renzi. Serve cambiare il simbolo. Il racconto del nostro Paese langue. Bisogna inserire personaggi nuovi per renderlo affascinante. Dopo Berlusconi e Grillo c’è bisogno di energia nuova».
• «Ah, se riuscissimo a cambiare le persone nei centri di potere! Il segnale sarebbe talmente forte… Gente nuova nella cultura, nella scuola, nella tv, nell’economia. Pensa: un Campo Dall’Orto alla presidenza Rai, un Baricco alla Cultura, solo per parlare dei settori che conosco. Questo cambio di facce avrebbe una valenza simbolica che contagerebbe il singolo cittadino, generando entusiasmo. L’individuo non può farcela da solo. Io ho conquistato il mio spazio perché ho trovato delle porte aperte. La politica deve riaprire quelle porte».
• «Il matapalo è un arbusto che si arrampica intorno all’alberone, finché lo soffoca e ne prende il posto, in attesa che un altro matapalo l’avvolga e lo soffochi. La natura è crudele, fidati. A noi piace quella finta, le colline della Toscana, ma quei panorami li ha fatti l’uomo. È la destra che esalta la wilderness della natura. La sinistra deve tenere insieme natura e cultura, il lupo e l’agnello, come li chiamava Gurdjieff».
• «Berlusconi, umanamente mi è simpatico. Ma lo combatto perché in tutti questi anni non ha fatto nulla per l’Italia. In lui vedo il prodotto di un Paese di individui e non di cittadini, un Paese che la sinistra non ha capito. La sinistra non ha raccolto la sfida. Ha giocato un altro sport».
• «Grillo? Sono un fan dell’uomo di spettacolo. Mi conferma nella mia rabbia, ma questa rabbia non si trasforma in entusiasmo. Non voglio offendere chi l’ha votato, sono sicuro che l’ha fatto in buona fede, ma quando ascolti un comizio di Grillo non ti viene mai voglia di rimetterti in gioco, di cambiare la tua vita».
• «Avevo un babbo anticomunista e una zia del Pci. Sotto casa c’erano un ritrovo di fasci e uno di comunisti. A me piacevano le moto dei comunisti e le scarpe dei fascisti. Nella mia testa di bambino non esistevano pregiudizi».
Critica Nella Top 10 delle cose per cui vale la pena vivere del settimanale satirico Cuore c’era anche: “Impiccare Jovanotti per le palle”.
• «Dopo essere stato un’icona del disimpegno è cresciuto e si è sempre più espresso sulla realtà che lo circondava. Dal manifesto filosofico del 1994 (quel Penso positivo che includeva in una sola “grande chiesa” figure disparate come Che Guevara, madre Teresa, Malcolm X, e la comunità di San Patrignano) al rap Cancella il debito con cui, dal palcoscenico del Festival di Sanremo del 2000, si rivolse direttamente a Massimo D’Alema, le sue sortite hanno sempre fatto comodo ai polemisti. E hanno sempre venduto moltissimo» (Guia Soncini).
• «Ebbe successo proprio in mezzo a quella deriva etica e politica che chiamammo “riflusso”, nei primi Ottanta, e ne fu uno degli espliciti cantori. Esprimeva allegro menefreghismo, voracità vitalistica, disimpegno, discotechismo spensierato, consumismo sfrontato. Era potente e comunicativo, bello e giovanissimo, inafferrabile e respingente per lo sguardo preoccupato (e un po’ barbogio) della critica militante e del giornalismo pensoso, assolutamente irritante per la gioia naturale con la quale viveva una giovinezza disinibita e impolitica. Scrivemmo cose di fuoco contro quel ragazzotto libero e giocondo, non tutte infondate se si riascoltano canzoncine come La mia moto e Gimmi five... e nessuno poteva sospettare che proprio quel tipo lì, come folgorato da una crisi adolescenziale tardiva, sarebbe poi diventato, verso la trentina, un’icona del cantare politico e dell’impegno cantautorale, quasi rovesciando la propria vicenda artistica» (Michele Serra).
• «È diventato un “celentanino” tromboneggiante le consuete opinioni generosamente generiche, ingenuamente ideologiche, ovviamente sentenziose che ci aspettiamo, che temiamo. Siate buoni, se potete. Vogliatevi bene. E vogliatene anche agli extracomunitari, giacché ci siamo» (Roberto D’Agostino).
• «Ha scollinato i quaranta, sa scrivere, ha grandi musicisti alle spalle. Il guaio è che è migliorato in tutto, tranne che nella voce. Il suo cantato è commovente per mancanza di modulazione, squisitamente tenero nella ciclicità con cui inciampa in stecche e “zeppe” mucciniane. Se la voce stesse ai cantanti come l’uso della macchina da presa ai registi, a Jovanotti non farebbero girare neanche il trailer di Don Matteo» (Andrea Scanzi).
• «Dopo il ragazzino dell’“uno, due, tre, casino”, dopo il guru dei giovani che faceva convivere nei suoi testi Che Guevara e Madre Teresa e che se la prendeva con Oriana Fallaci, ecco il poeta dei sentimenti che però resta legato all’avanguardia nei suoni» (Andrea Laffranchi).
Frasi «Un mia minibiografia? Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti. Ha rinnovato il linguaggio della canzone popolare italiana. Ha avuto successo anche all’estero, non allo stesso livello perché era impossibile. Le sue canzoni, in Italia, le conoscono tutti. Il che non vuol dire che piacciano a tutti. Gli vogliono bene in molti e lui ricambia».
• «Io non mi aspettavo niente, volevo solo fare il disc-jockey, e già mi bastava, per cui rivedermi con Bono, con Prodi, con migliaia di persone ai concerti, è stata una continua sorpresa, appena vedevo una porta ci entravo dentro, senza bussare, è il mio carattere, sembrano mille vite, non c’è una coerenza».
• «A me piacciono cose che non stanno insieme nella stessa compilation, Elton John e De André, il pop e Miles Davis. Ricordi quel film dove Nanni Moretti diceva ironicamente: “Ve lo meritate Alberto Sordi”? Il guaio è che a me piacciono sia Moretti sia Sordi».
• «Mi sembro davvero Pinocchio, uno che ne ha fatte di tutti i colori, anche a dispetto della mia volontà, ho incontrato mille gatti e volpi, fatine, mangiafuochi».
• «Credevo che sarei morto tra i trenta e i quaranta, ma forse solo perché non riuscivo a immaginare la mia vita da grande».
• «A sessant’anni il nome Jovanotti funzionerà ancora di più. Sul web gira una battuta: da ragazzo Vecchioni si chiamava Jovanotti…”».