Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Carlo Freccero

• Savona 5 agosto 1947. Autore e dirigente televisivo. Dal 4 agosto 2015 membro del Cda della Rai (su indicazione del M5S e di Sel). Ex direttore di Raidue (agosto 1996-febbraio 2002), poi cinque anni pagato per non fare niente («colpa del berlusconismo, ma non solo»), alla fine ha fatto causa alla Rai. Breve ritorno in Rai nell’ottobre 2005 tra gli autori di Rockpolitick. Dal luglio 2007 al maggio 2010 è stato presidente di RaiSat: «È come se proponessero a Kakà di giocare nell’Avellino». Dal 2008 al 2013 direttore di Raiquattro, canale digitale della Rai.
• In pensione dal 5 agosto 2013: «Sono felice che la Rai mi abbia messo in pensione il giorno del mio compleanno, dopo troppi anni nel limbo al secondo piano di viale Mazzini, in quelle stanze dove gli scherani di Silvio Berlusconi relegavano i dissenzienti. Fosse stato per loro mi avrebbero pure gasato, disintegrato» (a Riccardo Bocca).
• Prima era stato direttore dei programmi di Italia 1, assistente del presidente a Rete 4, direttore de La Cinq e di Italia 1, consulente di Raiuno. «Ho iniziato col cinema parecchi anni fa quando da ricercatore di Filosofia a Milano scrissi trecento riassunti di film per un’enciclopedia di Berlusconi e lui, stupito dalla velocità del lavoro, mi assunse a Canale 5».
• «La sua fama di innovatore televisivo comincia in Mediaset che però allora si chiamava Fininvest. A Parigi, alla Cinq (sempre per conto di Berlusconi), il genio non funziona e il giovane creativo deluso ripara in Italia. A capo di Raidue, Enzo Siciliano presidente, viene accolto come salvatore della Patria. Il primo anno qualche novità la tenta per davvero e il Macao demenziale di Gianni Boncompagni e Alba Parietti diventa il tormentone nazionale. Poi, l’affloscio» (Pietrangelo Buttafuoco).
• «Diventato direttore, l’8 agosto 1996 coniò uno slogan per la sua Raidue: “L’innovazione e la memoria”. Ha tenuto fede al suo motto. Il programma per cui sarà ricordato è Anima mia, un vero cult: partito il 24 gennaio 1997, in prima serata, con Fabio Fazio, Claudio Baglioni e Sabina Ciuffini, è stato un trionfo (oltre 6 milioni, fino a 7 milioni e mezzo nell’ultima puntata), ma soprattutto per la critica tutta favorevole. A rimpiazzare Anima mia ci pensò Pippo Chennedy show, per l’occasione Dandini&Co lasciarono la terza rete per Raidue. Lontani dai 6 milioni, il programma fu però un discreto successo. Ma non tutto è stato felice: la storia di Carosello di Marco Giusti, con Ambra in versione intellettuale, non andò secondo le previsioni. Piovvero le critiche: improvvisazione. E Macao? Da tv del vuoto a unico programma intelligente (Enzo Siciliano dixit). Lo show con Alba Parietti diventò una sorta di Quelli della notte versione giovane e gli ascolti potevano considerarsi soddisfacenti. Dopo la pausa estiva, il declino. E un’ingloriosa chiusura forzata (gennaio 1998) per mancanza di telespettatori» (Maria Volpe).
• «Appena arriva a dirigere una rete assesta un paio di mazzate in giro. All’inizio il sangue sgorga copioso, la circolazione di idee e di articoli sui giornali è esuberante. Il salasso rinvigorisce gli ascolti e le opinioni degli opinion leader. Poi però inizia la coagulazione: audience e simpatie si rapprendono, la televisione cicatrizza le novità e comincia la fase di rigetto: l’ordine della tv (l’ordine dei politici, l’ordine dei cassieri, insomma l’ordine) deve sopravvivere al disordine. E la televisione sopravvive a Freccero» (Gualtiero Peirce).
• «Ho lasciato Berlusconi il 5 maggio 1992. All’inizio della mia direzione di Italia 1 misi in onda sia Gianfranco Funari che Giuliano Ferrara: erano programmi che affrontavano le magagne di Tangentopoli con l’obiettivo di controprogrammare la Rai 3 di Angelo Guglielmi. Berlusconi ci vide la possibilità di un inizio di commistione tra politica e televisione. Non ero d’accordo. E da quel momento ho incontrato solo qualche volta Fedele Confalonieri a qualche convegno. Quando una storia finisce, finisce».
• Tiene corsi di teorie e tecniche del linguaggio televisivo all’Università Roma Tre, e all’Università degli studi di Genova. Autore di diversi saggi scientifico-divulgativi.
• Dal 2007 al 2012 “Chief advisor” (non retribuito) per la Cultura del sindaco di Genova Marta Vincenzi.
• Dell’esperienza alla direzione di Raiquattro ha detto: «Una rete per un pubblico giovane, che naviga su Internet, sensibile alle suggestioni della moderna comunicazione. La moltiplicazione dei canali e l’interattività producono, accanto a quello passivo della tv generalista, un nuovo pubblico: sono giocolieri, utenti televisivi provenienti dal web, che mandano filmati, fanno a loro modo giornalismo. Raiquattro vuole intercettarli e trasformare gli spettatori in autori: il web sarà una fonte formidabile».
• «Una tv fatta con “gli scarti” della tv normale è il notevole paradosso inventato da Carlo Freccero per la sua nuova Raiquattro. Freccero sa benissimo che con quello che non va in onda sui soliti canali si può costruire la migliore tv del mondo. E ci gioca, quindi, con il concetto: ma per mille motivi è ben lontano dall’impresa vera, quella che nessuno, ai piani alti Rai, gli consentirà mai. Quello che è proibito dire è che mai e poi mai i dirigenti alle prese con i conti dell’Auditel rischieranno davvero di creare altrove un prodotto accattivante» (Antonio Dipollina).
• «Carlo Freccero, avendo il complesso della cultura, è costretto a inventarsi ascendenze situazioniste e a convincersi che la televisione sia un derivato del mass mediologo Guy Debord» (Pierluigi Battista).
• Considera il talk show un genere televisivo al tramonto: «Il talk show è figlio di una epoca, il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica a cui tutti i cittadini sentivano di potere e dovere partecipare. Si parlò allora di spazio pubblico, di agorà virtuale che permetteva a tutti di dibattere ed interagire con la cosa pubblica. I talk si riproducevano e nascevano a ritmo accelerato. Oggi affondano nell’indifferenza di audiences ad un’unica cifra rivelando la disaffezione, l’inerzia, di quello che era stato un pubblico forte ed attivo e una opinione pubblica informata. Ricostruire una comunicazione di sinistra è sempre più difficile. Ormai tutta la comunicazione è diretta sull’individuo e i suoi bisogni. Fa appello a ciascuno di noi e ci chiama per nome come fa Renzi guardandoci negli occhi: «tu Marco, tu Martina, tu Vincenzo…».
• Di Matteo Renzi ha detto che «fa un racconto consolatorio, come una soap opera».
• «Mai stato un elettore di Grillo. Ho votato Syriza. Però voto per i grillini a livello locale» (a Tommaso Ciriaco nell’agosto 2015).
• Attore in Il segreto del successo (Massimo Martelli 2003) e Volevo solo dormirle addosso (Eugenio Cappuccio 2004), dove interpreta un direttore televisivo licenziato.
• «Ha confessato di aver messo da parte l’idea di farsi prete dopo aver letto L’età della ragione» (Filippo Ceccarelli).
• Nel 2013 ha pubblicato Televisione (Bollati Boringhieri).
• Sposato con Daniela Strumia.