30 maggio 2012
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Biografia di Dario Franceschini
• Ferrara 19 ottobre 1958. Politico. Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo nel governo Gentiloni (dal 12 dicembre 2016) e nel precedente governo Renzi (2014-2016). Ministro per i Rapporti con il Parlamento e il Coordinamento dell’attività di governo nel governo Letta (2013-2014). Segretario nazionale del Pd (dopo le dimissioni di Veltroni) dal 21 febbraio al 25 ottobre 2009, presidente del gruppo alla Camera dei deputati (2009-2013). Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nei governi D’Alema II e Amato II (1999-2001). Franceschini è stato tra i fondatori della Margherita.
• Laurea in Giurisprudenza a Ferrara con una tesi in Storia delle dottrine politiche. Avvocato civilista e cassazionista.
• Figlio di Giorgio Annibale (1921-2012), deputato Dc negli anni Cinquanta. A 16 anni, nel suo liceo, lo scientifico Roiti, fondò un’associazione democratica di ispirazione cattolica. A 18, nel 1976, si iscrisse al movimento giovanile della Dc guidata allora da Benigno Zaccagnini. «L’avvento di Silvio Berlusconi terremotò anche il nostro. Nelle elezioni del 1994, la Dc-Ppi era indecisa se allearsi col Cav. o col pidiessino Achille Occhetto. Ciuffolino (così soprannominato per il vezzoso ciuffo ribelle – ndr) disse: “Abbiamo sempre detto che la Dc è un partito di centro che guarda a sinistra. Ora ci andiamo”. Ma il Ppi di Rocco Buttiglione decise di non decidere e si presentò da solo. Ciuffolino si inalberò e abbandonò il partito. Aderì ai Cristiano-sociali, tarda versione dei comunistelli di sacrestia. Fondò quest’ameba di partito a Ferrara e divenne assessore comunale. Quando, l’anno dopo, il Ppi si alleò col Pds, Ciuffolino rientrò tutto giulivo. Andò a riprenderselo in pompa magna il nuovo segretario, Gerardo Bianco, che fece apposta un viaggio a Ferrara. Dopo la reintegrazione, Ciuffolino si scoprì più ambizioso. Ormai sui 40, insisteva, pensando a sé, per un ricambio generazionale. Lo accontentò Franco Marini, succeduto a Bianco, che lo nominò suo vice in coppia con Enrico Letta. Nel 1999, Max D’Alema lo fece sottosegretario del suo governo. Preso da euforia, Ciuffolino si candidò poi alla testa del Ppi contro il corregionale Pierluigi Castagnetti. Perse, ma entrò nel giro che conta dei tg e di Porta a porta. Qualche insultino a Berlusconi (“È in stato confusionale”; “Sembra Antonio La Trippa dei film di Totò”; “Scredita l’Italia”) mise le ali alla carriera» (Giancarlo Perna).
• Segretario di partito dopo le dimissioni di Walter Veltroni, nell’ottobre dello stesso anno, il 2009, perse alle primarie contro Pierluigi Bersani. Dopo la sconfitta, riorganizzò tutte le forze che avevano sostenuto la sua candidatura in una componente interna al Partito democratico, Area democratica.
• Alle primarie del dicembre 2013 appoggiò a sorpresa Matteo Renzi. «Sì, mi ha stupito, spero ci sia una revisione critica, non del Franceschini del 2008 quando stava con me, ma degli anni successivi» (Walter Veltroni) [Rep 4/9/2013].
• «Ciuffoletto si è sempre appollaiato sull’omero del leader di turno, abbandonandolo all’apparire di quello nuovo» (Giancarlo Perna)
• «Va dove soffia il vento. Il vento in poppa si chiama Matteo Renzi, e così, dopo aver speso parole non proprio encomiastiche nei confronti del sindaco di Firenze, adesso è il momento di virare. Ex popolare, prima prodiano poi dalemiano, poi veltroniano, poi fedelissimo di Bersani, poi lettiano, infine rottamatore. La parabola del ministro per i rapporti col Parlamento è costellata di cambi di casacca. Nessun timore, nessuno scrupolo: Franceschini è il simbolo dell’antitesi. E l’emblema della par condicio. Perché non c’è stato uno che abbia sostenuto e che non abbia poi criticato una volta passato alla concorrenza. E così il copione si ripete anche col rottamatore» (Domenico Ferrara) [Gnr 2/9/2013].
• Nel governo Renzi si è distinto per le numerose iniziative, più o meno apprezzate: dall’introduzione dell’«art bonus» (un credito d’imposta del 65% che devolvono una somma in favore del patrimonio artistico o delle attività culturali) al «Grande Progetto Pompei», dall’accorpamento delle soprintendenze alla nomina mediante selezione pubblica internazionale dei direttori dei venti principali musei italiani (tra cui sette direttori stranieri), fino alla legge che riorganizza il settore cinematografico. «Musei, monumenti, aree archeologiche non sono solo il fulcro di importanti flussi turistici che dall’estero sempre di più sostengono un settore che, nonostante le difficoltà interne, conta il 10,3% del Pil. Sono anche potentissimi attrattori di investimenti stranieri, che trovano nella bellezza del nostro Paese un valido motivo per insediarvi attività e stabilimenti. Per questo ritengo fondamentale mettere la cultura e il turismo al centro delle politiche di governo».
• Si disse contrario alla reintroduzione del voto di preferenza, in accordo con la riforma elettorale denominata Italicum. «Vedo che le preferenze sono diventate improvvisamente popolarissime, ma io, che ho iniziato a prenderle, e molte, a vent’anni, sento il dovere morale di dire che oggi sarebbe un errore enorme reintrodurle» [Cds 24/1/2014].
• All’interno del Pd, guida l’ampia corrente «Area dem», «quella numericamente più forte in Parlamento, visto che al suo interno annovera un centinaio fra deputati (una settantina) e senatori (una trentina). Calcolatrice alla mano, circa un quarto dell’intera pattuglia parlamentare. Di Area dem fanno parte molti esponenti di spicco del Pd, a cominciare dai due capigruppo a Montecitorio e Palazzo Madama, Ettore Rosato e Luigi Zanda, ma anche la vicepresidente della Camera Marina Sereni e l’ex sindaco di Torino Piero Fassino (che non è parlamentare). E che dire di Francesco Saverio Garofani? Pure lui “franceschiniano”, il 21 luglio 2015 è diventato presidente della commissione Difesa della Camera subentrando ad Elio Vito (Forza Italia). Nella lunga lista figurano anche la vicesegretaria dem Debora Seracchiani, la ministra della Difesa Roberta Pinotti, i sottosegretari Pier Paolo Baretta, Antonello Giacomelli, Gianclaudio Bressa e Luigi Bobba. Più i componenti della segreteria Francesca Puglisi (Scuola), Emanuele Fiano (Riforme) e Chiara Braga (Ambiente). Ultima, ma non meno importante, “Lady Pesc” Federica Mogherini. Cosa vogliono i franceschiniani? L’ha chiarito Zanda non più tardi di tre giorni fa: “La maggioranza va ricercata con l’obiettivo di proseguire fino alla naturale conclusione della legislatura”» (Giorgio Velardi) [La Notizia 10/12/2016].
• «Franceschini è molto astuto, è un paraguru» (Pippo Civati).
• «Passi felpati, una ottima capacità di farsi concavo e convesso, parole calibrate a ogni uscita pubblica» (Amedeo La Mattina).
• «Ha l’aspetto del genero che tutte le mamme vorrebbero avere. Il desiderio delle mamme non è tuttavia di solito quello delle figlie» (Lucia Annunziata).
• «Franceschini mi sembra un seminarista che ha abbandonato il colletto e la tonaca» (Umberto Pizzi).
• «Cosa pensasse di lui, Renzi l’aveva detto due anni fa al microfono in una direzione del Pd: “Scusate, nella ressa è sparito un cappotto. Dario si è già costruito un alibi di ferro”. Solo processi indiziari a carico dell’avvocato Franceschini, mai una prova che abbia consentito alle sue presunte vittime di incastrarlo» (Francesco Verderami) [Cds 8/12/2016].
• Autore di quattro romanzi, tutti Bompiani. Esordio con Nelle vene quell’acqua d’argento (2005), vincitore del premio Chambéry (tra i finalisti sconfitti anche La scoperta dell’alba di Walter Veltroni), pubblicato in Francia da Gallimard: «L’ho tenuto lì dieci anni. Quando ero assessore alla cultura, a Ferrara, avevo messo su una biblioteca dei manoscritti inediti: migliaia e migliaia di pagine mai lette da nessuno. Un esorcismo, in un certo senso. Poi un giorno, per caso, ne ho parlato con Veltroni. Mi ha detto riprendilo, fai quello che senti. Così l’ho riletto, l’ho spedito. Se potessi scegliere cosa fare nella vita, il politico o lo scrittore, credo che sarei pronto al salto». Del 2007 è La follia improvvisa di Ignazio Rando e nel 2011 esce Daccapo, un romanzo che ha come protagonista il figlio di un notaio di provincia il quale scopre che il padre ha avuto 52 figli segreti da altrettante prostitute: «Io lo so benissimo che per via del lavoro che faccio qui si legge tutto in controluce: e guarda Franceschini che sogni torbidi che fa, e guarda che vena di pazzia che nasconde. Eppure Salgari non era un corsaro, no? I giallisti non sono mica serial killer. Però lo vedo, lo so che nei miei libri cercano soprattutto qualcosa da poter usare in politica». L’ultimo s’intitola Mestieri immateriali di Sebastiano Delgado (2013).
• In gioventù sbandieratore (anche istruttore): «A Ferrara c’è una grande tradizione di sbandieratori, e i ragazzi della mia generazione l’han fatto tutti».
• Testimone di nozze del collega di partito Renzo Lusetti con Vira Carbone (5 maggio 2008).
• Due figlie, Caterina (1990) e Maria Elena (1997), dal primo matrimonio (1986-2011) con Silvia Bombardi; una terza figlia, Irene (2015), dal secondo matrimonio con Michela Di Biase (Roma 1980), giovane e assai avvenente capogruppo del Pd per il Comune di Roma impalmata nel 2014.