30 maggio 2012
Tags : Giacobbe Fragomeni
Biografia di Giacobbe Fragomeni
• Milano 13 agosto 1969. Pugile. Campione Ue dei massimi leggeri (dal 31 luglio 2007 battendo Vincenzo Rossitto). Il 24 ottobre 2008 ha conquistato al Palalido di Milano il titolo di campione del mondo Wbc nella categoria dei pesi massimi leggeri, battendo ai punti il pugile ceco Rudolf Kraj. Nel 2016 vincitore de L’isola dei famosi 11.
• Nato e cresciuto allo Stadera, quartiere alla periferia di Milano, di droghe ne ha provate tante: acidi, eroina, cocaina. Ma non si è mai bucato: «Nel giardinetto proprio sotto il mio asilo, c’era il ritrovo dei tossici. Non c’erano le mattonelle, c’erano le siringhe sotto i piedi comprate nella farmacia di fronte. Le cantine del cortile del mio stabile erano ancora aperte e ci si drogava giù per le scale. Ho trovato ragazzi morti, quanti funerali ho visto. Per me la droga era una compagna: perché volevo evadere da situazioni familiari difficili. Poi è morta mia sorella (Letizia detta Mary, malata di Hiv, uccisa da una dose tagliata male – ndr). Ero rimasto solo con mia madre, e ho detto basta: uno normale dev’esserci». Il padre ex parquettista, poi parcheggiatore abusivo: «Era un alcolizzato. E quando beveva picchiava Rita, la mamma. Papà entrava e usciva di galera. Gli piaceva il gioco delle carte, ci ha lasciati con una montagna di debiti. Di soldi in casa ne entravano davvero pochi. Ero un ragazzino di 13 anni, un ingenuo. Pensavo che se avessi tolto il vino a mio padre lui non si sarebbe più ubriacato. E stato così che ho cominciato a bere. Non avevo capito che a lui bastava un bicchiere per trasformarsi. Allora ho deciso di ribellarmi, ho avuto degli scontri duri con lui. La notte mi svegliavo, sentivo che se la prendeva con mamma e io non potevo fare niente. Poi, qualcuno ha massacrato lui di botte. I dottori lo hanno curato, gli hanno prescritto delle medicine. Le mandava giù con il vino. Fino a quando, il 6 gennaio del 1990, è morto di cirrosi epatica». «Nessuno di noi pianse. È brutto dirlo ma fu una liberazione», scrive Fragomeni nella sua autobiografia Fino all’ultimo round. La mia storia (Limina 2013). «Smessa la divisa, abbandonate le sbronze e gli sballi, Giaco inizia a lavorare come asfaltista, dalle quattro del mattino alle quattro del pomeriggio. Pesa 120 chili, non riesce a prendere un tram perché il fiatone lo tradisce. Vede un ragazzo del quartiere con la borsa della Doria, palestra-tempio della boxe milanese, e gli chiede informazioni. Decide di iscriversi, soprattutto per perdere peso. E la sua storia cambia» (Maurizio Maggi) [Esp 29/11/2013].
• «Perché parlo di droghe? Perché è giusto sapere da dove si viene. Ne ho presa talmente tanta da piccolo quando pesavo 120 chili, ne ho fatto tanto uso che adesso mi fa schifo, non ne voglio sentire neanche l’odore, mi irrita e mi spaventa. Lo sport mi ha aiutato tanto, mi ha dato tutta la forza per uscire. Salendo sul ring mi sono preso la responsabilità: a botte fai tu, non gli amici. Devi dedicarti anima e corpo. La boxe mi ha aiutato a diventare uomo e a uscire dalla droga».
• Il primo match lo ha combattuto da dilettante a 21 anni: «Me lo ricordo sì, a Savona, contro Ruocco, un ruffone, quelli che legano e danno testate. Vinsi per squalifica» (Carlo Verdelli) [Ven 6/11/2015].
• «Giacobbe Fragomeni ha il sorriso mite di Liam Neeson in Schindler’s List e la stessa feroce determinazione. Neanche un metro e ottanta per 90 chili di peso quando è in forma, massiccio ma non enorme, cranio rasato e occhi azzurro scuro come il nonno Giacobbe (un pugliese da cui ha preso il nome e un’incapacità genetica di parlare il milanese, nonostante a Milano ci sia nato), Fragomeni ha un viso uscito abbastanza indenne da 25 anni sui ring, migliaia di round e 182 combattimenti ufficiali, tutti vinti tranne 5 più 2 pareggi. L’italoamericano Antuofermo, re dei pesi medi per una breve ma entusiasmante stagione, uno che ha dovuto farsi la plastica per i tanti colpi che l’hanno sfigurato, si presentava così: “Vito sanguina dal viso, mai dal cuore”. E Giacobbe dove sanguina? “Non sanguino. Ho la pelle da motociclista, è difficile che si spacchi, anche se la mia è una boxe frontale. Gli avversari ti pizzicano, ovvio”. Ti pizzicano? “Sì, è un modo per dire quando il pugno lo senti”. A furia di pizzicate, quanti punti di sutura ha rimediato? “Tra testa, braccia e il resto, saranno un 200, 250”» (Verdelli, cit.).
• Dal 1998 fa solo il pugile. Ha rischiato di chiudere presto: nel 2002 distacco del tendine del braccio sinistro. C’è voluto un miracoloso trapianto per non sentire il brivido.
• «Mi piacerebbe combattere a San Siro: non perché tifo Milan, ma per sentirmi davvero un pugile dei tempi antichi. Sarebbe ideale un mondiale subito dopo una partita del Milan. O meglio: quando c’è il derby» (Riccardo Signori) [Grn 26/5/2009].
• «A dispetto del soprannome vagamente imbarazzante (il Gabibbo) ha doti e spessore per essere considerato uno dei massimi leggeri più bravi d’Europa» (Claudio Colombo).
• Grande appassionato di tatuaggi, si è fatto incidere il nome della prima figlia Letizia Maria (2005) sul collo («Tutti gli altri hanno qualcosa a che fare con eventi speciali della mia vita»). Separatosi dalla moglie Morena Fraschini, ora convive con la sua project manager Sara Rossetti a Lesignano de’ Bagni (Parma).