30 maggio 2012
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Biografia di Carla Fracci
• Milano 20 agosto 1936. Ballerina. Dal 2001 direttrice del Ballo dell’Opera di Roma. Nel 2008 ha interpretato Madre Teresa di Calcutta in I have a dream-I care, ideazione e regia del marito Beppe Menegatti, coreografia di Luciano Cannito, e Franca Florio, regina di Palermo (regia e coreografia di Cannito). «Facendo delle radiografie per la cervicale, s’accorsero che avevo nel braccio un ago, probabilmente lasciato in un costume... Non sono riusciti a capacitarsi di come non me ne fossi accorta. Ma io, quando danzo, sono altrove».
• Padre tranviere, madre operaia alla Innocenti che per arrotondare metteva i datteri nelle scatole, entrambi con la passione del ballo, nell’ottobre del 1946 entrò alla Scuola di danza del Teatro alla Scala di Milano, il 31 dicembre 1956 sostituì la prima ballerina Violetta Verdy nella Cenerentola di Prokofiev: da allora ha ballato nei più prestigiosi teatri del mondo con i più celebri ballerini, da Nureyev a Vassilev. Nella sua carriera anche ruoli da attrice, tra cui quello della soprano Giuseppina Strepponi nel Verdi televisivo (1982).
• «Mai se lo sarebbero immaginate la nonna Argelide e la mamma Santina, né tantomeno il papà, sergente maggiore, quando scriveva le sue lettere dalla Russia, per sapere delle figliuole al casolare di Gazzoli degli Ippoliti. Chi si sarebbe immaginato lì in campagna che la bambina di Luigi e Santina, quella più piccola, quella tanto brava a portare le oche al torrente, quella che sembrava uno scricciolo e invece con una bacchetta in mano riusciva a tenere in fila il drappello di ochette molto meglio delle sue coetanee, chi se lo sarebbe immaginato che lei, proprio lei, avrebbe fatto tanta strada a passo di danza?» (Lina Sotis).
• «Da piccola mi piaceva muovermi. Ero un’attrazione tra i grandi che la domenica ballavano il liscio al laghetto Redecesio, nel dopolavoro dell’azienda tranviaria. Così i miei mi portarono all’esame di ammissione per la scuola di ballo della Scala» (a Leonetta Bentivoglio).
• «Per me bimbetta, ballare voleva dire tanghi, valzer, polke nelle balere che frequentavano i miei giovani genitori, ballavo con mio padre e tutti si fermavano a guardare. Quando però, alla Scala, vidi Margot Fonteyn nella Bella addormentata mi sono trovata davanti a un faro che ha illuminato la mia vita» (a Francesca Pini).
• «Se gli italiani hanno scoperto il balletto negli anni 50 e 60, gran merito va alla ragazza milanese di periferia, che apparve sulla scena al momento giusto, nella Scala del dopoguerra diretta da Antonio Ghiringhelli e stregata dalla voce di Maria Callas. Fu Luchino Visconti, il famoso regista, a segnalare la “Carlina” nel Passo d’addio, il saggio pubblico (ora non si fa più) di fine corso o scuola. Carla danzò con Mario Pistoni lo Spettro della rosa di Fokin dopo la Sonnambula della Callas. Era il 1955, fu la rivelazione di quella magica stagione. Poi, nel 1961, arrivò in Occidente Rudolf Nureyev, e il balletto europeo tornò grande. La Fracci, erede naturale di Margot Fonteyn, prima partner del “gran tartaro”, formò una coppia ideale con Rudy. “Allora non potevo neppure pensare di diventare una star, sapevo di dover lavorare senza fermarmi. Talvolta mi chiedevo: se fosse un sogno? Se finisse tutto domani?”» (Mario Pasi).
• «Riverberata dagli abiti immancabilmente bianchi, sovrana di uno stile angelicato e senza tempo. Altro che femminismo, altro che mode. Fracci ha reso il tutù e le punte un sogno popolare, restituito i paradisi del balletto all’uomo della strada: “Ho danzato nei tendoni, nelle chiese, nelle piazze. Sono stata una pioniera del decentramento. Volevo che questo mio lavoro non fosse d’élite, relegato alle scatole d’oro dei teatri d’opera. E anche quand’ero impegnata sulle scene più importanti del mondo sono sempre tornata in Italia per esibirmi nei posti più dimenticati e impensabili. Nureyev mi sgridava: chi te lo fa fare, ti stanchi troppo, arrivi da New York e devi andare, che so, a Budrio... Ma a me piaceva così, e il pubblico mi ha sempre ripagato”» (Bentivoglio).
• «Confesso che nella mia vita non ho dovuto rinunciare a nulla. Spesso si esagera nel raccontare la danza come un mondo di sacrifici e privazioni: la disciplina, la costanza e lo studio occorrono, non basta mettersi su un piedistallo e dire “Io sono l’étoile” per avere successo. Ma la vita che si conduce è normalissima, almeno per me lo è stata, permettendomi di essere moglie e madre».
• «Come dice la mia amica Rita Levi Montalcini, l’errore più grosso è andare in pensione. Ci vuole costanza, ci vuole attività, ci vuole sentimento» (nel 2006).
• Nel 2007 Roberto Bolle la invitò a lasciare ai giovani la direzione del corpo di ballo all’Opera di Roma: «Io non devo rendere conto a lui della mia carriera, ho ancora molto da insegnare, e quando ballo mi ritaglio ruoli adatti a me; se interpreto la Regina Madre nel Lago dei Cigni non porto via niente a nessuno».
• Col marito (matrimonio nel 1964) si incrociarono la prima volta «in sala prove, alla Scala. Era il maggio del 1954. Beppe venne con Visconti. Era il suo assistente per Mario e il mago, un balletto di Mannino. Che però fu rimandato di un paio d’anni. Ma l’anno dopo, nel 1955, per il mio passo d’addio, Beppe c’era. E anch’io, ricordo, andavo in teatro, a vederlo provare, dalla balaustra. Erano i tempi di Visconti e della Callas: Vestale, Sonnambula, Traviata. Una stagione di collaborazioni straordinarie: Giulini, Bernstein. Circostanze come quelle... ci vorrà un bel po’ di tempo perché possano ripresentarsi.. Qualche generazione, forse. Beppe era al centro di tutto questo e a me sembrava... irraggiungibile».
• «Beppe mi ha permesso di spaziare, mi ha dato ruoli drammatici e lirici, mi ha fatto uscire dagli stereotipi. Ricordo che Paola Borboni era furiosa che ci sposassimo. Diceva che la danzatrice deve rimanere casta e libera. Sgridava Beppe: lasciala stare! Lei profuma l’Italia! Poi però, quando nel 69 nacque nostro figlio Francesco, loro due fecero pace. Desideravo tanto diventare madre, anche se all’epoca era una cosa insolita per una ballerina. Oggi Francesco è architetto e io sono nonna».
• «Non c’è mai stato un momento in cui mi sono sentita più importante di Beppe. Anzi. Forse per sfortuna, o forse per il suo carattere, estremamente generoso, lui non ha oggi nel teatro italiano la posizione che merita. Spesso è stato il primo a scoprire il talento di artisti poi divenuti grandi, come Ferruccio Soleri, Antonio Gades, lo stesso Ronconi. Ma Beppe è il tipo che si fa vincere dagli affetti. Io sono una che parla poco. Ma osservo. A volte noto segnali, in qualche modo premonitori, di situazioni che poi, puntualmente, si verificano...» (a Donatella Bertozzi).
• Dal 2004 è Ambasciatrice della Fao.
• «Mio padre era un milanista sfegatato, così anch’io ho nutrito sempre una simpatia per i rossoneri. Mi piacevano Rivera e campioni come Coppi e Bartali, che fanno onore allo sport».