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 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Attilio Forgioli

• Salò (Brescia) 17 marzo 1933. Pittore.
• «L’idea del mondo l’ha avuta un altro ed è diventata mia».
• «Forgioli comincia con delle immagini di campi di concentramento, a fine anni Cinquanta, e allora legge Majakovskij e Brecht; inoltre gli piace la pittura di Morlotti e, in genere, l’informale, ma quale? Piuttosto la versione naturalista di Arcangeli che quella densa di sensuali significati proposta da Testori; capisce la pittura di Van Gogh, e quella di Bonnard, e considera la prima meno sapiente, meno colta dell’altra, e colta del resto appare a Forgioli la sua stessa arte» (Carlo Arturo Quintavalle).
• «Di Forgioli, nel 1969, Dino Buzzati aveva scritto sul Corriere: “Scioglie dentro di sé il paesaggio in modo che si spanda nelle viscere e nel sangue”. L’effetto di questo spargimento di emozione si ritrova ancora nelle opere più recenti (Nido, Residence, Est-Ovest), spesso costellate di figure simboliche (dromedari, elefanti, rinoceronti), frammenti di un universo mitico e per questo assai lontano dalla realtà quotidiana. Eppure (ogni volta, in ogni opera di Forgioli) oltre la fantasia e il sogno torna ad apparire quell’impegno reale che rappresenta un altro dei punti fermi nel suo percorso. Che (compiuti gli studi artistici all’Accademia di Brera a Milano, dove avrà come insegnanti Funi e Reggiani) si getterà da una parte, nella ricerca ispirata a Paul Cézanne e nel dibattito attorno all’informale (Morlotti, Giacometti, Richier); dall’altra, nella politica e nel sociale. Le sue opere saranno, ad esempio, vendute (dalla cooperativa di artisti di cui faceva parte Forgioli) alle feste de L’Unità a 500 lire l’una, il prezzo di un pacchetto di sigarette: “Pochi operai le compravano, ma c’era un impegno politico in cui credevamo”» (Stefano Bucci) (Corriere della Sera 27/3/2011).
• «Dietro l’apparente armonia e l’apparente bellezza esteriore delle forme, ci sono una dissoluzione, una corruzione, un groviglio e una metamorfosi inarrestabili, un senso, torbido e inquietante, di ambiguità e di male oscuro, di cancrena e di imputridimento che - almeno a me - richiamano alla mente Céline» (Sandro Parmiggiani).
• «Uso una sola tavolozza per ogni quadro, così il colore dell’altro dipinto non mi condiziona, le tavolozze alla fine le butta via la portinaia».
• Studio a Milano, quarto piano in via Fiori Chiari, nella stesso palazzo dello studio di Piero Manzoni, che però stava al pian terreno. Buen retiro in Valsesia.