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 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Giorgia Fiorio

• Torino 23 luglio 1967. Fotografa. Teenager del Festival di Sanremo e attrice nei film dei Vanzina dei primi anni Ottanta (i due Sapore di mare), quando suo padre Cesare era direttore generale del reparto corse della Fiat. «Ragazzina dai capelli neri e il vocione basso destinata a raccogliere l’eredità di Gigliola Cinquetti e di Rita Pavone» (Sandro Veronesi).
• «Un giorno ero in aereo e un tale si è seduto accanto a me e ha cominciato a guardarmi. Quando la tua faccia passa in televisione nessuno si fa scrupoli a fissarti come un cretino. Ha cominciato a chiedermi chi ero, diceva che mi aveva visto di sicuro, che dovevo essere una famosa, una cantante, forse, e insisteva a chiedermi chi ero, chi ero, chi ero. E io, per scollarmelo di dosso, pensai di dirgli di essere un’altra: gli dissi che era impossibile che mi avesse visto, poiché abitavo a Mombasa da otto anni e facevo la fotografa. Funzionò, il tipo smise d’importunarmi e si fece i fatti suoi. Ma da quel momento cominciai a pensare a come sarebbe stato bello se fossi stata veramente quella persona lì, e decisi di diventarlo. Mi misi a lavorare con un fotografo di Torino: a portargli le borse, all’inizio, perché di fotografia non sapevo niente, e dopo nove mesi cominciai a fare i primi scatti. Ma capivo benissimo che quello che cercavo mi passava sotto gli occhi senza che io riuscissi a coglierlo. Allora seppi di questa scuola incredibile che c’è a New York, l’International Center of Photography, e feci domanda per essere ammessa. Mi presero, e passai un anno full-immersion a studiare laggiù, dove insegnano tutti i più grandi fotografi del mondo. Finita la scuola rimasi a New York, perché mi ero fissata di fare un libro sui pugili, anche se non avevo ancora un editore. Feci il lavoro, che ho pubblicato molti anni dopo, poi tornai in Italia e continuai a lavorare. Per finanziarmi vendevo poco alla volta i gioielli che mi aveva lasciato mia nonna - con grandissimo senso di colpa, come si può immaginare - : li trasformavo direttamente in pellicola, attrezzatura, biglietti d’aereo, avendo cura che non avanzasse mai una lira, come se la nonna mi avesse lasciato quelle cose, anziché i gioielli. E da lì, piano piano, grazie anche ai premi che mi davano un po’ di soldi, sono andata avanti. Ora non sono ricca, ma il mio lavoro, che è molto dispendioso, si autofinanzia».
• «Oggi tutti hanno familiarità con il linguaggio visuale. Si scattano decine di immagini con i telefonini, con le compatte digitali e anche i potenziali fotografi professionisti sono diventati tantissimi. Fare ottime foto è diventato abbastanza semplice, ma per emergere ci vuole ben altro: è indispensabile una solidissima conoscenza della macchina e delle tecniche fotografiche, ma soprattutto sapere cosa farne» (a Marcello Parilli) (Corriere della Sera 23/11/2010).
• Vive e lavora a Parigi. (a cura di Lauretta Colonnelli).