30 maggio 2012
Tags : Raffaele Fiore
Biografia di Raffaele Fiore
• Bari 7 maggio 1954. Ex terrorista. Assassino dell’avvocato Fulvio Croce e del giornalista Carlo Casalegno, vicedirettore della Stampa cui sparò il 16 novembre 1977 (morì il 29 dello stesso mese dopo due settimane d’agonia).
• «Il 16 marzo 1978 era in via Fani, a sparare sulla scorta di Moro per sequestrare il presidente della Democrazia cristiana. Subito dopo la strage salì su un treno e tornò a Torino. La sua storia di primo di sei fratelli, figlio di un operaio e di una casalinga, emigrante al Nord dalla Puglia, operaio a sua volta, rivoluzionario, brigatista rosso, assassino, ergastolano che oggi gode dei benefici di legge che l’hanno tirato fuori dal carcere, è raccontata da Aldo Grandi ne L’ultimo brigatista (Rizzoli 2007)» (Giovanni Bianconi).
• In libertà condizionata dal 1997, vive a Sarmato, in provincia di Piacenza. «Fiore è un uomo alto, pesante, quasi goffo, con un gran nasone. Lo ascolti e pensi che abbia sbagliato vita. Lo ascolti ancora e pensi che la rifarebbe» (Vittorio Macioce).
• «Da quello che dice, pare quasi che il tempo si sia fermato e lui dà l’impressione di esser ancora convinto che la strada percorsa fosse quella giusta. Allora per Casalegno le Brigate rosse avevano tentato di spacciare l’agguato vigliacco come la “risposta, ampia e diffusa, data dai movimenti e dalle formazioni rivoluzionarie di tutta l’Europa, all’assassinio di Andreas Baader, Gudrum Enslin e Jean Carl Raspe, avvenuto il 18 ottobre 1977 nel carcere di Stammhein (Germania)”. Un po’ di preteso internazionalismo, del resto una delle parole d’ordine era: “Proletari di tutto il mondo unitevi!”» (Vincenzo Tessandori).
• Intervistato il 1° maggio 2008 da Claudio Brachino nel programma di Retequattro Le storie di Top Secret, raccontò con agghiacciante freddezza come aveva ammazzato Casalegno dicendo di provare “rammarico” per i familiari delle vittime delle Brigate rosse ma aggiungendo che, «quando si fanno azioni di un certo tipo», accade di «dare dispiaceri ad altri». Queste dichiarazioni scatenarono la reazione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che il 9 maggio 2008, in occasione del primo “Giorno del ricordo delle vittime del terrorismo e delle stragi” (a trent’anni esatti dalla morte di Aldo Moro), ammonì: «Non dovrebbero esserci tribune per simili figuri».