30 maggio 2012
Tags : Giusva Fioravanti
Biografia di Giusva Fioravanti
• (Giuseppe Valerio) Rovereto (Trento) 28 marzo 1958. Attore (da bambino), terrorista nero (da grande), fu capo dei Nar. Primi contatti con la politica al liceo scientifico John Fitzgerald Kennedy di Roma (Trastevere). Frequenta la sezione dell’Msi di Colle Oppio dove conosce Alessandro Alibrandi, Franco Anselmi, Massimo Carminati (poi membri storici dei Nar insieme al fratello Cristiano). «La prima volta che uccisi era il 1978. Lo feci perché volevamo dare una lezione a un “rosso” di un collettivo. Volevamo vendicare due camerati uccisi. Facemmo un giro del quartiere e sparammo su persone che, certamente, per come erano vestite, erano comunisti» (nell’89).
• Figlio di un annunciatore Rai, a cinque anni già in un carosello televisivo, a dieci fu scelto come interprete della fortunata serie di telefilm La famiglia Benvenuti (con Enrico Maria Salerno e Valeria Valeri). Nipote di Edwige Fenech in Grazie nonna, esperienza americana con Il tormento e l’estasi, si diede ai fotoromanzi fino a quando, nel 1977, entrò nel terrorismo nero. Insieme alla moglie Francesca Mambro (sposata in carcere nel febbraio 1985) è stato condannato in via definitiva per la strage alla stazione di Bologna (2 agosto 1980, 85 morti e 200 feriti, il più grave atto terroristico della storia repubblicana).
• «“Non mi piace essere chiamato Giusva. Per me Giusva non esiste. Non sono Giusva. Sono Valerio. Col passare degli anni ho fatto un po’ pace con questo nome che mi avevano appiccicato ma ancora adesso se mio padre mi chiama Giusva reagisco a muso duro”. Anche a guardare di nascosto le tette della Fenech lo aveva trascinato il papà, un vecchio fascistone senza troppi pregiudizi che aveva visto nel figlio un pulcino dalle uova d’oro capace di guadagnare milioni su milioni di allora con la pubblicità (ricorda: “Cominciai starnutendo per il Vicks Vaporub. Mi dicevano ‘a regazzì, senti ’n po’ qua’. E mi facevano annusare del pepe: eeetchiù!”), le serie televisive, i film: “Ero in America a studiare, mi trovavo benissimo, nessuno sapeva che in Italia ero famoso, a scuola ero il primo e finalmente non avevo più il dubbio di essere un privilegiato. Papà mi chiamò: devi tornare. Chiedo: perché? Dice: è una cosa importante, poi ti spiego. Arrivo, mi racconta di Grazie nonna e dico: ma io un film come questo non lo voglio fare. Dice: aaah! ma come! adesso cosa facciamo? ho già firmato il contratto per te che sei minorenne! c’è una penale! semo rovinati. Cedetti, come sempre. Non sapevo che sarebbe stato il mio ultimo film. Lo girammo in quattro settimane e ripartii per l’America. Certo, se non fossi tornato la mia vita sarebbe stata molto diversa”» (Gian Antonio Stella).
• Non ha mai accettato l’ergastolo per la strage di Bologna: «Chi ha seguito il processo sa che non siamo stati io e Francesca. Lo sa. Sa che una strage era estranea alla nostra storia, sa che ci sono stati dei depistaggi, sa che ci è stata cucita addosso l’imputazione con testimonianze e indizi che non hanno né capo né coda. Lo sa. Per la prima volta in vita mia, sono anch’io una vittima. E questo mi ha sollevato da qualche senso di colpa. E mi ha restituito un po’ di serenità».
• Condannato a cinque ergastoli. Dall’aprile del 2004, dopo 23 anni di carcere (più 4 per buona condotta), grazie ai benefici di legge, è in libertà condizionata. Dal 2009 è un uomo libero. Iscritto al Partito radicale lavora presso l’Associazione “Nessuno tocchi Caino” (quella contro la pena di morte).
• «Io penso che non solo per noi ma per ogni criminale che usufruisce delle leggi sulla buona condotta per rientrare nella società, comune o politico non importa, sia un dovere rispondere quando gli viene chiesto conto del proprio percorso. Anzi, dovrebbe essere obbligatorio andare all’università una volta all’anno e sottoporsi a tutte le domande, anche le più scomode. Con la libertà per chi ascolta, naturalmente, di girarsi dall’altra parte, o pensare ciò che vuole delle nostre risposte. Insomma io ho un diritto di parola che nessuno può togliermi, ma penso anche di avere il dovere di rispondere a chi mi rivolge domande per conoscere meglio un passato che non riguarda solo me» (a Giovanni Bianconi).
• Una bambina, Arianna, con la Mambro, nata nel 2001.