30 maggio 2012
Tags : Dante Ferretti
Biografia di Dante Ferretti
• Macerata 26 febbraio 1943. Scenografo. Premio Oscar 2004 per The Aviator (regia di Martin Scorsese), 2007 per Sweeney Todd (Tim Burton) e 2012 per Hugo Cabret (Scorsese), tutti divisi con la moglie Francesca Lo Schiavo: «Lei è la mia tre quarti, io sono solo un quarto» (a Laura Laurenzi) [Rep 17/7/2010], si conobbero in Sardegna una sera d’estate a cena da Fabrizio De André. «Con Fellini ho imparato una regola: mai copiare la realtà, sempre reinventarla, anche con errori, per renderla credibile, vitale, collocandola nel periodo storico da narrare».
• «Tutti i ragazzi vanno a giocare a pallone quando sono piccoli. Io a 6 anni andavo al cinema a Macerata, che era una città che non offriva per me altro che le sue quattro sale. Non mi immedesimavo con l’attore, mi piaceva l’idea di lavorare nel cinema. I preferiti? Western, film in costume e naturalmente Totò. A 14 anni venni a Roma con mio padre, aveva una piccola fabbrica di mobili. Andai all’Accademia delle Belle arti per capire che cosa si studiava. Quando pronunciarono tra le altre parole anche la parola scenografia ebbi una folgorazione e dissi: ecco quello che voglio fare, lo scenografo. Finito il liceo, feci l’Accademia. Il pomeriggio lavoravo da un architetto amico di papà che era stato scenografo, aveva fatto alcuni film di Blasetti tra i quali Fabiola. Un giorno mentre lavoravo lì telefonarono dalla Documenta Film e gli proposero di girare due film di pirati. Erano film di serie B ma lui accettò dicendo a me di lavorare sul set. Avevo 18 anni e cominciai. Dopo un anno di lavoro mi hanno offerto un film con un grande scenografo di allora, Luigi Scaccianoce, e abbiamo fatto La parmigiana di Antonio Pietrangeli. E poi andò bene, così mi hanno offerto Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini. Avevo 19 anni e cominciò la mia carriera. L’attore ti è grato quando fai una bella scena dove lui si sente bene. Gli attori americani entrano nel personaggio e devono sentirsi al posto giusto. Bellissima la lettera che mi ha scritto Daniel Day Lewis: mi ringraziava di aver saputo ricostruire interi quartieri di Broadway e Downtown a New York, e un pezzo di porto con le navi come erano all’epoca. Il tutto a Cinecittà, a Roma. Gli attori americani hanno il problema di dover entrare totalmente nel film che stanno girando. Certo, Mastroianni era diverso: fumava, chiacchierava, stava sempre al telefono. Elio Petri lo chiamava Jimmy Gettone. Lo chiamavano sul set e lui di colpo faceva una scena drammatica, senza prepararsi assolutamente. Poi ho conosciuto Tom Cruise, Brad Pitt, De Niro, Joe Pesci, Gian Maria Volontè con cui feci La classe operaia va in paradiso. Le attrici? Glenn Close in Hamlet, Mariangela Melato, Hanna Schygulla e poi Uma Thurman ne Le avventure del Barone di Münchhausen. Il cinema è la mia unica passione. Un giorno mi hanno chiesto: lei che sogni fa? E ho risposto: non sogno mai, sogno quando mi sveglio. Ai giovani consiglio di vedere i vecchi film, quelli fatti a mano come le scarpe, e non solo il cinema digitale di oggi. Bisogna guardare avanti, certo, ma non dimenticare quello che è stato fatto» (ad Alain Elkann).
• Molte altre nomination all’Oscar: Il Barone di Münchhausen (Terry Gilliam 1989), Hamlet (Zeffirelli 1990), L’età dell’innocenza (Scorsese 1993), Intervista col Vampiro (Neil Jordan 1994), Kundun (Scorsese 1997), Gangs of New York (Scorsese 2002). Ultimo film: Cinderella (Kenneth Branagh, 2014): «Cate Blanchett e Helena Bonham Carter sono magnifiche, è stato un grande piacere. A Londra abbiamo ricostruito fedelmente la scenografia della Cenerentola, solo ambientata nel 1850, con il palazzo reale, lo scalone in cui Cenerentola perde la scarpetta, la carrozza che si trasforma in zucca» (ad Alessandra Bruno) [Mes 14/1/2014]. La produzione è Disney.
• Vive da quasi vent’anni negli Usa, dividendosi tra la casa di Miami e i soggiorni in quella romana: «Questo non vuol dire che non ami il mio paese ed il nostro cinema. Ma posso garantire che è difficile resistere ad una offerta di registi come Martin Scorsese, e alle possibilità che offre il grande cinema statunitense. Scorsese è il più grande regista vivente. È un costruttore di immagini ineguagliabile, sembra abbia l’anima nel cinema. Pasolini? Un Chaplin pittore. Non guardava alla realtà ma alla grande pittura, e girava con una raffinatissima, coltissima semplicità» (ad Antonio Monda).
• Presidente di giuria al Festival del cinema di Venezia 2005, firmò anche i grandi leoni che abbellirono il Lido prima di essere sostituiti nel 2012 da mega-petali rossi. Nel 2006 fece (senza grande successo) le scenografie per il Festival di Sanremo: «Il primo giorno tutti mi dicevano: la tua scenografia è bellissima, finalmente qualcosa di nuovo. Poi, visti anche i dati di ascolto non soddisfacenti, hanno fatto marcia indietro. L’errore che mi hanno imputato è stato quello di aver voluto cambiare qualcosa di intoccabile come il Festival: prima ti chiedono di fare l’americano, ma quando lo fai e non metti la scala per far scendere i cantanti ti stroncano».
• «Sia chiaro: Ferretti disegna architetture d’uno stile e d’un colore impareggiabili, realizza una galleria di leggerissime, aeree travature metalliche da Esposizione Universale che da sola vale il biglietto: si tratta di arte, anzi Arte, che merita l’ostensione in mostra. Col Trovatore c’entra, con tutto il rispetto (per il Procuratore), come Pilato nel Credo» (Paolo Isotta) [Cds 1/5/2006]. Critiche anche al suo allestimento per il Simon Boccanegra diretto da Muti che nel 2012 aprì la stagione d’opera e di balletto all’Opera di Roma.
• Consulente dell’architetto Aimaro Oreglia d’Isola nel progetto di ristrutturazione del Museo egizio di Torino. Ha curato la scenografia del Tempio di Venere a Roma per la festa dei 45 anni di moda dello stilista Valentino. Per la 64esima Mostra del cinema di Venezia ha studiato un’enorme sfera di metallo lucida che sfonda la fiancata del Palazzo del Cinema.
• A Laura Laurenzi raccontò di aver aiutato Pasolini a costruire una casa di cristallo, perfettamente trasparente e col tetto in erba, in località Chia, nei pressi di Viterbo: non si sa che fine abbia fatto [Ven 21/10/2011]. «Con Fellini ho scoperto il cinema dei sogni e della visionarietà, Pasolini è stato il primo a farmi lavorare come scenografo, prima ero un aiuto. Da lui ho imparato il cinema della poesia. Eravamo molto legati, ho curato la sua casa a Sabaudia, con quella di Moravia, ma ci siamo sempre dati del lei» (Fusco, cit.). «Seppi della sua morte da Petri, con il quale andai all’obitorio. Dopo mi chiamò Sergio Citti che, d’accordo con l’avvocato Nino Marazzita, mi chiese di recarmi sul luogo del delitto a Ostia e di disegnare una pianta del posto e di prendere dei rilievi» (a Carlo Piano) [Pan 14/2/2013].
• Nel 2007 ricevette a Macerata la laurea honoris causa in Scienze delle comunicazioni.
• Ha ideato, tra le altre cose, il primo modulo di Cinecittà World a Castel Romano, parco a tema sul cinema, completato nel 2014. «Investimento complessivo di oltre 500 milioni di euro, 2.500 nuovi posti di lavoro, 150 ettari di estensione, 38 attrazioni, scenografia» (Lauretta Colonnelli) [Cds 20/11/09]. Suo il restyling per il ventennale della Scuola Holden, mentre per Expo 2015 trasformerà il Cardo e il Decumano, i due viali principali della rassegna milanese, in un percorso dalle suggestioni cinematografiche lungo 2 chilometri e mezzo più una piazza: «Ai lati ci saranno i padiglioni, mi sono inventato un esercito di statue ispirate ai guerrieri di terracotta cinesi, e poiché il tema è il cibo, sono coperte di frutta fino ai piedi, come l’Arcimboldo, tutte diverse una dall’altra. Ermanno Olmi mi ha reso felice. “Meravigliose”, mi ha detto» (Maria Pia Fusco) [Rep 16/6/2013].
• Tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 il Museum of Modern Art di New York lo ha celebrato con una doppia esposizione pensata in collaborazione con Luce Cinecittà e organizzata da Antonio Monda: “Dante Ferretti: Design and construction for the cinema”, una rassegna di pezzi unici utilizzati negli allestimenti dei set cinematografici (24 film, 60 tra disegni, bozzetti e plastici, 6 grandi installazioni, ma anche sculture e statue), e poi il Labirinto, un’installazione costituita da 12 schermi sui quali sono state proiettate alcune immagini dei film legati al genio di Ferretti, compresi il Ginger e Fred di Fellini e Il nome della rosa di Annaud.
• «In Italia non si producono quasi più film, Cinecittà è sempre più vuota, come potrei lavorarci?» (Piano, cit.).