30 maggio 2012
Tags : Massimo Ferrero
Biografia di Massimo Ferrero
• Roma 5 agosto 1951. Produttore cinematografico (Blu Cinematografica). Finanziava le perdite dovute alla sua passione per il cinema con i sei caseifici di cui è contitolare con la moglie Laura Sini («Siamo i primi esportatori di caciotte negli Stati Uniti»). Proprietario del circuito cinematografico Massimo Ferrero Cinemas (che fa capo al gruppo di famiglia Mediaport Cinema), che comprende numerosi cinema romani, tra cui l’Adriano, nel settembre del 2013 ha ufficializzato l’acquisto delle quindici sale cinematografiche dell’ex circuito Cecchi Gori (l’operazione è durata quattro anni). Nel maggio del 2013 è stato rinviato a giudizio per il fallimento della vecchia Livingston, compagnia aerea da lui gestita, poi rinata come New Livingston con Riccardo Toto al vertice. Il 12 giugno 2014 ha patteggiato la condanna in via definitiva a un anno e dieci mesi per il reato di bancarotta fraudolenta, oltre al pagamento di parte dei debiti dovuti al fallimento della compagnia aerea. Lo stesso giorno è diventato presidente della Sampdoria (rilevandola da Edoardo Garrone): «Vengo da una cultura cinematografica, da un mondo spettacolare. Non faccio lo stadio ma faccio la fiction. Per questo faccio un calcio spettacolo, passionale, ho voglia di vincere, di emozionarmi».
• «I film in bobina, si sa, in gergo si chiamano “pizze”. Quello che invece non si sa è che i film prima di essere prodotti sono caciotte. O mozzarelle, pecorini e caciocavalli. Non è una battuta, è la realtà. Almeno per Massimo Ferrero, produttore tra i più prolifici del nostro cinema con la sua Blu Cinematografica (realizza un paio di film a stagione da almeno sette anni), che finanzia le enormi perdite dovute alla sua passione per il cinema con i sei caseifici di cui è contitolare con la moglie Laura Sini. “E con i quali siamo i primi esportatori di caciotte negli Stati Uniti”, afferma con orgoglio. “Quanto al cinema, è la mia passione da quando ho cominciato, nel ’58, prima come attore e poi come segretario di produzione. Ho lavorato con tutti i grandi registi: Marco Risi, Federico Fellini, Luigi Comencini, Mario Monicelli, e anche Nanni Moretti. Poi ho conosciuto mia moglie. Suo padre aveva un caseificio e da lì – grazie al suo sostegno – sono arrivati i fondi per cominciare a produrre in proprio. Un disastro. Ho sempre perso, con tutti i film! Ormai mi chiamano Mister Flop. Qualche titolo? Libero burro di Sergio Castellitto, presentato a Venezia nel ’99. Ci ho rimesso un miliardo di allora. Un altro miliardo in fumo con La carbonara di Gigi Magni, con Nino Manfredi, l’anno dopo. Eppoi, Il dolce rumore della vita di Giuseppe Bertolucci, con Francesca Neri: lì sono andati in fumo 7-800 milioni, mentre 1 miliardo e sei sono spariti con Giacomo Campiotti e il suo Tempo dell’amore. Ma la perdita più forte l’ho avuta con Io no della coppia Izzo-Tognazzi. Ci ho rimesso 3 milioni di euro, stavo per fallire, me so’ dovuto vende ’na casa”» (Antonello Sarno) [Vty 27/10/2005].
• «Lo chiamavano Viperetta. Continuano a chiamarlo Viperetta. Massimo Ferrero si colloca in un punto intermedio fra il western all’italiana e Howard Hughes. Come il tycoon di The Aviator di Martin Scorsese, Ferrero produce e distribuisce film. Possiede una compagnia aerea, la Livingston. Ama insieme il lusso e il riserbo, visto che circola con enormi Mercedes dai vetri a specchio e scansa le dichiarazioni pubbliche. (…) Ferrero, a differenza di Howard Hughes, non nuota nei petrodollari. La leggenda vuole che abbia fatto i soldi con l’export di prodotti caseari negli Stati Uniti. Questo business, in effetti, fa capo alla famiglia della moglie, Laura Sini, che è socia del marito fifty-fifty nelle varie attività del gruppo: la Blu Cinematografica, che lavora per il cinema e per la tv (Il Papa buono Giovanni XXIII con Bob Hoskins, The Expendables con Sylvester Stallone), la Farvem Real Estate, che ha rilevato i multiplex da Cinecittà Luce, ed Ellemme group dove fra i consiglieri figura l’ex deputato Prc Pietro Folena e dove l’ultima produzione è la fiction Il ritmo della vita trasmessa da Canale 5, a testimoniare la genuina impostazione bipartisan tipica dell’ambiente. Per lo più, le produzioni del gruppo sono mirate a piccoli film che costano poco e incassano meno. Nella storia recente figurano Ma l’amore sì con Anna Maria “Sconsolata” Barbera (2005) e Tutte le donne della mia vita con Nicola Zingaretti (2007). (…) Fra i collaboratori della casa in tempi recenti ci sono Ricky Tognazzi e Simona Izzo, Francesco Venditti e Claudia Gerini. Nei piani di Ferrero, la campagna di acquisizione delle sale cinematografiche serve a creare una filiera dove si passa dal produttore allo spettatore minimizzando i costi. Fra l’altro, la somma fra i multiplex di Mediaport e le sale ex Cecchi Gori dà come risultato la nascita del quarto gruppo italiano del settore dopo i tre colossi del grande schermo Warner, Medusa-Fininvest e Uci. Questo era nelle intenzioni. Per adesso l’ex direttore di produzione de La chiave di Tinto Brass e della Tragedia di un uomo ridicolo di Bernardo Bertolucci sembra piuttosto la vittima di un thriller-horror a sfondo politico-finanziario. Quando Ferrero si è fatto carico di Mediaport, pensava di avere fatto un favore al governo, che resta uno dei finanziatori principali del cinema italiano attraverso la Rai e il gruppo Cinecittà Luce. In effetti, la privatizzazione dei multiplex di Stato ha consentito al ministro Sandro Bondi e all’allora amministratore unico dell’Istituto Luce, Gaetano Blandini, di sbandierare il risanamento delle finanze del gruppo dall’esposizione che i multiplex di Stato hanno accumulato in pochi anni. Correva il 2003 e il governo Berlusconi 2 quando Ubaldo Livolsi, inventore di Mediaset e guida di Cinecittà Holding, aveva deciso di statalizzare decine di sale cinematografiche contro ogni logica d’impresa. Il risultato è stato un capolavoro del genere catastrofico. Per anni ogni tentativo di regalare la società a un privato è fallito. Quando si è presentato Ferrero, le multisale pubbliche ricavavano 28 milioni di euro e ne perdevano quasi 8. In realtà, la situazione si è rivelata ancora peggiore. (…) Il giorno dopo l’acquisto, sulla Farvem di Ferrero sono piombate ingiunzioni di pagamento, cartelle esattoriali, precetti e cause di ogni genere» (Gianfrancesco Turano) [Esp 21/1/10].
• «Felicemente intriso di avanspettacolo, Massimo Ferrero si muove nella Serie A come un Romeo Anconetani molto meno sincero e molto più fuori tempo massimo. (…) Vive e parla sopra le righe, compiaciutamente. Inchini, esultanze e scarpe improponibili. La sua agorà televisiva preferita è Sky, ma solo perché da quelle parti si aggira Ilaria D’Amico. (…) “Cara D’Amico, je volevo dire che c’ho l’anello ar dito, c’ho er mosquito e la vorei portare a Ostia Lido”. Il testo era debole, la pronuncia di “mosquito” ancora peggiore. Dopo cotanta perla se n’è andato, per seguire il derby con l’amico Ricky Tognazzi e festeggiare in mezzo al campo, stando bene attento – come sempre – a esagerare. Monica Vitti – dice lui – lo chiamò “Viperetta” perché seppe difenderla con veemenza e baldanza, nonostante la statura poco monumentale, dalle attenzioni di un aggressore» (Andrea Scanzi) [Fat 30/9/2014].
• Abita in centro. Possiede anche un 13 vani ai Parioli messo sottosequestro nel 2015 [Pacelli, Fat 1/10/2015].