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 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Mario Ferrandi

• Milano 12 dicembre 1955. Ex terrorista di Prima linea. Il capo del gruppo diventato famoso perché, P 38 in mano, sparava ad altezza d’uomo in via De Amicis quando venne ammazzato il vicebrigadiere di polizia Antonio Custra (Milano 14 maggio 1977, vedi Walter Grecchi).
• L’immagine simbolica è quella scattata dal fotografo Paolo Pedrizzetti, che ritrae Giuseppe Memeo, gambe piantate in mezzo alla strada, fare fuoco verso la polizia. Ma non fu lui ad uccidere Custra. Il giudice Guido Salvini: «Riguardai per l’ennesima volta le vecchie foto e notai che oltre Memeo, con l’arma a braccia tese, nascosto tra gli alberi, c’era un giovane con i capelli chiari intento a fotografare. Il fotografo Pedrizzetti, che aveva scattato quella famosa foto, aveva ripreso, e nessuno ci aveva mai badato, qualcuno che a sua volta stava fotografando la scena in controcampo. Con l’aiuto dei testimoni non fu difficile individuare lo sconosciuto, era un fotografo free-lance, Tonino Conti, molto vicino al mondo dei manifestanti. L’indagine ebbe un colpo di fortuna. Nell’abitazione di Conti, nascosti in un libro da 12 anni, trovammo ben 28 negativi della sparatoria che Conti non aveva né pubblicato, né distrutto né consegnato alla Polizia.
Fu la svolta che completò la scena di via De Amicis. Conti, a differenza degli altri fotografi, aveva puntato il suo obiettivo anche in avanti, verso la Polizia, aveva fermato l’inizio dell’attacco e ripreso in tre fotogrammi lo sparatore che si era portato subito più avanti di tutti. Era un ragazzo che non compariva nelle altre foto, con un passamontagna chiaro e un’automatica in mano: Mario Ferrandi, un giovane che si era da tempo staccato dalla lotta armata, aveva sparato il colpo mortale.
La fotografia più famosa, pubblicata in tutto il mondo, che riprendeva Memeo con l’arma a braccia tese, lo capimmo allora, era stata scattata in un momento successivo, durante la ritirata del gruppo, quando Custra era già stato colpito: qualche volta anche le immagini icone ingannano. Così l’indagine ebbe fine» [Rif 10/5/2011].
• «Portavamo le armi alle manifestazioni ed io ero il capo di quella struttura. Di quello che accadde porto tutta la responsabilità». Adesso collauda motori nell’officina «di un compagno»: «Ho passato anni tostissimi e per mantenermi facevo anche l’imbianchino» (Piero Colaprico).
• Solo nella primavera del 2007 la figlia di Custra, Antonia, nata un mese e mezzo dopo che il padre era stato ucciso, seppe di Ferrandi: «Finalmente ho un nome da odiare. Vorrei incontrarlo e dirgli che ha distrutto tre vite: papà, mamma, la mia». Ferrandi rispose. «È un uomo di 51 anni, è stato in galera fino al ’91. Ha aiutato per cinque anni don Mazzi a liberare il parco Lambro dagli spacciatori. Ha telefonato a Zurlo (il giornalista con cui aveva accettato di parlare Antonia Custra - ndr), gli ha detto: “Sono pronto. È terrificante, è uno schiaffo violentissimo, durissimo. Ma non voglio attenuarlo. Antonia Custra ha detto che vuole la faccia dell’assassino di suo padre per poterla odiare. Io gliela consegno. Andrò da lei quando vorrà” (...) Antonia ha letto sul Giornale le parole di Ferrandi, parole da cui si capisce che anche a lui è passata la voglia di vivere, che anche lui si tiene su a forza di antidepressivi. Ha fatto sapere d’aver smesso tutt’a un tratto di odiare. Al Corriere della Sera, che l’ha chiamata, ha risposto così: “Siamo tutti e due vittime della stessa tragedia”» (Giorgio Dell’Arti).
• Ebbero un breve colloquio telefonico davanti alle telecamere della Rai e alla fine s’incontrarono, proprio a Milano. «Era molto imbarazzato, poi dopo un po’ si è sciolto. Gli dovevo addirittura far coraggio io, sembrava una persona morta dentro. Abbiamo parlato molto. Non ero mai stata a Milano, mi sono fatta portare in via De Amicis, che avevo visto solo in quelle foto che tutti conoscono. Ho provato un dolore che mi ha tolto il respiro, ma a un certo punto ho sentito che mio padre mi era accanto» (Enrico Bonerandi).
• «Un futuro terrorista, un futuro magistrato, un futuro giornalista: Mario Ferrandi, Guido Salvini ed Enrico Mentana, studenti anarchici, una mattina dei primi anni ’70 uscirono dal liceo Manzoni per tentare di vendere la loro rivista con la A cerchiata agli studenti dell’istituto tecnico Cattaneo, territorio dei marxisti-leninisti» (Gian Antonio Stella) [Cds 13/5/2009].
• Con Mara Aldrovandi (già militante nei Reparti comunisti d’attacco) un figlio di 29 anni, Valerio, condannato nell’aprile 2010 a due anni e sette mesi per rapina e lesioni: con altri quattro aveva fotocopiato 800 volantini in una libreria di Milano, al momento di pagare presero a tirare calci e sputi. Rimasto in libertà perché la sentenza non era definitiva, Valerio Ferrandi finì in carcere nel giugno 2011 per aver assaltato una sede del Pdl a Firenze con pietre e fumogeni (danneggiamento e attentato contro i diritti dei cittadini, l’accusa) [il giornale.it 14/6/2011].