30 maggio 2012
Tags : Antonio Fazio
Biografia di Antonio Fazio
• Alvito (Frosinone) 11 ottobre 1936. Economista. Ottavo governatore della Banca d’Italia (dal 4 maggio 1993 al 19 dicembre 2005).
• Laurea con 110 e lode, apprendistato americano col Nobel Franco Modigliani, carriera in Banca d’Italia, dopo Carlo Azeglio Ciampi «fu scelto nel ’93 per il suo profilo di funzionario modesto, corretto, austero, coriaceo e riservato» (Filippo Ceccarelli). «Nella prima parte del governatorato, almeno fino al ’97, aveva accumulato meriti. La sua interpretazione della politica monetaria aveva permesso di evitare la ripresa dell’inflazione e di arginare le pressioni del potere politico» (Dario Di Vico).
• Poi è stato protagonista di uno dei più gravi casi economico-finanziari del dopoguerra, quello di un governatore della Banca d’Italia che, sia pure applicando la legge, non vede quello che non gli interessa vedere, orienta gli scalatori delle banche, intrattiene rapporti segreti con finanzieri, accetta regali per molte migliaia di euro, non si rassegna ad andarsene nonostante le esplicite dichiarazioni di sfiducia rilasciate dal presidente del Consiglio, da numerosi esponenti del governo, della maggioranza e dell’opposizione, da accreditati ambienti internazionali.
• Per capire il caso Fazio si deve sapere che: 1. Fino alla legge approvata nel dicembre 2005, la carica di governatore della Banca d’Italia era a vita; 2. Qualunque operazione di mercato relativa alle banche (acquisizioni, fusioni, Opa, Ops) aveva bisogno, prima di essere perfezionata, dell’approvazione vincolante della Banca d’Italia; 3. Acquisizioni, fusioni, Opa e Ops non furono frequenti nel primo mezzo secolo di vita della Repubblica italiana. Ma, man mano che i mercati si aprivano (globalizzazione), è risultato sempre più probabile che le banche estere volessero comprare banche italiane e sempre più necessario che le banche italiane – di dimensioni risibili in campo mondiale – si fondessero tra loro, per diventar più grandi e poter così far fronte alla concorrenza internazionale; 4. L’ingresso dell’Italia nell’euro (1° gennaio 2002) tolse al governatore della Banca d’Italia il governo della moneta, trasferendolo a Francoforte (Bce, Banca centrale europea); 5. In Italia, il sistema delle imprese e quello delle banche ha sempre avuto un punto di riferimento centrale, che è stato finanziario, ma in un certo senso anche morale. Fino alla morte di Enrico Cuccia (24 novembre 1907 – 23 giugno 2000) questo centro era costituito da Mediobanca; 6. La morte di Cuccia aprì la guerra per un nuovo centro. Potevano aspirarvi: la stessa Mediobanca, con gli amministratori subentrati a Cuccia; Capitalia (già Banca di Roma), che aveva fortissimi rapporti con la politica romana; la Banca d’Italia; un qualunque soggetto finanziario diverso da questi ma capace, necessariamente ingrandendosi, di determinare la vita altrui (tra questi, soprattutto Banca Intesa e Unicredit). Si tenga conto che, dal dopoguerra in poi, in Italia di fatto la politica è stata in mano ai cattolici, la finanza ai laici; 7. Fazio è un cattolico, forse dell’Opus Dei. Governatore «latinista, tomista, umanista» (Aldo Cazzullo), «superbo cultore di San Tommaso, sostenitore dei Legionari di Cristo» (Alberto Statera). È sposato con Maria Cristina Rosati, figlia di un falegname di Alvito, anche lei devotissima (dà tutto quello che può in beneficenza). Hanno quattro figlie e una di queste, Maria Chiara (nata nel 1982), ha fatto voto di castità, povertà e obbedienza, primo passo per farsi monaca. Il figlio maschio, Giovanni, che lavora a Londra in una banca d’affari, sembra avere un temperamento meno pio; 8. I princìpi a cui si attiene Fazio nel governo delle banche sono due: nessuna istituzione straniera possiederà mai più del 15 per cento di una banca italiana; nessuna Opa su una banca sarà mai ammessa dalla Banca se ostile, se cioè lanciata contro il parere del management della preda. Queste due regole significavano: a) che il mercato italiano era chiuso; b) che le banche potevano crescere solo attraverso accordi e mediazioni e, poiché aveva in mano le regole, l’arbitro di questi accordi non poteva che essere il governatore; 9. Nel 1999 Fazio impedisce le fusioni Unicredit-Comit e San Paolo-Capitalia, che avrebbero dato luogo a due gruppi abbastanza grandi, capaci di competere sul mercato internazionale e di proporsi come punti di riferimento in quello domestico; 10. Fazio non poteva pensare di porsi al centro del sistema senza alleati politici. Il sostegno dei cattolici più sensibili alle indicazioni del Vaticano (presenti in tutti i partiti) era ovvio. Il sostegno della sinistra, invece, da conquistare. Nel 1999 l’amministratore delegato di Telecom, Franco Bernabè, tentò di opporsi all’Opa di Colaninno fondendo Telecom e Tim: la nuova società, dopo la fusione, sarebbe diventata un boccone troppo grosso e Colaninno avrebbe dovuto rinunciare. La fusione fallì anche perché Fazio non mandò il suo rappresentante in assemblea (i fondi pensione della Banca d’Italia avevano in mano una quota importante di Telecom), Colaninno, che aveva l’appoggio del presidente del Consiglio Massimo D’Alema, ebbe via libera, il governatore si conquistò la simpatia della sinistra; 11. Un altro candidato a diventare centro era Cesare Geronzi, cattolicissimo a sua volta, in rapporti assai cordiali con tutti i partiti politici, da An ai Ds. Tra i clienti di Geronzi, grande alleato di Fazio, ci sono la Cirio e la Parmalat. Geronzi accompagna le due aziende al crack facendo in modo non solo che i conti della banca siano preservati, ma che si realizzino quasi fino all’ultimo cospicui guadagni sulle emissioni di bond e relative commissioni. Fazio non dice mai una parola né prima né dopo i crack. Messo sotto accusa dal ministro Tremonti (febbraio 2004), risponde, riferendosi a Parmalat: «Erano quattro soldi». Geronzi si rivolgerà al suo amico Gianni Letta perché al ministro sia tolta la facoltà di nuocere. Gianfranco Fini imporrà alla fine la sua uscita dal governo, dando l’impressione al mondo intero che Fazio, alla fine dell’estate 2004, sia l’uomo più potente d’Italia (su Parmalat vedi TANZI Calisto, su Cirio CRAGNOTTI Sergio); 12. Inseguìto da Valerio Staffelli di Striscia la notizia, che vuole consegnargli un Tapiro d’oro (onorificenza riservata ai troppo furbi o ai troppo fessi), lascia che la sua scorta picchi il giornalista (secondo alcuni glielo ordina); 13. Impedisce altre fusioni o acquisizioni: Monte dei Paschi che vuole prendere Banca Nazionale del Lavoro, soprattutto Capitalia che vuole acquisire Antonveneta (ottobre 2004). Dicendo no a Capitalia, Fazio rovina la sua alleanza con Geronzi, che passa nel novero dei suoi nemici; 14. Esiste in Lombardia una piccola banca, che si chiama Banca di Lodi, guidata da un ex giornalista che s’è fatto banchiere e si chiama Gianpiero Fiorani. Costui, attraverso operazioni al limite e anche oltre il limite (finirà in galera), ha fatto diventare l’istituto così importante da avergli cambiato nome: da Banca di Lodi a Banca Popolare Italiana (Bpi). È un uomo – almeno secondo molti di quelli che lo conoscono – dalla parlantina inarrestabile e maestro nell’arte dell’adulazione. La famiglia Fazio ne è conquistata al punto di consentire, ai primi di febbraio del 2002, che il tradizionale convegno del Forex si svolga a Lodi. Il governatore era così preso che non andò in albergo, ma si lasciò ospitare da Fiorani in una sua villetta. Di quel convegno, a cui erano presenti mezzo governo e il Gotha delle banche, resta un’immagine: la passeggiata finale del governatore per le vie del centro storico accompagnato da Fiorani, Geronzi e dal finanziere Emilio Gnutti (coinvolto poi nelle inchieste sulle scalate ad Antonveneta e Bnl). La foto venne riprodotta dall’Economist uscito a Ferragosto 2005, quello con la copertina bianca, rossa e verde che aveva lo strillo: «Italy’s bank scandal». Il titolo che accompagnava l’immagine era: «Please go, Mr Fazio»; 15. Infine, nella primavera del 2005 era diffusa la convinzione che, l’anno dopo, Berlusconi avrebbe perso nettamente le elezioni. Tentativi di accordi bipartisan, che consentissero ai contendenti di presentarsi più forti alle trattative con gli alleati (dopo la vittoria degli uni e la sconfitta dell’altro), erano all’ordine del giorno. Il contesto rendeva possibile concepire un piano bipartisan: far avere un’importante banca alla sinistra e un’altra importante banca ai cattolici, collocarsi – dirigendo questa operazione – definitivamente al centro del sistema. Fazio aveva dalla sua anche la Lega, a cui aveva consentito la sciagurata avventura della Banca Credieuronord, portata poi al disastro e salvata da Fiorani.
• Le due banche da distribuire erano la Banca Nazionale del Lavoro (Bnl), destinata alla sinistra, e la banca Antonveneta, per la quale Fazio punta su Fiorani. È lui l’uomo chiamato a respingere l’offensiva degli olandesi di Abn Amro che vogliono portare la loro quota in Antonveneta al 20 per cento (dunque oltre la soglia stabilita dal governatore per gli stranieri): «La piccola Banca Popolare di Lodi contro un colosso del credito europeo e mondiale. Ma le dimensioni non contano, ciò che serve, nell’era Fazio, è avere in tasca il via libera di Bankitalia». Gli olandesi vorrebbero rinnovare il patto di sindacato appoggiandosi ai Benetton e alla Mediolanum di Ennio Doris: «La convocazione in Bankitalia è immediata e il governatore con modi suadenti li convince che quel patto non va rinnovato e che è meglio appoggiare Fiorani che ha in mente un grande progetto per creare una banca padana. Siamo a fine 2004, il patto viene disdetto e dopo pochi giorni il piano per la conquista di Antonveneta viene messo a punto proprio negli uffici di Bankitalia» (Giovanni Pons).
• Fazio non aveva però tenuto conto di due variabili: l’accordo politico aveva escluso la Margherita, nella cui area di influenza ricadeva la Bnl; la magistratura stava indagando su Lodi e ad agosto 2005, quando il governatore aveva già autorizzato Fiorani a lanciare l’Opa e Consorte controllava più del 50 per cento di Bnl, vennero pubblicate le intercettazioni a cui la magistratura di Milano aveva sottoposto i telefoni di Fiorani. Scandalo enorme: si sentiva Fiorani dire al governatore, che lo aveva chiamato per comunicargli che la Banca d’Italia aveva appena autorizzato l’Opa su Antonveneta: «Tonino... io sono commosso, con la pelle d’oca, io ti ringrazio, io ti ringrazio... Guarda, ti darei un bacio in questo momento, sulla fronte ma non posso farlo...». Da altre telefonate risultava una confidenza impropria tra la moglie del governatore, Maria Cristina Rosati, e il medesimo Fiorani. Si veniva a sapere che Fiorani era di casa in Banca d’Italia, dove veniva fatto entrare da Fazio segretamente. Insomma il governatore, che avrebbe dovuto esser arbitro ed equidistante tra i soggetti che si contendevano Antonveneta, risultava pienamente coinvolto e tifoso di una delle parti.
• Dalle telefonate risultava anche l’esistenza del cosiddetto “concerto”: erano in corso in quel momento tre scalate, una ad Antonveneta, un’altra alla Bnl e una terza al Corriere della Sera (vedi RICUCCI Stefano) e ascoltando si capiva che gli scalatori erano in contatto tra loro e si aiutavano vicendevolmente, scambiandosi informazioni e operando sui mercati secondo un unico disegno.
• L’assedio a Fazio perché si dimettesse divenne sempre più forte, con qualche esitazione del governo Berlusconi che provocò le dimissioni del ministro Siniscalco e il ritorno all’Economia di Giulio Tremonti, il gran nemico del governatore. Infine, da Bruxelles si annunciò una procedura contro Fazio per i regali accettati da Fiorani (valore fra 30 e 50 mila euro), si venne a sapere che la Procura di Roma gli aveva inviato un avviso di garanzia per insider trading e il governo annunciò che, indipendentemente dalle sue decisioni, avrebbe nominato il suo successore. Fazio preferì dimettersi. Era il 19 dicembre 2005. Il giorno prima, domenica, Fiorani, in carcere dal 13 dicembre, aveva cominciato a vuotare il sacco.
• Nel maggio 2007 si ritirò a vita privata lasciando dopo 46 anni di presenza nell’istituto l’ufficio di Villa Huffer che gli era stato assegnato tra le polemiche subito dopo le sue dimissioni.
• Nel 2008 firmò per la lista “Aborto? no grazie” di Giuliano Ferrara.
• Accogliendo le richieste della Procura, il Tribunale di Milano lo rinviò a giudizio nel maggio 2008 per la tentata scalata ad Antonveneta, e nel settembre 2009 per quella a Bnl, accusandolo in entrambi i casi di «concorso morale in aggiotaggio». Il primo processo giunse a conclusione il 28 novembre 2012, quando la Corte di Cassazione confermò la condanna di Fazio a due anni e mezzo di reclusione irrogatagli in sede di appello, definendolo «un pubblico ufficiale connivente e complice del soggetto privato nel progetto criminoso della scalata alla Banca Antonveneta», e «regista occulto» della stessa, sì da aver cagionato «una gravissima lesione alla credibilità e al prestigio della Banca d’Italia, gloriosa istituzione che era stata fino a quel momento connotata da requisiti di autonomia, indipendenza, riservatezza e autorevolezza». Il secondo processo si concluse invece il 6 dicembre 2013, oltre i termini della prescrizione, con una piena assoluzione, «perché il fatto non sussiste».
• Alla luce delle sentenze, «i due grandi scontri bancari del 2005 appaiono nettamente distinti: il piano Unipol su Bnl contro il Bilbao sempre meno "gemello" dell’Opa della Popolare Italiana su Antonveneta contro Abn Amro. Era sicuramente unica la preoccupazione che mosse il governatore della Banca d’Italia a contrastare un tentativo contemporaneo di de-italianizzazione di due poli creditizi di prima fascia. Su Antonveneta, tuttavia, la partita fu da subito opaca sul mercato: una "controscalata" organizzata in fretta e furia contro Abn Amro da una banca già controversa, come la Bpi di Gianpiero Fiorani, reduce da una campagna acquisizioni poco sostenibile. Fu dunque soprattutto su Antonveneta che si concentrò il pressing polemico di mercati e autorità Ue. È stato su questo fronte che la resistenza di Fazio – hanno confermato le ricostruzioni processuali – si spinse oltre i limiti del lecito, costandogli una rimozione traumatica da Bankitalia. Un passaggio peraltro in via di revisione storica: i successivi crack bancari globali hanno messo in ben più seria discussione tutti i sistemi di vigilanza di Usa e Ue e rivalutato la forza relativa del made in Italy creditizio che Fazio difendeva» (Antonio Quaglio) [S24 31/5/2012].
• «Nel lasso di un tempo non lungo, l’italianità, da qualificazione massimamente negativa, secondo diversi personaggi, è diventata un bene da difendere. Colpito da “damnatio memoriae” quando non l’italianità ma una semplice preferenza per le banche italiane nelle operazioni di acquisizione, nella ricorrenza di parità di condizioni con aspiranti esteri e nell’osservanza delle norme di legge, veniva sostenuta dalla Banca d’Italia di Antonio Fazio, ora il concetto viene riabilitato: a poco a poco, le tesi dell’allora governatore Fazio, a volte con un utilizzo improprio, trovano sempre più conferme e non solo nella Vigilanza bancaria, ma anche nella politica economica, in quella monetaria ed europea nonché nella ricerca economica e istituzionale» (Angelo De Mattia) [Fog 8/11/2012]. «Fazio ha sbagliato a fidarsi di certe persone, ma la difesa dell’italianità delle grandi banche è un pezzo di sovranità nazionale» (Massimo Mucchetti) [a Vittorio Malagutti, Esp 11/1/2013].