30 maggio 2012
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Biografia di Rossella Falk
• (Rosa Antonia Falzacappa) Roma 10 novembre 1926 – Roma 5 maggio 2013. Attrice. «Fin dai primi momenti della mia carriera, mi sentivo guardata in un certo modo, quasi con soggezione. Mi vedevano alta, regale, con un portamento naturale che sembrava mettere in riga la gente. Entravo in scena, o in una stanza, e mi rimiravano come la Madonna».
• Vita «Proveniva da una famiglia illustre, vantava parentele con cardinali e generali, ottimi studi e la conoscenza di quattro lingue, traducendo sia dall’inglese che dal russo» [Camilla Tagliabue, Fat 7/5/2013]. «A vent’anni al teatro non ci pensavo né tanto né poco. Studiavo pianoforte e andavo pazza per le lingue straniere» (a Enrico Groppali) [Grn 6/11/2006].
• «Vivevamo in una casa ai Parioli molto bella dove tutto era sempre perfetto, le signore che venivano per il tè il giovedì pomeriggio, fiori meravigliosi nei vasi, mio padre, colonnello di artiglieria, pieno di humour, mia madre inappuntabile e curatissima, credo di non averla mai vista in vestaglia neanche una volta».
• Ha rievocato la madre in occasione della messa in scena di Sinfonia d’autunno di Bergman, in cui faceva Charlotte, pianista di successo e madre egocentrica: «La capisco, anch’io ho avuto una madre che non si è mai occupata di me. Mi ha fatto male, certo, ma mi ha regalato grande libertà. Mi sono educata da sola. Forse per questo non ho mai voluto figli. Una rinuncia non sofferta» (a Daniela Zacconi).
• «Nel ’46, mi presentai all’esame d’ammissione all’Accademia d’Arte Drammatica e Silvio D’Amico, a pochi minuti dal mio esordio, mi bloccò con un gelido “Basta così!”. Mi precipitai all’uscita pensando di aver fallito la prova. Riprendendomi solo quando la stessa voce, vedendomi nervosa afferrare la maniglia per allontanarmi dal luogo del delitto, mi intimò di scatto: “Torni indietro! Ma cosa ha capito? Ho detto basta perché mi son reso conto che lei ha del talento (...) Sempre che voglia davvero diventare un’attrice...”».
• Prime esperienze a teatro nel 1947. Nel 1949 è diretta da Orazio Costa in Sei personaggi in cerca d’autore. Collabora poi con Strehler al Piccolo, «ma chi la valorizza è Luchino Visconti con cui fu Stella in Un tram che si chiama desiderio» (Maurizio Porro) [Cds 6/5/2013].
• Con la Compagnia dei Giovani (Giorgio De Lullo, Romolo Valli, Tino Buazzelli, Anna Maria Guarnieri, Elsa Albani) fece la storia del teatro: «De Lullo lo avevo incontrato per caso. Era con un amico comune, in strada. Piazza Mazzini a Roma. Giorgio, gran seduttore, mi squadrò e disse: “Venga all’Accademia”. Perché? gli risposi io. “Perché lì sono tutte racchie. Lei è bella”. Puntò sulla vanità, ci andai. Fu dopo, nella primavera del 1954, che pensammo di dar vita a una compagnia che poi la critica chiamò dei Giovani».
• Il sodalizio durò 18 anni e propose un repertorio vasto ed eclettico da De Musset a Colette, da Cechov a Feydeau, segnalandosi per le interpretazioni pirandelliane (Il giuoco delle parti, Sei personaggi ecc.) e l’incontro con un nuovissimo autore, Giuseppe Patroni Griffi. «De Lullo, che divenne regista perché non c’erano i soldi per pagarne uno esterno, era il poeta della compagnia, un pensatore. Valli era il nostro Paolo Grassi, organizzatore, preciso, un uomo di estrema cultura e una memoria di ferro. Io? Io ero una che non pensava ma arrivava alle cose per intuizione, e Romolo si arrabbiava. “Come fai ad arrivarci subito alle cose?”, mi diceva». «Per vent’anni nessuno di noi ha mai tentato di primeggiare. Perfino con la Bugiarda che Diego Fabbri scrisse per me, avevamo pensato solo al pubblico e al piacere del pubblico».
• Del gruppo era «la pupa, la spilungona che somigliava un poco alla Garbo e come la dea di Hollywood era complicata, misteriosa, forse snob ma, secondo Valli, “d’una sincerità quasi infantile”» (Osvaldo Guerrieri) [Sta 31/7/2010].
• La compagnia si sciolse nel 1974 per motivi economici. «Si navigava nei debiti. Eravamo dei privati che facevano lavoro da teatro stabile pubblico. Non ce lo riconobbero mai. Nel 1972 chiedevamo dallo Stato un aiuto, una casa per fermarci. Avevamo 40 commedie in repertorio. Invece la politica ci lasciò soli. E per noi il teatro costava troppo. Forse Valli e io eravamo anche diventati troppo importanti per adattarci ancora alle esigenze della Compagnia...».
• Dopo il 74 sulla scena con alcuni inediti stranieri, con Cocteau e Ibsen (Spettri) ecc. Diretta da Franco Zeffirelli in un duello tra primedonne con Valentina Cortese in Maria Stuarda di Schiller. Poche interpretazioni per il cinema, una parte in Otto e 1/2 di Federico Fellini: «Non sono molto attratto dai grandi attori di teatro. Tranne che da Rossella Falk, un’attrice che ha la statura, la gestualità e la voce di un’eroina tragica, ma che comunica una tale gioia di stare sulla scena che ti fa venire voglia di saltare sul palco e farle compagnia».
• Altri film in cui ha recitato: Made in Italy (Nanny Loi, 1965), I giorni del commissario d’Ambrosio (Sergio Corbucci, 1988) e Non ho sonno (Dario Argento, 2001 ultimo film girato).
• «Il fatto di essere così alta, un metro e 76 – ai miei tempi era davvero molto – mi ha impedito di recitare certi ruoli femminili tradizionali, Ofelia, Giulietta, le fanciulle vulnerabili e palpitanti. Sono stata subito chiamata a impersonare donne di grande carattere, remote, inavvicinabili. Ma io non sono così».
• Quando incontrò Greta Garbo, alla quale veniva paragonata, «la Divina volle verificare che portassi veramente il 42 di scarpe, come lei».
• Compiuti ottant’anni disse: «Sono stufa della Falk, non ne posso più delle celebrazioni in mio onore, manco fossi il Presidente della Repubblica! E poi, perché rivangare il passato quando il futuro, come una landa sconfinata, ci sovrasta a ogni passo?».
• È morta a 86 anni dopo una lunga malattia. Nel 2010 l’aveva colpita anche un’ischemia cerebrale dalla quale si era ripresa dopo un lungo periodo di riabilitazione. Vista l’ultima volta a teatro in Est ovest (Cristina Comencini, 2009).
• Sul palco, tra gli altri, in: Le tre sorelle di Cechov (1955), Il giuoco delle parti (1970) e Trovarsi (1974) di Luigi Pirandello, La signora delle camelie (Alexander Dumas, 1976). Negli ultimi anni, con Maddalena Crippa in Sinfonia d’autunno (2007, regia di Maurizio Panici) e, dal 2004 al 2006, nel monologo Vissi d’arte, vissi d’amore, scritto da lei, sulla vita privata dell’amica Maria Callas. Si è raccontata in Rossella Falk. L’ultima diva (Enrico Groppali, Mondadori 2006).
• Critica «Ci sono attrici che, al di là di un talento universalmente riconosciuto, sono diventate sinonimo di stile (...) La grande signora del palcoscenico è una personalità poliedrica: padrona di quattro lingue, traduttrice dal russo e dall’inglese, cultrice di Tennessee Williams (...), intima di Dirk Bogarde e Maria Callas, adorata da Noel Coward e Jean Cocteau, interlocutrice e testimone di figure leggendarie dello spettacolo, della letteratura e del jet set. (...) L’ultima grande diva del nostro tempo» (nota di copertina della biografia che le ha dedicato Enrico Groppali).
• «Porta nel felice nome d’arte l’allusione al personaggio capriccioso quanto incrollabile e innamorato della vita di Via col vento, voluta dalla madre, e il cognome suggerito dal padre troncando il poco divistico Falzacappa» (Claudia Provvedini).
• «Ha sempre condito la vita, fra copioni, debutti e amori, con l’incoercibile sense of humour che molti ancora faticano a conciliare con il suo charme da Divina. Nessuno mai direbbe, ad esempio, che il giorno in cui Rino Giori le fece notare di essere stato colpito dall’avvenenza della signora Swarowski, la bionda erede dell’impero dei cristalli, seppe rispondere: “Accomodati, fai come se io non ci fossi”» (Rita Sala).
• «Alta, fredda, maestosa, supremamente elegante – ma nella vita invece era cordiale, semplice e molto spiritosa – sembrava particolarmente adatta alle parti di donna affascinante e un po’ remota. Ma poi aveva un suo lato umoristico. Era un’attrice completa – aveva voce, presenza, personalità; come pochi grandi era personaggio lei stessa» (Marsolino D’Amico).
• Umberto Orsini: «Non era affatto algida e scostante come la si credeva. Era sarcastica, comica e accattivante. Con gli altri fu sempre generosa e con discrezione. E aveva un’immensa voglia di viviere».
• «Sapeva incassare le stroncature fossero anche quelle del temuto critico del Corriere della sera Roberto De Monticelli: “Rossella Falk è antipatica, dura, distante e scostante. Con quella bocca avara, da egoista. Quel naso dirtto e suberbo. Quella statura che le consente di guardarci dall’alto in basso”».
Amori «Nella vita privata ha fatto della propria indipendenza una religione, pur avendo sposato due uomini del tipo facoltoso. Senza eccessiva fortuna tuttavia: il primo (l’ingegnere Nicola Tufari - ndr) le chiese di rinunciare ad avere un figlio; il secondo, Gualtiero Giori, un vero Paperone re della zecca con tre Rolls in garage, la obbligò a lasciare il teatro per quattro anni e dopo la mollò per un’altra» (Laura Laurenzi).
• Perse il primo marito «all’improvviso per una crudele malattia. A differenza di Giori amava il teatro». Dopo la seconda separazione «tornai sui miei passi. E affrontai di nuovo il teatro con una determinazione che mi stupì per prima (…) La vita non è un copione già scritto che dobbiamo limitarci a interpretare. E può succedere che uno dei due voglia ritentare l’esperimento con una nuova compagna».
• «A volte un uomo al fianco può essere d’impaccio. Rischierò di passare per cinica ma non ho mai creduto alla consistenza di un amore profondo fra un uomo e una donna. Intendo dire: non ho mai creduto che possa essere molto duraturo».
• «Il più grande amore della mia vita non lo posso rivelare: lui era sposato».
• «Due mariti, qualche affettuosa amicizia e il vero matrimonio teatrale con la Compagnia dei Giovani» [Porro, cit.].
• Vizi Pignola, amante del rigore, nemica di ogni superstizione: «Mi vesto spesso di viola, anche a teatro, trovo ridicoli quei minuetti a tavola per non passarsi il sale, e non ho mai letto un oroscopo in vita mia».
• «Nella mia carriera ho imparato a fare tutto prima di andare in scena. Ma c’è ancora una cosa che vorrei: un teatro tutto mio. Da dirigere».