30 maggio 2012
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Biografia di Gianni Guido
• Roma 10 gennaio 1956. Uno dei tre fascisti che la notte del 30 settembre 1975 violentarono e massacrarono in una villa sul Circeo Rosaria Lopez (17 anni, morì) e Donatella Colasanti (20, si salvò fingendosi morta: è deceduta per malattia il 30 dicembre 2005). Gli altri due camerati erano Angelo Izzo (vedi) e Andrea Ghira (Roma 21 settembre 1953 – Melilla, Marocco, 2 settembre 1994). Per 36 ore seviziarono la Lopez e la Colasanti, poi affogarono la prima nella vasca da bagno e cercarono di finire la seconda a bastonate: «I due corpi vennero messi in altrettanti sacchi di plastica e caricati sulla 127 di Guido che la parcheggiò sotto casa per andare a cena: avrebbero finito il lavoro a stomaco pieno. Furono i gemiti di Donatella Colasanti, fintasi morta, ad attirare un metronotte. Per lo scempio e il delitto atroce, Izzo e Ghira latitanti furono condannati all’ergastolo, Gianni Guido a 30 anni» (Massimo Dell’Omo). Il 25 agosto 2009, scontata la pena, è tornato in libertà: «L’ho pagata cara, ma è giusto. Gli errori si pagano. Questo il carcere mi ha insegnato. Così ho sciupato la mia giovinezza, gli anni migliori della mia vita».
• Pariolino, compagno di classe di Izzo al liceo classico romano San Leone Magno, «un demonio con la faccia da angioletto» (Marco Lodoli) [Rep 4/5/2005].
• Protagonista di tre evasioni (da Latina, da San Gimignano e infine da Buenos Aires), avrebbe dovuto scontare in tutto 46 anni di reclusione. Ma poi – grazie ai benefici della legge Gozzini, allo sconto di tre anni ottenuto con l’indulto e soprattutto per la buona condotta, il suo pentimento e l’“assenza di pericolosità sociale” riscontrata dagli operatori – nel 2007 ottenne la semilibertà (usciva la mattina dal carcere di Civitavecchia per andare a lavorare nella cooperativa “Fuori centro”), e dall’11 aprile 2008, quando fu affidato ai centri sociali, è tornato a vivere coi genitori, Raffaele e Maria, nella bella casa dai muri gialli del quartiere Trieste, circondata da un folta siepe di gelsomino. «Può andarsene in giro liberamente purché alle nove di sera faccia ritorno alla base. E se si sposta deve sempre sempre notificarlo alla Questura. Per esempio quest’estate, quando seguirà i suoi a Cortina...» (l’avvocato Giulio Gradilone a Fabrizio Caccia).
• Uomo schivo (non ha mai voluto incontrare i giornalisti) in cella si è laureato in Lingue e letterature straniere e ha preso un master in Economia.
• L’avvocato Giulio Gradilone dice «che Gianni è molto cambiato», è diventato sensibile, religiosissimo, generoso, «ancora oggi continua a spedire soldi ai bambini poveri di Panama», l’ultimo posto dove tentò di eclissarsi, nel 1991, prima di essere rintracciato dai poliziotti italiani tre anni più tardi.