30 maggio 2012
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Biografia di Mina Gregori
• Cremona 7 marzo 1924. Storico dell’arte. Direttrice della rivista Paragone. Presidente della Fondazione degli Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi di Firenze.
• «È per gli storici dell’arte la signora Caravaggio. Con il bell’“angelo” Merisi ha costituito una coppia di fatto sin da quando aveva una trentina d’anni, ed è rimasta fedele a lui e agli amici pittori dei Sei e Settecento per tutta la vita. Questo non vuol dire, però, che non abbia ricevuto altre proposte “matrimoniali”. Eh sì, la vestale di Roberto Longhi fu artisticamente “abbordata” niente di meno che da Federico Zeri. “‘Vuoi sposarmi?’, mi chiese Zeri alla fine degli anni Cinquanta. Era un’idea, racconta la stessa Mina Gregori, che, seppi da amici, lui coltivava da anni”. Si fidanzarono e quando lui andava a Firenze i due critici amavano cenare in un ristorante di campagna verso Bagno a Ripoli. Le incomprensioni che portarono alla rottura incominciarono con i primi viaggi di lui in America. Negli anni Ottanta la riconciliazione. Lei, del resto, coltivava altre idee che il matrimonio: rimanere signorina per diventare signora dell’attribuzionismo» (Pierluigi Panza).
• «Mio nonno si occupava del distacco degli affreschi. Era il ramo materno, le cui origini si perdono nel mondo fiammingo, che si stabilì a Cremona. Mia madre, una donna benestante, possedeva un palazzo e sposò mio padre che era un ingegnere. A lei devo la passione per l’antico. Da bambina mi piacevano le cose vecchie. Mi facevo regalare oggetti che altrimenti sarebbero stati buttati: vecchie serrature o cornici dismesse» (ad Antonio Gnoli).
• Studiò storia dell’arte a Firenze. Il padre, un ingegnere che aveva costruito la prima centrale del latte di Cremona, le aveva trasmesso la passione per il bello attraverso continui viaggi in Europa durante il fascismo. Così, dopo la laurea, prese a studiare Caravaggio sotto la guida di Roberto Longhi, «persona severa e non facile, con lui niente domeniche». La sua prima attribuzione fu il Ritratto di un cavaliere di Malta (ora a Palazzo Pitti) seguito dal Martirio di sant’Orsola. «Tra approvazioni (di Testori sul Corriere della Sera, ad esempio) e amicizie di influenti conoscitori, come il decano Denis Mahon, la Gregori proseguì da allora la sua straordinaria carriera di storica d’arte ottenendo una cattedra a Firenze, la direzione della rivista Paragone Arte e poi della Fondazione Longhi. Polemiche poche, una con i francesi. Nel ’95 il critico di Le Monde, Philippe Dagen, l’attaccò accusando il suo Preliminari a una nuova lettura di Caravaggio di essere “l’ennesima biografia che non aggiunge nulla di nuovo”. Risposta della Gregori: “I francesi dovrebbero guardare un po’ a casa loro”. La sua famiglia erano i suoi allievi, almeno sino al ’96, quando lasciò la cattedra per raggiunti limiti di età. Già allora era relatrice di tesi su Furini e sui minori come il Volterrano, il Cigoli, il Foggini... Qualcuno raccolse firme per non cancellare la sua cattedra. Non scese mai in polemiche politiche. Tuttavia, in occasione della mostra sui Campi, accusò il “moderno consumismo di far dimenticare il grande patrimonio culturale”. Divisa tra Cremona e Firenze, continua ad alternare nelle due città anche le mostre che cura» (Pierluigi Panza).
• «È una grande attribuzionista, nota all’estero, ma vive con semplicità con la nipote a Firenze, dividendosi tra casa sua, la Fondazione Longhi e la nativa Cremona. Ha una casa seria, borghese, da tè con i pasticcini. Niente di eversivo, parecchi quadri, ma non di artisti troppo famosi, semmai quelli di artisti che ama e sostiene» (Philippe Daverio). (a cura di Lauretta Colonnelli).
• Si autodefinisce molto religiosa. «È una delle consolazioni della mia vita. (…) L’Aldilà a volte lo immagino come contemplazione di Dio. Spero sempre di rincontrarvi le persone a me più care. Ogni tanto mi tornano alla mente i dipinti di Beato Angelico. Nessuno più di lui ha saputo dare forma e colore al paradiso» (ad Antonio Gnoli) [Rep 20/10/2013].
• «La sola cosa che rimpiango è che a causa dei tanti impegni universitari non ho scritto abbastanza. Quando si scrive è il momento in cui vengono le idee».