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 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Ugo Gregoretti

• Roma 28 settembre 1930. Regista. Autore. Attore. Scrittore ecc. «È una vita che sfotto il prossimo e nessuno se l’è presa. Ho un antidoto che mi impedisce di offendere: rispetto chi ho davanti. Sfottere è amare: anche se può sembrare strano, è un segno d’affetto».
• Studi classici a Napoli, in Rai dal 1953, si fece notare per grandi reportage di costume, per la trasmissione Semaforo, ebbe grande successo con La Sicilia dei Gattopardi (1960), con lo sceneggiato Il circolo Pickwick (1968) ecc.
• «Abitavo a casa di mio nonno a Roma, un vecchio signore colto che recitava l’Eneide in latino. Un bel giorno mio padre gli regalò il televisore a 24 pollici e lui fu spodestato da Mike Bongiorno. Le donne di casa non fingevano più di seguirlo, guardavano la tv, a cui il nonno dava le spalle. La sera in cui Nicoletta Orsomando annunciò il mio programma: “Ora va in onda Semaforo di Ugo Gregoretti”, lui, che si chiamava come me, si girò di scatto verso mia nonna: “Maria, qualcuno non crederà per caso che sia io l’autore?”».
• ««Ero stravagante, anche nel modo di vestire. Sandali capresi, sembravo pronto per la Canzone del mare, non per una redazione. “Ah Gregoré, ma ’ndo vai?”, mi diceva il capo degli uscieri. Fui assunto a 23 anni, alla fine del 1953, per raccomandazione. Mio padre aveva amicizie influenti, tra cui il direttore generale dell’Iri. “Non farmi fare una brutta figura”, mi disse l’ingegner Ferrari. Sette anni dopo vinsi il Prix Italia con il documentario La Sicilia del Gattopardo. “Come vede, non le ho fatto fare una brutta figura”» (a Simonetta Fiori).
• «Il mio primo maestro è stato Vittorio Veltroni, uomo di grande simpatia. Ho contribuito alla prima cacciata di Enzo Biagi dalla Rai, era direttore del Telegiornale e mi affidò un pezzo sulle raccomandazioni. Una bomba».
• «La televisione è stata per me quel che è la membrana di un tamburo per una palla: dalla tv sono saltato al cinema, alla prosa, all’opera, sempre ricordandomi da dove ero partito. Com’è capitato a tanti, la tv mi ha espulso. Senza rumore, però, perché i cacciati dalla tv sono di due categorie: i clamorosi e i silenti. Io faccio parte del secondo gruppo. Un critico cinematografico ha scritto di me: “Disperse il suo talento in mille rivoli” come se avessi voluto solo far cinema. Falso. La mia fortuna è che mi piace saltabeccare qua e là pur di lavorare sempre» (a Simonetta Robiony).
• Attivissimo all’epoca di Carosello (storica rubrica pubblicitaria della Rai): «Le immagini non si possono paragonare: gli spot che vanno in onda oggi sono molto più raffinati. I nostri, però, erano raccontini, dei film in miniatura. Insomma, il contenuto non era astratto. Era una storiella. E infatti qualsiasi accenno pubblicitario era vietato e riservato agli ultimi secondi, quando finalmente si citava il prodotto. Si chiamava, credo, “codino”».
• «È il signor perbene. Lo ascolti parlare e hai l’impressione di un uomo accarezzato da una strana compattezza. Da una solidità che non confisca, non penalizza, non incute paura né provoca ansia. Qualcosa, per intenderci, che sfugge alle regole della pesantezza» (Antonio Gnoli).
• Nel 2006 il libro Finale aperto. Vita scritta da me stesso (Aliberti), nel 2013 Scritti scostumati (Guida editore).
• Nel 2008 fu pubblicata in dvd su iniziativa del Sindacato lavoratori comunicazione Cgil e di Edit Coop la sua docufiction sull’occupazione della tipografia Apòllon, tra il 1968 e il 1969 alle porte di Roma.
• Nel 2011 ha diretto insieme a Carlo Lizzani, Citto Maselli e Nino Russo Scossa, film-documentario a episodi sul terremoto di Messina del 1908, presentato fuori concorso al Festival di Venezia.
• «Continua a litigare con sua moglie per i funerali? “Sì, ogni tanto vi si accenna. Fausta è fissata con Sant’Agostino, mentre i funerali dei registi a Roma si fanno nella Chiesa degli artisti in Piazza del Popolo. Figurati se Scola o Benigni sanno dov’è Sant’Agostino, e poi ci vuole il permesso per accedervi in auto. Lei obietta che possono venire in taxi. Mah, temo che sarà un flop”» (a Simonetta Fiori).