30 maggio 2012
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Biografia di Francesco Greco
• Napoli 1951. Magistrato. Procuratore capo di Milano dal 30 maggio 2016. Già procuratore aggiunto, è stato il coordinatore del pool sui reati finanziari, titolare tra l’altro delle inchieste sul crac Parmalat e sulle scalate bancarie. Faceva parte del pool di Mani pulite.
• Figlio di un ammiraglio, entrò in magistratura nel 1977, arrivò a Milano dopo aver fatto l’uditore a Roma, «il suo nome acquista una piccola notorietà all’inizio degli anni Ottanta, quando fa incarcerare Pietro Longo, segretario del Psdi, responsabile di aver intascato una bustarella» (Il Foglio).
• «Il destino, ai suoi esordi, l’aveva chiamato a seguire la più grave strage di malavita che l’Italia abbia mai avuto: otto morti ammazzati nella periferia di via Moncucco. Lontano 1979, Ponte dei Santi. Credeva che la telefonata del 113 fosse lo scherzo pesante di un collega. Non amando la nera, ha capito che indagare sui bilanci farlocchi fosse il pane giusto per i suoi denti. Prima di Antonio Di Pietro, aveva scoperchiato il sistema delle tangenti alla metropolitana milanese. Vale la pena ricordare che c’era un’azienda, la Icomec, fallita in piena “Milano da bere” (anni ‘80) per aver pagato troppe mazzette. Parte dei soldi sporchi erano confluiti sul socialdemocratico Pietro Longo, rinviato e condannato, e su Antonio Natali, il padrino politico di Bettino Craxi, e Natali venne salvato dalle elezioni.Con quel viatico, su indicazione di Borrelli, Greco era entrato – dopo Piercamillo Davigo e Gherardo Colombo – nel pool Mani Pulite. Di Pietro un po’ ne pativa le conoscenze e le battute taglienti, lui tentava di andarci d’accordo» (Piero Colaprico).
• «“Iniziamo a portare a casa il bottino, poi si vede…”. Meno manette e più efficacia. Ovvero: meno carcere e più entrate per l’erario, meno burocrazia e più leggi moderne. Per un amante della vela e soprattutto dello sci, due sport di grande libertà, arrivare in fondo alla pista senza danni e con grandi vantaggi per la salute e l’umore, non è un obiettivo da poco. Così, se c’è una cosa che Francesco Greco ha capito molto in fretta nella lotta alla criminalità finanziaria, di cui è considerato il massimo esperto in Italia, è che per fare veramente male a certi colletti bianchi bisogna colpirli più nel portafoglio che nella libertà personale. In questo – e non soltanto – distinguendosi molto dal suo amico ed ex collega Antonio Di Pietro con cui, insieme a Piercamillo Davigo e Gherardo Colombo, condivise oneri e onori di quella che rimarrà per sempre l’inchiesta che ha cambiato la storia del Paese: Mani Pulite. Non è un caso perciò se solo negli ultimi 5 anni il dipartimento da lui guidato ha trattato 14mila fascicoli, portando nelle casse dello Stato oltre 3,6 miliardi di euro e praticamente senza quasi mai mandare in carcere qualcuno» (Paolo Colonnello) [Sta 31/5/2016].
• Si deve a Greco, ad esempio, la scoperta della famosa galassia off-shore di Berlusconi, quell’All Iberian che fu all’origine di tutti i successivi guai giudiziari di Silvio Berlusconi.
• «La storia di Francesco Greco è nota: la vastissima competenza sui reati dell’economia, la capacità di “fare squadra”, l’impegno per affermare le regole del mercato, i 3 miliardi e 600milioni recuperati all’Erario tra il 2010 e il 2014 nel contrasto alla criminalità economica, l’attenzione a evitare danni inutili al tessuto economico e produttivo del Paese e a salvaguardare il capitale umano e il valore sociale dell’impresa. Ma nei pareri espressi durante la sua carriera c’è un’espressione ricorrente, particolarmente significativa del suo lavoro di Pm, là dove si parla di “giusto distacco”. “Giusto distacco” nel valutare i fatti di indagine, “senza nessun accanimento accusatorio, ma con rigore e senso critico non comune” – si dice – sapendo costruire, sui fatti, “un quadro giuridico solido e difficilmente attaccabile”. È questa, forse, una delle qualità più importanti di Greco, che gli ha consentito di attraversare gli ultimi trent’anni della difficile vita economica italiana come un “mastino” dotato di equilibrio, del rispetto delle garanzie e della capacità di cogliere i nessi delle vicende affrontate. Il che ne ha fatto un vero protagonista della contemporaneità» (Donatella Stasio) [S24 31/5/2016].
• «Da un punto di vista politico, Greco può essere definito così: un cane sciolto molto di sinistra. Che soprattutto aborre schieramenti e scuderie. Forse è anche per questo che in 15 anni ha ottenuto tanti successi professionali ma ha fatto poca (anzi nessuna) carriera. Raccogliendo molto rispetto (non c’è grande avvocato milanese che non ne parli, anche in privato, più che bene), ma stringendo poche amicizie» (Angelo Pergolini).
• «Dire Francesco Greco significa un po’ dire, fatte le debite differenze d’età e di stagioni, Francesco Saverio Borrelli. Era stato proprio il suo famoso predecessore, l’allora capo della procura ai tempi di Tangentopoli, a raccontare che “come mentalità e come tratto umano, il sostituto Greco è quello che sento più affine”. Non c’entravano solo la «“napoletanità” o la scarsa propensione ad alzare la voce. Ad accomunarli è anche l’aria apparentemente svagata di chi, fingendo di non sapere niente, sa (quasi) sempre tutto. Così come la capacità di entrambi di essere professionisti della giustizia, ma mai missionari. Di saper creare staff affidabili e allacciare rapporti trasversali e, allo stesso tempo, trasparenti» (Piero Colaprico) [Rep 31/5/2016].
• «Mentre i magistrati si azzuffano sull’attribuzione delle grandi inchieste, litigano davanti al Csm e si dividono in fazioni, lui svetta su tutti per metafisico potere e per superiorità professionale: è quasi un’algida statua di Fidia piazzata lassù, in alto, sulle rovine del Partenone. (…) Una gioventù da extraparlamentare di sinistra, una maturità spesa dietro a tutte le più importanti inchieste finanziarie d’Italia, oggi Greco potrebbe essere davvero effigiato come copia moderna e solo lievemente appesantita di Ermes, l’alato e astuto dio degli scambi: perché anche lui nella corsa e nel dialogo si è rivelato un dio. Malgrado il fiato corto per le troppe sigarette, Greco è sempre in corsa per qualche nomina e pronto a dialogare con la politica. (…) Greco da febbraio (2014 – ndr) è il primo consulente fiscale del governo di Matteo Renzi sul “dossier Svizzera” per il rimpatrio dei capitali. Ma è dal lontano 1998 che la politica lo insegue, lo corteggia, lo considera il terminale più adatto per interloquire con la Procura di Milano. All’inizio di quell’anno, mentre in Parlamento la commissione bicamerale pareva in dirittura d’arrivo sulla riforma della giustizia, il suo presidente Massimo D’Alema spedì Giuliano Amato, ministro delle Riforme, da Greco: voleva capire proprio da lui se i pm milanesi potessero condividere una “soluzione politica” alla stagione di Mani pulite. Si incontrarono più volte. Alla fine Greco, astutamente, disse che quella decisione “spettava al Parlamento”. E cinque mesi dopo, in giugno, la bicamerale fallì. Poi il magistrato si ributtò nei fascicoli giudiziari. In primo grado ottenne la prima seria condanna a 4 anni per Silvio Berlusconi nel processo sulla frode fiscale Mediaset, che il 1° agosto 2013 si è concluso con la sentenza definitiva che ha affossato giudiziariamente il Cavaliere. Intanto di Greco e con Greco la politica si era rimessa a parlare, e molto, già nel 2005: in estate per le sue inchieste sulle parallele scalate all’Antonveneta e alla Bnl, e per quella dell’immobiliarista Stefano Ricucci alla Rcs; in dicembre per la voce che lo voleva successore di Antonio Fazio al vertice della Banca d’Italia. In quel periodo il pm si occupava del processo per il crac Parmalat, scriveva per il Sole 24 Ore e sosteneva che “il mercato finanziario italiano è il Far West dell’Occidente”. Da allora Greco è stato candidato ai più prestigiosi incarichi istituzionali in campo finanziario e tutti gli ultimi 5 governi, di destra come di sinistra, gli hanno affidato l’incarico di sovrintendere a qualche fondamentale riforma. (…) Perché Greco piace a sinistra? Perché di quella parte è sempre stato. Trascorsi giovanili nell’estrema più dura & arrabbiata (ai tempi di Tangentopoli esponeva sulla scrivania un ritratto di sé molto barbuto, molto capelluto, infagottato in un eskimo da battaglia), Greco è stato redattore di Mob, una rivista che alla fine degli anni Settanta era in prima linea nel contestare la legislazione antiterrorismo. Dal suo primo ingresso in tribunale, nel 1977, è stato vicino a Magistratura democratica, corrente di cui certo sottoscriveva “il rifiuto di un percorso gradualista che abbia come obiettivo la riforma del sistema capitalista”. Poi, con la vita e i processi, l’uomo si è moderato. Signorile nei modi come può esserlo il figlio di un ammiraglio napoletano, appassionato di vela e sci, Greco è stato un grande amico di Guido Rossi, il re degli avvocati d’affari con il quale per anni ha condiviso le vacanze alla Maddalena. In quell’isola, nell’estate 2008, Greco è stato fotografato seduto al bar in amichevole colloquio con Beppe Grillo. Nessuno ha mai svelato il mistero di quell’incontro, che però resta negli archivi come segno di un dialogo aperto anche con i 5 stelle. Meno facile è capire perché Greco piaccia anche a destra. Da quelle parti, è evidente, lo si teme ma lo si stima. Forse per l’equilibrio da sempre esibito nel ricorso alla custodia cautelare: dicono che il 23 luglio 1993, alla notizia che Raul Gardini si era sparato in vista dell’arresto chiesto da Antonio Di Pietro, Greco abbia pianto. “Non sono mai stato un appassionato di galere e manette” avverte. Tremonti l’ha introdotto nell’Aspen institute, l’esclusivo circolo bipartisan nel cui esecutivo siedono Prodi e Gianni Letta, Fedele Confalonieri e Francesco Micheli» (Maurizio Tortorella) [Pan 29/5/2014].
• Così lo descrive Luigi Bisignani ne L’uomo che sussurra ai potenti (Chiarelettere, 2013): «Greco non è solo uno preparato, è anche corretto, garbato e con una caratteristica precisa. Quando ti fa una domanda sa già qual è la risposta, perché è uno dei pochi che studia davvero carte e bilanci».
• Nel maggio 2014 fu fatto il suo nome come presidente di Equitalia al posto di Attilio Befera, candidatura poi sfumata.
• Nominato Capo procuratore di Milano dal Csm il 30 maggio 2016 con 17 Sì. Per Greco hanno votato tutti i togati di Area e di Unicost, i laici di centrosinistra e di Forza Italia. I togati di Magistratura Indipendente si sono invece espressi per Nobili, con Aldo Morgigni di Autonomia e Indipendenza, mentre si sono astenuti i vertici della Cassazione e il laico del Nuovo Centrodestra, Antonio Leone , che avrebbero preferito la nomina di Melillo.
• «Sbagliano, ma per tutt’altro verso hanno ragione, coloro che nella nomina di Greco salutano chissà quale “Procura della Nazione”. Sbagliano, perché quasi 40 anni di carriera – l’inchiesta sulle tangenti Icomec nell’era geologica pre-Mani pulite di cui poi Greco nel 1992-1994 sarà nucleo storico con Di Pietro-Colombo-Davigo, la tangente Enimont, le indagini All Iberian su Berlusconi, il crac Parmalat, le scalate bancarie Antonveneta-Bnl sino alla condanna sul primo capitolo del governatore di Banca d’Italia Fazio – testimoniano che solo una grottesca caricatura potrebbe schiacciare il suo profilo di pm sulle sue multiformi relazioni. Ma hanno anche ragione. Perché Greco, per mentalità personale e approccio sostanzialista al lavoro, paradossalmente può essere assimilato da sempre a una sorta di “renziano” prima ancora di Renzi: cioè un cultore ante litteram di “disintermediazione” e trasversalità all’insegna del risultato concreto da incassare. Fosse per lui – “io sono molto laico e anche contrattualista pure nel penale” –, all’americana neppure processerebbe più chi sceglie di pagare e si mette in regola aderendo a un accertamento fiscale dell’Agenzia delle Entrate, “e invece noi dobbiamo comunque continuare a fare un processo che a nessuno più interessa”» (Luigi Ferrarella) [Cds 31/5/2016].
• Un primo matrimonio con un medico, secondo nozze con Laura Laera, presidente del Tribunale per i Minori di Firenze. Due figlie.
• «Chissà se nel nuovo ufficio porterà anche il gagliardetto della Roma, di cui è tifosissimo, che da sempre campeggia nei suoi uffici» (Il Dubbio).